Resta con me

Serie: la promessa


Il sole si attardava più del dovuto, forse, anche lui, rapito nello splendore di quel gioco, antico e sempre nuovo, che ogni bambino crede sia suo soltanto; ma che invece, da sempre, si chiama caccia al tesoro.

Scivolarono più volte dentro e fuori dalla piccola cavità sotto il pontile. Dopo che il sole li aveva asciugati, tornavano a bagnarsi nuovamente, ripetendo quasi alla lettera lo stesso copione delle ore precedenti. Trovavano il tesoro degli isolani; venivano imprigionati, ma si liberavano e riuscivano a fuggire; quindi, gli dei punivano quella gente con una spaventosa tempesta – dalla quale loro, ovviamente, si salvavano.

Era molto fiero di quella parte, che aveva inserito di persona, solo per avere il diritto di stringerla tra le braccia, sottraendola alle onde violente e portandola a riva. Gli piaceva tantissimo come gli si abbandonava nelle braccia, fidando nel suo coraggio e nella sua forza.

Non si era mai divertito tanto. Ogni cosa che lei diceva diventava di colpo vera, agli occhi e (quel che è più strano) al naso, e alla pelle.

“Com’è, che fai?” le chiese, più volte. Nella sua voce si combattevano la sorpresa e l’invidia. L’avesse avuto lui, un simile talento! Certo non si sarebbe annoiato mai più, poco ma sicuro.

Ma lei si limitava a scrollare i lunghi capelli fradici.

“Non so di cosa parli.”

Quando le ombre cominciarono ad allungarsi, ricordò che qualcuno lo aspettava. Un senso di allarme lo rese di colpo guardingo, come un piccolo animale.

“Devo rientrare” disse, in tono di scusa. “Si sta facendo tardi…”

La bambina lo osservò con improvvisa diffidenza. Pareva non si fosse aspettata nulla del genere.

“No, che non devi” rispose.

Forse, se stava scrivendo, non si era resa conto di quanto fosse tardi, né del fatto che lui non era rientrato… Scosse la testa bagnata, con improvvisa decisione.

“Devo andare.”

Lei gli sfiorò il braccio. La sensazione di estraneità si fece di colpo fortissima. Di lei non sapeva nulla, neppure il nome. Di certo ne avrebbe avuto paura, se non fosse stata così piccola.

“Resta con me” disse. “Non mi piace giocare da sola.”

Il suo sorriso, così luminoso, lo stordì per qualche secondo, impedendogli di pensare. Si sforzò di ridere, allontanandosi leggermente da lei.

“Guarda che staranno aspettando anche te. È quasi ora di cena!”

Lei riportò lo sguardo sulle acque calme, che ora frusciavano quiete contro la riva, come se si fossero anch’esse svegliate da un incantesimo recente.

“No” disse. Pareva assente, lontana, irraggiungibile. “Me, non mi aspetta mai nessuno.”

Lo vide arrivare saltellando lungo la strada, i capelli biondi fradici e il viso arrossato dall’esposizione al sole.

Il sollievo immediato le impedì di soffermarsi sul fatto che di sicuro aveva dimenticato di mettere la crema solare.

Assunse involontariamente un’andatura leggermente frettolosa. Perse il passo un paio di volte, trasformando il tutto in una serie di buffi saltelli, come quelli che fanno i bambini. Lui si era fermato, fissandola a bocca aperta.

“Dov’eri finito?” chiese, sforzandosi di non farla sembrare un’accusa.

Non avrebbe saputo spiegare per quale motivo si fosse così preoccupata. Non era tardi, non ancora.

Il sole cominciava giusto a scivolare verso il basso. Non avrebbe impiegato molto a rompersi sul bordo del cielo, come un uovo gigantesco che colasse tuorlo nella scodella blu cupo del mare.

Lui alzò appena le spalle. “Non è mica tardi” rispose.

“Stavo venendo a vedere se mi avevi abbandonata.”

Per distoglierlo dalla tensione che montava inequivocabile tra loro, indicò un gabbiano che volava basso.

“Visto? È ora di cena anche per lui.”

