Rosa dei Venti

Serie: Isole


Le isole, queste prigioni, dorate. Piccole o talmente grandi da essere considerate continenti, con la loro cultura ben leggibile, la loro storia. Imperscrutabili le piccole. 

Si possono descrivere dettagliatamente nella loro formazione geologica, spesso di origine vulcanica, frammenti di continenti; perdute come le briciole di pane lasciate “per mare” da “Pollicino”, nel lento movimento delle placche tettoniche, o zolle. 

Si possono fotografare con migliaia di scatti tanto da riempire la memoria del nostro apparato, memoria che una volta a casa la si recupera quasi del tutto, ripercorrendo luoghi e visi che già abbiamo dimenticato. I più sensibili, quei luoghi, quelle persone, li hanno impressi nella mente, li hanno legati a quello che comunemente e impropriamente chiamiamo cuore. Indimenticabili quei giri dell’isola, fatti chissà quante volte e mai uguali; per condizioni di luce, condizioni atmosferiche, di umore, da soli o in compagnia. 

Giri fatti in senso orario, antiorario, per mare, scoprendo la diversità dello stesso posto a seconda della distanza dalla costa. Con i grappoli d’uva sul muretto della strada che: “quasi, quasi”, ma al solo guardarli, c’è una voce dietro ai fichi d’india che ti consiglia di non toccare. 

Che prostrazione per questi guardiani, proteggere le loro fatiche che a noi sembrano regali della terra. Nelle isole la terra non regala, non è generosa, con quegli uomini che vivono sotto due segni cardinali: EST e OVEST, alba e tramonto, lasciando agli amici marinai il nord con la sua stella guida. 

Nessuno conosce il loro carattere, i miei sono solo indizi: il sole a picco, la preziosità dell’acqua, l’isolamento. Anche il mare ha il suo peso nella formazione caratteriale degli isolani, mosso per una parte dell’isola calmo e placido al suo antipodo. Il viaggio, per raggiungere la parte con mare calmo, si dimostra la parte più pericolosa, quasi una metafora della vita: le difficoltà che bisogna affrontare per raggiungere la quiete. 

Queste cose fanno la differenza tra gli uomini. C’è una cosa che invidio a questi uomini, la capacità che hanno, la sera dopo aver cenato, di rilasciarsi su una sedia rimpagliata mille volte, col profumo di gelsomino che li ubriaca più di quel vino schietto fatto da loro, con mezzo toscano tra le labbra a guardare quel panorama notturno che a noi è sfuggito e non troveremo mai tra i mille scatti.

Serie: Isole


Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. “quel panorama notturno che a noi è sfuggito e non troveremo mai tra i mille scatti.”
    Un unione totale con la propria terra, farne parte e non semplicemente calpestarne il suolo.

  2. Un racconto che sa di poesia e di nostalgia, di vacanze trascorse in qualche isola ormai distante, lasciando solo ricordi e riflessioni. Imagini di una realtà spesso aspra, addolcite, nella descrizione, da una leggera malinconia. Ti ringrazio Gaetano, per questo omaggio ad ogni isolano.

  3. “quel panorama notturno che a noi è sfuggito “
    ….quel guardare e non vedere….
    …sentire e non ascoltare…
    L’errore di pensare che a capire bastino i sensi, quando quel che manca é la pancia, la testa, la storia.