
Riuscii ad essere indifferente
Serie: La coltre densa dell'indifferenza
- Episodio 1: Trottole invisibili
- Episodio 2: Riuscii ad essere indifferente
STAGIONE 1
Avevo solo dodici anni e mi sembrava giĆ di intuire come lāindifferenza affondasse le sue radici maligne nella vicinanza e nella diversitĆ , che bisogno cāera di ignorare qualcosa lontano da noi? Era il vicino, quello che può toccare le nostre vite e macchiarle, quello che può corroderci di impotenza o farci perdere ogni certezza e ogni ricchezza a farci diventare indifferenti, lo scudo umano come unāarma affinata contro chi prova a invadere il nostro cerchio ristretto, il diverso che vuole darci la sua versione, porgere la sua mano o chiedere per fame un pezzo di pane, questo ipotetico sconosciuto non può arrivare a toccare la nostra pelle liscia o le nostre tende bianche, non può mangiare il nostro pane, il diverso quindi non possiamo essere noi.
Ad un certo punto della nostra storia diventiamo tutti gli ebrei di qualcuno, condannati a stare dentro il lager di indifferenza di chi, credendosi meglio di noi, deve isolarci per poterci annullare, il peso insostenibile del confronto in cui non ĆØ possibile decretare chi ne esce migliore dellāaltro, una selezione di razza che parte dai pensieri, quando nel cuore ci si sente tutti stranieri, incerti nella propria vita traballante.
Io dai miei zii mi sentivo cosƬ, esclusa per non essere come loro e invidiata allo stesso tempo proprio per non esserlo, non cāera speranza dunque, che una volta persa la nostra ricchezza, loro potessero davvero comprenderci e aiutarci.
Quei 40 euro erano come il cesto di Natale, il bambino dellāAfrica, la caritĆ facile, uno sguardo indifferente che permetteva di tenerci in vita ed evitare un senso di colpa troppo ampio da sopportare, eppure che non ci permetteva mai di tonare a vivere a pieno.
Seppi solo più tardi che quei soldi erano in realtà di mio nonno, e di quegli anni, di quei momenti con mia madre così intensi, che avrei ricordato sempre anche con una tenerezza infinita, a nessuno dissi mai nulla e con loro, i miei zii, mio nonno che morì troppo presto, i miei cugini che sarebbero cresciuti quanto me, con nessuna di queste persone mai una parola volò sul ciglio di quegli anni, bisognava dimenticare, arginare, tornare ad essere quel tipo di persone e di famiglie sulle quali nulla si può dire, se non parole ampiamente belle.
Perfino quando mi innamorai, da grande, non ebbi mai lāardito coraggio di dire al mio compagno che cosa volesse dire avere fame, fame davvero, quando spesso si divorava tre piatti di pasta e non ne aveva basta, allora lui mi guardava e non capiva, non capiva il mio disagio, quel disagio di quando il cibo ti ĆØ mancato e diventa un elemento cosƬ importante da non darlo mai per scontato.
Anche con lui allora spesso sentivo il peso dellāindifferenza, la consapevolezza di chi non voleva indagare perchĆ© ero in quel modo ed era più facile litigare che parlare.
Le indifferenze te le porti addosso sempre, un macigno di assenze che impongono ancora più distanza nei rapporti, lāirraggiungibile comunicazione fra due persone.
Poi mio padre tornò, me lo disse mamma dopo giorni di telefonate lunghe, e sguardi prolungati e muti da non sapere più cosa fare.
Stava posando la cassetta della verdura sul tavolo, foglie di insalata che cadevano sulle assi di legno come il presagio che tutto sarebbe cambiato e non era ancora specificato come sarebbe stato.
āTuo padre vuole tornare.ā
āLo avevo capito.ā
āPenso sia la cosa migliore.ā
āNe sei sicura?ā
Mi annuƬ passandomi una pesca tra le mani, era come la guancia succosa di un vecchio ubriacone, chiazzata di un porpora scuro e intenso, quasi ipnotico.
Sapevo benissimo che lo stava facendo per me ma era più facile convincermi che lo stesso facendo per se stessa.
āE Giancarlo?ā
Il succo della pesca mi colò lungo le mani, ero appiccicata e imbarazzata, la sensazione che stava per finire qualcosa che solo allora pareva svoltare verso il positivo.
āCapirĆ .ā
Guardai la cassetta ancora piena sul tavolo, mia madre stava perdendo lāamore mentre io con la pesca appena finita mi chiesi se un giorno la frutta avrebbe ancora avuto quel sapore cosƬ buono.
