
Rotta verso Encelado
In un sistema finito, in un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte. [Teorema di Poincaré]
Sbuco fino alla cinta dal gavone di prora. Pugni chiusi sui fianchi, ruoto il busto da sinistra a dritta, da dritta a sinistra…crack! Appoggio una mano sul fianco dolorante e stiro la schiena. Gratto la testa con l’ultima unghia che mi rimane abbastanza lunga, quella del mignolo, do una strizzata alla coda dei capelli dietro la nuca, dove sarà finito Crab1701? Pigio l’indice sulla tempia, la visiera olografica zoomma il puntino appeso in testa all’albero di trinchetto, due interruzioni di segnale ed eccolo lassù, nitido come la Terra nelle giornate buone.
Il piccolo robot traffica con le chele sul bordo di una delle vele solari mezza sfilacciata. Ha terminato il lavoro, si cala dall’albero come un ragno baldanzoso aggrappato alla sua ragnatela. Oltrepassa l’airlock velocissimo, otto zampe in titanio ammortizzano l’impatto sul ponte, il corpo schiacciato scivola di traverso, dimena le chele per aria alla rinfusa, ingarbugliate in fili invisibili. Traccia una curva inclinandosi su un lato, quanto è giovane! Inchioda ad un passo dai miei stivali, negli occhi tondi e sporgenti scintilla la solita espressione vacua.
«Settore di controvelaccino, quota 305 metri, danno da micrometeorite riparato. Entità del danno 10 micron.» Ritrae gli occhi nella testa, piega le zampe e si accuccia in attesa di nuovo compito.
Quanto è preciso e veloce, questa unità non fallisce un obiettivo…Eccezionale! Allungo una mano e picchietto due volte il palmo sul carapace trapezoidale. Prima o poi gli darò un nome proprio, se lo merita. Sorrido soddisfatto.
«Ottimo lavoro 1701. Nuovo compito: rotazione materiale di carico.»
Scatta sulle zampe, in un batter d’occhio si tuffa di testa nel buco del gavone. Meglio non rischiare, se invertisse gli scomparti temporali delle provviste in fase di ricostruzione…non ci voglio neanche pensare. Sarebbe un bel guaio. Consegnare cibo marcio al porto di Encelado…quei minatori mezzi selvaggi schianterebbero Alla via così su Saturno, garantito.
Percorro a ritroso i gradini zigrinati nella penombra della stiva. A metà scala avvisto 1701 intento nell’analisi dei dati che scorrono sui monitor degli alloggiamenti temporali: una serie di comparti allineati in sequenza, in base alla velocità del tempo al loro interno. Strizzo gli occhi, mi sembra stia impiegando un po’ troppo per la fase di analisi. Scendo ancora qualche scalino, balzo giù dal terzultimo e mi precipito a larghe falcate verso la posizione del robot.
«1701 qualcosa non va?»
Nessuna risposta, zero movimenti. Chino la faccia verso il robot, alzo il tono della voce.
«1701 qualcosa non va?»
Niente. Il robot è immobile, gli occhi sporgono dalla testa, fissi sul monitor del comparto carico mele, il comparto in cui il tempo scorre più veloce, trattandosi di merce ad elevato deterioramento. Se non fosse una macchina direi che 1701 è sconcertato oppure che è morto. Invece no, nulla di tutto questo. Un’occhiata ai dati basta a farmi rendere conto del disastro: si è connesso al controllo dei comparti e ne sta rallentando il tempo all’interno. Di questo passo le mele arriveranno completamente marce!
«Unità Crab1701 interrompere!»
Infilo le mani sotto il corpo tozzo, provo a sollevarlo. Impossibile, il furbastro si è agganciato al pavimento con i ramponi da arrampicata.
«Unità Crab1701 interrompere! Ma che stai facendo, stupido idiota!»
Finalmente ruota gli occhietti neri e si degna di rispondere al comando.
«Crab1701 esegue il compito, rallenta il tempo.»
Mi fa imbestialire.
«Senti, chi ti ha programmato è un idiota peggio di te, farai marcire tutto il carico se rallenti il tempo. Sai che c’è? Questo!»
Parte una gragnuola di calci al portello del comparto presidiato da Crab1701.
«Il tempo deve accelerare, più possibile… Non rallentare!» Calcio sempre più forte.
