Rosso, il colore preferito di Glenda
Ogni sera Glenda si isola nelle parete della sua stessa casa, chiude a chiave la porta del bagno, apre il cassetto da dove sceglie l’oggetto più appuntito, poi si siede sul pavimento freddo, lontano da tutti e inizia a farsi del male.
Sono gocce rosse quelle che scivolano su di lei, come acqua piovana su una lastra di vetro.
Gocce calde che si confondono con il gelo del pavimento bianco sotto ai suoi piedi.
Sua mamma lo aveva pulito da poco, lei ci tiene molto alla pulizia, ma Glenda lo ha sporcato di nuovo di un colore rosso intenso, come il suo cuore che le pulsa piano piano a battiti sempre più lenti.
Le gocce del suo sangue scivolano giù lungo il suo polso, così docili quasi da solleticarle.
Il loro percorso prima di giungere a terra è assai particolare: scivolano dalla parte inferiore del braccio sino a al polso, creando dei piccoli tornanti colorati.
Una volta finito di affondare la lama nella sua morbida carne prende uno straccio e comincia a pulire.
Ogni volta il ciclo si ripete: si chiude in bagno, si fa del male, sporca e finisce per pulire, fatto ciò, tutto torna alla sua apparante normalità.
Dopo aver ripulito tutto, persino sé stessa, non rimane niente all’apparenza di chi guarda, ma non sa osservare il suo corpo innocente.
Da mesi la pelle di Glenda è l’arazzo su cui lei stessa cuce la sua opera, con un ago spinato scuce e ricuce sé stessa, ogni sera aggiunge qualcosa di nuovo al suo corpo che prima non c’era.
D’estate nonostante il caldo atroce indossa delle maglie a maniche lunghe, o dei gommini attorno al polso, per nascondere i tagli.
Eppure i suoi occhi è come se fossero a raggi x, anche oltre le maniche di una maglia sono capaci di scrutare quello che sta al di sotto.
Glenda non si riconosce più, ha perso il controllo del suo corpo.
Non sa più quello che le piace e quello che invece detesta.
Non riesce a trovare più niente che riesca a farla sentire bene, ad essere felice.
In mezzo alla gente si sente sola, vuota, ma nonostante tutto finge di stare bene.
Trovare la cura facendosi del male? Non è certo la soluzione migliore, anzi, è la peggiore che ci sia, lei ne è consapevole, eppure, farsi del male è l’unico modo per alleviare il suo dolore.
Il colore preferito di Glenda è il rosso, le piace da impazzire, i vestiti rossi le risaltano il volto.
Sì, il rosso è da sempre il suo colore preferito, ma forse in un’altra vita dovrebbe smettere di esserlo.
Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Narrativa
Mi piace molto il modo in cui hai ‘scritto’ di questo gigantesco dolore: parole semplici, dirette che apparentemente cozzano con il tema della narrazione. Leggendoti mi chiedevo perché chi sta attorno non vede, perché una madre trova il tempo di pulire un pavimento, ma non quello di mettersi in ascolto? Le risposte fanno male.
Ti ringrazio molto, sono felice che ti sia piaciuto.
Molto spesso predomina l’indifferenza o l’incapacità di saper guardare oltre.
Un argomento “scottante”, come il rosso che fuoriesce dai polsi di Glenda e verso il quale spesso, soprattutto in famiglia, si fa finta di non vedere.
Bella narrazione: semplice e diretta, senza giri di parole. Brava!
Grazie mille!
sarà vero che a volte ci si fa del male per non farlo agli altri? Qualcuno spiega in questo modo gli atti di autolesionismo. La situazione psicologica di Glenda è veramente infernale.
Esattamente! Questo potrebbe essere l’altra faccia della medaglia
Mi hai ricordato un romanzo dove c’era un personaggio di nome Glenda, una rossa, ma era un personaggio diversissimo. Ben fatto il tuo librick!
Grazie tante, non ero minimamente a conoscenza di questo romanzo, ti ringrazio per il riferimento
Il romanzo è “Città oscura” di Alan D. Altieri
Un racconto tagliente e dolente.. gli adolescenti usano talvolta questo ‘sistema’ per liberare le tensioni che hanno dentro.. speriamo che le ferite guariscano in fretta
Concordo