Non fu facile tonare a vivere, soprattutto non fu facile tornare a farlo insieme.
Di dove fosse stato mio padre sapevo ogni cosa, e per una volta avrei voluto essere anche io indifferente e avrei voluto farlo riguardo al suo passato, ma un padre che ti trasmette quasi ogni parte del suo corpo, come fa ad esserti assente nella mente?
Io per un pezzo di vita gli fui indifferente, fu un pezzo breve, ma abbastanza ampio da unire al senso di fame anche quello dellāabbandono.
Da figlia vorresti sempre essere abbastanza per poter far restare tuo padre accanto a te.
Ci furono in mezzo anni difficili, storie da dimenticare, lutti che mia madre dovette sopportare di colpo e tutti insieme, le ultime persone che ci avevano aiutato quando eravamo solo io e lei, se ne erano andate lasciandoci in eredità soldi che per quanto servissero, stabilirono per sempre la nostra solitudine, soprattutto quella di mia madre, in quel momento le rimanevo solo io, ma alla soglia della mia adolescenza ero ancora troppo immatura per poter sostenere tutto ciò che stava facendo per ricostruire la nostra famiglia, la nostra casa e il nostro lavoro.
Riuscii ad essere indifferente solo verso lāamore dei miei genitori, ad un certo punto non importava più se si amassero davvero o no, eravamo di nuovo in tre e volevo solo che andasse tutto bene, di Giancarlo non parlammo mai più, fu un segreto solo mio e di mia madre, e ogni tanto lo ricordavamo insieme, sentendone la mancanza.
Tornò il frigorifero pieno, e le croste di parmigiano che ancora non riuscivo a mangiare, le docce calde e luci accese giorno e notte, le cene al ristorante, i vestiti nuovi, il serbatoio della macchina pieno, le mani senza tagli, la tavola apparecchiata per tre.
Prima di tutto questo, di questa nuova normalitĆ , nessuno della famiglia allargata che mi era rimasta ci volle vedere e quando, pianissimo, i rapporti ripresero un poco di frequentazione, per me non fu facile rimanere indifferente al fatto che quella era comunque la mia famiglia.
Nel rivederci pagai le cene per tutti, con i soldi miei, del mio lavoro, con la soddisfazione che a dispetto di loro potevo anche non aver chiuso con il passato ma questo non mi avrebbe cambiato, ero la stessa persona da sempre, con o senza soldi, con o senza loro, oltre la coltre densa dellāindifferenza.
Il gusto dellāinsalata di Giancarlo non lāho mai ritrovato, quel balcone, un poā ammuffito ancora esiste anche se nĆ© io nĆ© mia madre ci siamo mai più tornate, papĆ non se ne ĆØ mai più andato ma ancora oggi, spesso, lo sento indifferente verso la scelta di tornare a vivere con noi, i soldi sono di nuovo mancati e poi ritornarti, i balconi sono diventati terrazzi o pavimenti o tappetti e spesso le docce fredde sono arrivate per caldaie rotte o case troppo vecchie in cui abbiamo abitato, e ogni volta essere indifferente al proprio dolore ĆØ stato difficile.
Diventiamo indifferenti per non soffrire e una volta che abbiamo sofferto, comunque, nonostante le dovute precauzione, ci sono alcune indifferenze che non possiamo più mascherare.
Penso a Giancarlo, ai quattro libri della casa in montagna, alla ciotola bianca dove si faceva lāinsalata, allo sguardo che aveva mio padre prima di andarsene, al gusto di quella pesca, ai lampioni vicini che diventarono lucciole giganti della nostre notti, alle parole che non ho saputo dire a mio nonno, allāuomo che ho amato e al quale non ho concesso di conoscere la mia parte più autentica, e se guardassi tutto questo con indifferenza, ad oggi non potrei più dire di essere me stessa.
Serie: La coltre densa dell'indifferenza
- Episodio 1: Trottole invisibili
- Episodio 2: Riuscii ad essere indifferente
E niente non ti sei smentita, un crescendo! Bello, con descrizioni quasi deleddiane (la Deledda oltre che essere un premio Nobel era bravissima a descrivere ogni monimo particolare). Mi sono nuovamente emozionata, sono vicende che ho provato sulla mia pelle e che ho riletto nelle tue parole, grazie!
@marthacanu mi fai veramente emozionare, ed ĆØ un vero onore essere paragonata ad un’artista come Deledda, ti ringrazio con tutta me stessa, con la soddisfazione più alta di averti fatto emozionare e di essere arrivata in te!