
Rigatoni allo scoglio
E’ una sera d’autunno come tante e la super strada bagnata e coperta di foglie marce e marroni è una lingua d’asfalto lambita dalle fronde degli alberi. René e Sophie sfrecciano in macchina sotto la pioggia verso il loro ristorante preferito; lui guida e sa che per migliorare la brutta giornata alla sua compagna quello che ci vuole è la sublime cucina di Gino.
Lei adorava quel piccolo Bistrot fuori mano, affacciava sulla scogliera e d’estate chiedevano di aprire le finestre accanto al loro tavolo per sentire il suono profondo della risacca e le onde che si frangevano contro le rocce.
Il cuoco, un italiano piccolo e tarchiato dai baffi sottili e riccioluti, gestiva il locale con moglie e figli. Era un uomo simpatico e gioviale Gino; da quando erano diventati clienti fissi aveva preso a chiamarli scherzosamente “rigatoni allo scoglio”. Diceva che era per via dei lavori che facevamo, Sophie una preside ed io un fotografo.
-Gino io proprio non capisco che male ci sia nei rigatoni allo scoglio.-
-Monsieur lei e la sua signora siete francesi- parlava con un francese pessimo ma a noi non interessava -in Italia noi mangiamo spaghetti o tagliolini con quel sugo- a gesti mimava la pasta lunga e fingeva di arrotolarla sulle sue dita a mo’ di forchetta. Sophie rideva, il suo caschetto corvino si scuoteva. Io la guardavo e sorridevo e Gino rabboccava i nostri bicchieri di Bordeaux e poi ridevamo tutti. Erano delle belle giornate.
La pioggia ora cade più fitta.
-Pare proprio non voglia smettere- aumenta la velocità dei tergicristalli e lampeggia nervosamente contro il tir che li ha appena superati.
-René caro siamo quasi arrivati- allunga il collo sottile per dargli un bacio tranquillizzandolo.
-Su tesoro sto guidando- dice ridendo, l’arrabbiatura già lontana.
Improvvisamente il camion davanti a loro sterza e il rimorchio si ribalta. Sophie urla terrorizzata, lui inchioda ma evitare lo schianto è impossibile. Una luce accecante.
Il suono gracchiante e ripetitivo della sveglia. Allungo la mano e la spengo, scivolo dal letto alla sedia a rotelle. Scaldo il caffè e faccio colazione, era un po’ che non sognavo quella sera. I nostri sogni soffocati dalle lamiere contorte. Accendo una sigaretta e sbuffo via quelle terribili immagini, erano passati anni prima che mi potessi riprendere da quel trauma. Certo Sophie mi mancava, era stata l’amore della mia vita e non avrei mai potuto sostituirla. Era stato un percorso arduo, perdere lei, abituarsi alla costrizione di quella sedia. Questa condizione però non mi aveva bloccato anzi, mi ha permesso di ottenere una nuova spinta, ad impegnarmi socialmente; grazie al mio talento sono riuscito a far vivere la disabilità agli altri, esponendo i miei scatti in mostre e gallerie d’arte, riuscendo a richiamare l’attenzione e a ridare dignità questo mondo, il mio mondo, troppo spesso confinato ai margini.
Dopotutto poche cose erano cambiate escludendo il non poter camminare e l’essere vedovo. Il pensiero i balenò nella mente mentre uscivo di casa e richiamavo con un gesto l’attenzione di un tassista. Forse avevo solo iniziato a fumare da quando Sophie non c’era più. Dopotutto anche perché il ristorante che frequentavo era rimasto lo stesso. Salì in macchina e diedi le indicazioni all’autista.
Quando arrivammo Gino mi aspettava fuori del locale. Gioviale come sempre. Mi aprì la porta e mi accompagnò al mio tavolo già apparecchiato.
-Cosa le porto oggi Monsieur?-
-Un piatto di rigatoni allo scoglio amico mio.-
Avete messo Mi Piace1 apprezzamentoPubblicato in Amore
a volte il cibo funge da metafora per un’emozione, evento raro, ci sei riuscito
Come un momento di bellezza si trasformi in un inferno è una delle vigliaccherie del destino, l’imponderabile nella sua potenza anche distruttrice. Risalire la china da fatti simili è una impresa, ma non impossibile. Apprezzato molto soprattutto nel suo finale consegnato alle cose semplici con profondo significato affettivo che arricchiscono la vita.