La guardò, improvvisamente scettico. Sapeva che aveva dimenticato di cucinare? Oppure non credeva alla sua mancanza di preoccupazione per il suo ritardo?

Più facile la prima.

Succede di continuo.

Grazie a Dio, c’era rimedio. Gli strizzò l’occhio.

“Ci ordiniamo la pizza?”

S’incamminarono fianco a fianco, preceduti dalle loro lunghissime ombre.

La cena era stata un trionfo. I bambini trovano la pizza un evento festoso, assai più dei pranzi elaborati che costano tanta fatica alle buone madri. Genitori assolutamente inadempienti si sono salvati la reputazione garantendo ai loro figli scorte illimitate di junk-food.

Persino lui, che non mangiava praticamente altro, manteneva inalterata la sua venerazione per il cibo spazzatura. C’era da pensare che avesse davvero a che fare con un tratto inerente alla giovinezza estrema.

Dopo, si erano accomodati nella veranda, lei con una lattina di birra messa in fresco ancora nel pomeriggio, lui con un ghiacciolo, che aveva scelto fra quelli rossi.

Di norma, divorava per primi i verdi. Le era parso un po’ strano. Non parlavano, succhiando le rispettive droghe con caparbia devozione.

Poi, lui disse che aveva conosciuto una bambina.

“Dove?”

“Sulla spiaggia.”

Esitò un istante, prima di aggiungere:

“È per lei, che ho fatto tardi.”

“Oh.”

Non avrebbe voluto avere quell’espressione sorpresa. Di certo dovette considerarla poco lusinghiera, perché tornò a succhiare con violenza il suo ghiacciolo.

“Che tipo è?”

La scrutò per un momento, come se valutasse l’ipotesi di mentire. Non era mai successo prima. Lei si sentì gelare.

Che avrebbe fatto, se fosse diventato un bugiardo? Non avrebbe mai più potuto essere sicura che le stesse dicendo la verità… e avrebbe potuto ficcarsi in guai davvero giganteschi, prima che lei si accorgesse…

“Una tipa speciale. Sa fare delle cose…”

Per un momento respirò di sollievo, rendendosi conto che non sarebbe accaduto nulla. Solo dopo capì cosa avesse detto.

“Quali cose?”

Era tutta un allarme insensato, ora: un vibrare di antenne, e baffi, e lunghi tentacoli che non aveva.

Maledizione!

Lui s’imbronciò leggermente, come se fosse pentito di averne parlato.

Non c’era che una maniera per uscirne a testa alta. Imboccò il percorso in discesa senza curarsi di dove l’avrebbe trascinata; tanto, non ce n’era un altro possibile.

“Perché non la inviti qui a fare merenda, uno di questi giorni?”

Per poco il ghiacciolo non si frantumò sulla veranda. La sua bocca era così spalancata che avrebbe potuto parcheggiarci dentro.

Si sentì mortificata. Pensava forse che non fosse in grado di preparare una merenda per bambini? O che non le importasse nulla dei suoi amici? Non capitava spesso che ne avesse, ma questo non voleva dire…

Si rese conto, forse per la prima volta, di quanto fosse solitaria la piccola creatura che aveva accanto. Solitaria come era stata lei, durante l’infanzia. Anche se non ricordava di averne sofferto, poteva darsi che per lui le cose stessero diversamente.

Cos’è più grave? si chiese per un momento. Non essere in grado di preparargli un pasto decente? Oppure questo?

Le parve di risentire la voce di sua nonna. Siamo due persone deboli, senza nessuno che ci protegga…

Almeno, ora le cose erano cambiate. Oggi, una donna sola che avesse a che fare con un bambino era considerata a priori l’eroina del villaggio.

Naturalmente, non significava nulla oggi, esattamente come non aveva significato nulla trent’anni prima.

“Domani?”

Lo sguardo speranzoso che le rivolse per poco non le spezzò il cuore.

“Ma certo, anche domani, se vuoi” rispose.

Le dedicò un sorriso splendente, prima di ricominciare a succhiare il rosso del ghiacciolo, con rinnovato ardore.

Serie: la promessa


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