Rosso rubino

Serie: Le rose e le rouge


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Clara, la donna scomparsa e ricomparsa dopo tanti anni, ricorda il tempo passato.


Il padre era un allevatore di bestiame: ovini e bovini allo stato brado. La madre, invece, aveva una rivendita di carni ─ in gran parte di produzione propria ─ in via Chiesa, al centro del paese. In una gara di velocità e precisione nel taglio sottile del filetto era imbattibile. Aveva imparato presto, osservando il padre che armeggiava con lo spadino. Senza nessuna esitazione, colpiva e affondava la grossa lama pesante e affilata, per soddisfare le richieste dei tanti clienti in fila, soprattutto la mattina del sabato.

Lei, invece, anche da bambina, da tutto quel bestiame fatto a pezzi cercava di starne lontano. Una sorella della madre aveva l’orto e un cortile ma, a parte Lupo, il cane da guardia, nessun altro animale. Nessuna bestia da sgozzare o da squartare.

Nel mese di dicembre e prima delle feste pasquali, il lamento continuo degli agnelli, che dovevano finire spellati e appesi a testa in giù, ai ganci della macelleria, era straziante. Non le bastava tapparsi le orecchie, voltare la faccia e spostarsi di qualche metro. Sentiva il bisogno di scappare da tutto quel sangue che colava, schizzava e si impregnava ovunque. La casa della zia diventava spesso il suo rifugio.

Quando iniziavano le vacanze scolastiche cercava mille pretesti per non essere costretta ad andare col padre, all’azienda che diventava spesso un mattatoio a cielo aperto. Fingeva di avere la febbre, oppure inventava le scuse più strampalate per cercare di sottrarsi allo spettacolo di quella carneficina.

Era rimasta terrorizzata dal giorno che aveva indossato il suo bel vestito rosa, di pizzo San Gallo, per andare alla messa di Pasqua. Aveva fatto una giravolta, per gonfiare e roteare la gonna scampanata, quando un liquido caldo e denso di un rosso rubino le era colato addosso, macchiando le scarpe, le calze e il vestito. Sconvolta, aveva richiamato l’attenzione del padre.

Lui era intento ad afferrare un altro agnello, gli aveva legato le zampe posteriori, mentre stringeva, unite, le zampe anteriori. Non si era voltato, aveva cavato di tasca il solito coltello a serramanico e senza alcuna esitazione aveva sgozzato anche quello.

 La bambina era rimasta pietrificata, osservando la testa reclinata dell’animale, poi il suo vestito più bello e ancora l’agnello che si contorceva, mentre moriva a stento, dissanguato.

Il padre l’aveva scacciata con un tono aspro «spostati, non vedi che ti sporchi?»

Nei due giorni successivi non aveva toccato cibo. Il brodo o l’arrosto di agnello  le davano il voltastomaco solo a sentirne l’odore. Lo spezzatino che l’avevano costretta ad assaggiare le aveva causato una notte piena di mostri sanguinanti, a due teste.

Da quel giorno non aveva toccato neanche un pizzico di carne, finché ─ trent’anni dopo, nella modesta dimora all’interno dell’ovile ─ il suo amico Biagio le aveva offerto il cosciotto riscaldato sulla graticola, sopra le braci del camino.

Dopo aver camminato tutto il giorno, macinando chilometri e polvere, la fame era tanta.

L’odore sprigionato dal grasso dell’agnello aveva risvegliato un desiderio ancestrale di nutrimento e un istinto di sopravvivenza che l’aveva spinta ad addentare quel cibo animale. Si sentiva come una selvaggia, mentre strappava brandelli di polpa dall’osso di quel lattante che aveva un solo mese di vita.

Dopo il terzo morso, l’odore intenso di quel piccolo mammifero le aveva provocato la nausea.

«Non ti piace? E’ carne tenera.»

«Non mangio carne da quando ero piccola.»

«Uhm… va be’, ti do una cosa dolce, vedrai ti piacerà.»

Le aveva portato un grosso salsicciotto che profumava di spezie, farcito di uva passa, mandorle tritate, zucchero e cannella. Aveva preso un coltellino affilato e lo aveva tagliato a fette sottili come un salamino. Quando Clara aveva saputo cosa fosse quello strano dolce che sembrava di cioccolato, subito dopo lo aveva vomitato. Il sanguinaccio era un ricordo dell’infanzia che aveva rimosso. Era tornato a galla, di colpo, come il peggiore dei pensieri archiviati.

Lui era mortificato. «Non è carne – diceva – è solo sangue di maiale.»

Lei si era scusata.

A quel punto Biagio le aveva portato un cesto pieno di fichi neri, grossi, molto maturi e zuccherini. Clara li aveva sbucciati e uno dopo l’altro li aveva consumati quasi tutti, come i cammelli che bevono grosse quantità d’acqua prima di attraversare il deserto.

Lui le aveva raccontato di un potenziale acquirente degli agnelli: il pastore di un paese vicino a Silquà che aveva un piccolo gregge ancora sano. Si sarebbero incontrati il giorno dopo, per trattare il prezzo.

«Puoi restare a custodire gli animali, finché non torno?» le aveva chiesto Biagio, con un tono di supplica, più per trattenerla ancora, che per una reale esigenza di non lasciare le bestie incustodite per poche ore.