1701 ripete il suo mantra:
«Tempo veloce=mela marcia. Tempo veloce=mela marcia. Tempo veloce=mela marcia…»
Blocco il turbinio delle gambe, ragioniamo. Mi avvicino al robot, accarezzo il bordo in mogano del comparto, picchietto due volte il palmo della mano sul carapace, lui farnetica, immerso nel suo delirio «Tempo. Melagiovanemelavecchiamelgiovanemelavecchia accelera il tempo, rallenta il tempo, accelera il tempo rallenta il tempo. Esito finale: ripetere dall’inizio.»
Giusto un istante per guardarsi negli occhi, ciascuno del proprio tipo, più o meno rotondo, il portello danneggiato dai miei calci cede, il tempo accelerato esce dal comparto, invade la stiva, mi investe. Sono vecchio, sono marcio, sono polvere, sono giovane, sono vecchio, sono marcio, sono polvere, sono giovane, sono vecchio, sono marcio, sono polvere, sono giovane, sono vecchio, sono giovane…
Il neuralink integrato nel mio cervello riceve una comunicazione esterna.
«Nave cargo Alla via così, bentornati su Encelado. Attracco consentito. Stasera birretta? Ma prima, Capitano, di’ a Crab1701 di scaricare le sue mele impazienti.»
«Hey. Si chiama Granny ve l’ho già ripetuto all’infinito, razza di bifolchi.»
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Ciao. Molto bello. Mi è piaciuta soprattutto la logica inversa dello scorrere del tempo che all’inizio non sono riuscito subito ad afferrare.
Grazie mille. In effetti non è semplice, è contro intuitivo ma logico: in un tempo abbastanza lungo tutto torna alla forma originale semplicemente perché ha esaurito le combinazioni a disposizione …. Beh non basta il tempo di questo universo ma mica c è solo questo 😜. Grazie ancora
Rinnovo i complimenti per una forma che reputo davvero efficace e molto elegante.
Ammetto di essermi sentito robottino nel continuare a ripetere a me stesso: se il tempo rallenta le mele si salvano. Avevo intuito che c’era l’inghippo, anticipato dall’enunciazione di parte del teorema che mi sapeva di “amo”.
Ma bando all’arrampicata sugli specchi, intendo la mia, sei riuscita nell’intento, sono rimasto nel loop mela-tempo.
Ehhh si, l’indizio c’era… e anche il loop (adoro i loop). Poi c’è l’ultima frase che è molto strana: a un certo punto il protagonista dice che prima o poi darà un nome al robot ma alla fine afferma che ha ripetuto all’infinito che si chiama Granny (che è il nome di una mela ma è anche ‘nonna’) quindi? Quante volte sarà avvenuta questa scena? Mah 😉
Premetto annunciando la mia quasi totale ignoranza confessando di aver inteso circa la metà delle parole…Continuo esprimendo il mio entusiasmo per quello che ho letto: originale e nuovo. Mi hai tenuta aggrappata lì, senza mollarmi, in una sorta di mondo alla “Conan il ragazzo del futuro” o anche alla “Capitan Harlock”. Verso la fine, poi, mi sono molto immedesimata vedendo me stessa quando cerco di comunicare con Alexa che puntualmente non mi capisce… Che posso dire? Veramente brava. La fine vera e propria è assolutamente sconcertante e dire geniale per come l’hai immaginata, studiata e descritta. Tutti i miei complimenti!
Hai ragione Cristiana! Mi sono fatta prendere un po’ la mano dai termini della marineria velica (ho amato moltissimo la saga delle avventure di Aubrey e Maturin di Patrick O’Brian dalla quale è stato tratto il film Master and Commander). Per quanto riguarda i rapporti con le AI… saranno sempre più complicati temo. Un mio amico insegnante di matematica e fisica tempo fa mi aveva affascinata con questo teorema e così ho immaginato una storia controintuitiva. Le mele dovrebbero marcire se il tempo è accelerato, ma se il tempo è accelerato all’infinito…ecco uno spettacolare metodo di conservazione (o meglio rigenerazione) di tutto quanto è destinato a deperimento 😉
Grazie, bellissimo il tuo commento.
Ecco, ancora rompicapi che nuovamente non mi lasceranno dormire!
Credo che sia la prima volta in assoluto che su Edizioni Open leggo una space opera, almeno a quel che io ricordi
Ciao! Grazie per aver letto e commentato. Le vicende spaziali sono le mie preferite nell’ambito della sci-fi anche se amo anche altri sottogeneri. In effetti ora che mi ci fai pensare potrei scriverci una serie… grazie ancora