Lei gli aveva sorriso: era il minimo che potesse fare per contraccambiare l’ ospitalità. Due o tre giorni al massimo, per poi cambiare aria.

«Mi fermerò qualche giorno; ti prego, però, non dire a nessuno di avermi vista. Ti spiegherò poi il motivo. Ora sono stanca, dove posso stendermi a riposare?»

«Puoi dormire nel mio letto. Scusa se non ho le lenzuola. Io dormo vestito, nel mio sacco a vello.»

«E tu?»

«Non preoccuparti. Ho il “privé”, col separè e il parquet… di stuoie.» aveva aggiunto mostrandole un canniccio arrotolato sulla parete di quel rustico e unico  spazio del suo tugurio. Poi aveva riso, per sdrammatizzare una situazione poco adeguata all’incontro inatteso con una donna. L’unica donna tanto desiderata per molti anni della sua vita.

***

Valentina Perra aveva finito di riordinare la prima parte degli appunti. Durante l’ incontro con Clara, ancora debole per l’attacco di gastroenterite, dopo aver risposto alle domande essenziali per stilare le due colonne dell’ articolo, la donna aveva iniziato a raccontarle la storia della sua vita. Si sarebbero riviste ancora, finché non fosse arrivata a spiegarle come avesse potuto compiere una scelta così drastica, di vivere lontano da tutti, in una condizione disagiata e precaria. Dopo tanti anni di isolamento, sentiva il bisogno di parlare, di essere ascoltata da una donna che le ispirava fiducia. Valentina aveva prestato grande attenzione, sentiva in quei racconti qualcosa di particolare: una lunga storia con tanti capitoli ancora da scrivere.

Serie: Le rose e le rouge


Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Mi piace molto con Clara inizi a raccontare della sua storia di eremitaggio partendo dall’incontro con l’uomo he la considera da sempre il suo unico amore. Lei va verso la sua solitudine, lui ci è sempre stato. Certo, come primo appuntamento non è granché, con il trauma della carne e a vomitare il sanguinaccio…mi hai ricordato le situazioni tragicomiche in cui l’innamorato vuole fare a tutti i costi bella figura, e invece non ne va dritta una. Non è molto fortunato questo Biagio, diciamolo. (immaginarlo dormire nel vello non è neppure molto sexy, ahimè). Però io sotto sotto spero che Clara gli dia una possibilità, invece di andare dritta verso il suo isolamento. Chissà!

    1. Ciao Irene, grazie. I tuoi comnenti sino sempre stimolanti. E sì, un po’ tragicomico é esattamente l’effetto che speravo, soprattutto dopo la descrizione un po’ macabra del sangue che cola sul vestito in pizzo san gallo rosa, dell’episodio precedente. Sui sentimenti non corrisposti di Biagio per Clara, ci sto riflettendo. Chissà?!

  2. Ok, mi sa che dopo aver letto questo episodio, diventerò vegetariana🙈 poveri agnelli!!!😭 Sei stata bravissima: sembrava di leggere un horror (di quelli buoni!) Difficilmente dimenticherò certe immagini.

    1. Ciao Arianna, grazie per queste tue parole. In un mondo ideale credo che gli animali dovrebbero essere rispettati e morire di vecchiaia o perlomeno avere la possibilità di crescere, in ampi spazi, senza subire maltrattamenti e uccisioni atroci.
      La strage degli agnelli da latte, soprattutto per Natale e pet Pasqua, qui da noi é un fatto vero che fa parte della tradizione. E sono d’accordo con te, a leggere certi particolari e anche a descriverli, sembrerebbe una storia horror, del tutto inventata.
      Immagino che dove stai tu certe cose non succedano.

  3. Cara Maria Luisa, ti confesso che quando sono arrivata a leggere dei fichi, ho tirato un sospiro di sollievo! Quanto sangue in questo episodio e quel vestitino inondato che mi ha ricordato il famoso racconto di King. “…quando un liquido caldo e denso di un rosso rubino le era colato addosso”, usi proprio quel verbo ‘colare’, efficace, che non dà possibilità di interpretazione, terribile! A me, personalmente, basta davvero molto meno per preferire i fichi.
    Il personaggio di Clara mi piace molto e soprattutto adesso che conosco alcuni risvolti della sua infanzia non facile. Mi piacerebbe saperne di più e capire, non per curiosità, ma semplicemente perchè sono donna, cosa l’ha resa così desiderabile. Spero che tu lo condividerai con noi lettori.

    1. Ciao Cristiana, spero di non deludere troppo con questa brusca virata dal rosa al rouge. Mentre ritoccavo questo episodio (scritto qualche mese fa) anch’io mi sentivo un’autrice – decisamente mignon – alla Stephen King. Non sarei capace di scrivere simili atrocità su soggetti umani, ma in fondo anche le uccisioni dei teneri lattanti ovini di un mese, che muoiono lentamente, sono fin troppo strazianti.
      Clara ne porta ancora le conseguenze; nonostante sia una donna orma adulta, robusta e corazzata. Quali siano i motivi che continuano a suscitare tanta attrazione agli occhi di Biagio, forse, prima o poi, lo scopriremo.
      Grazie per tutto, Cristiana, suggerimenti compresi.