Saudade

Arrivo in spiaggia con il sole ancora basso sull’orizzonte, ancora assonnato sembra voler restare a riposarsi sulla linea del mare. Il vento fresco mi accoglie sopra le dune mentre ammiro le onde gonfiarsi. Respiro chiudendo gli occhi e ascoltando il rumore del mare, del vento e dei gabbiani. Discendo le dune e cammino per la spiaggia deserta con la sabbia fine ancora fresca. Pianto l’ombrellone ma non lo apro, invece prendo la tavola da surf e mi butto subito in mare. Vogo con calma nell’acqua alta verso il dosso dove si formano le onde. Il mare da blu inizia a diventare celeste, quasi bianco per via del fondale più basso e della luce dell’alba. Il vento non è molto forte e le onde sono alte con poca corrente. Una giornata perfetta. Aspetto pochi secondi e vedo formarsi un’onda in lontananza. Le vado incontro per poi virare a sinistra appena la vedo a qualche metro da me. Continuo a remare posizionandomi davanti, mi volto e vedo l’onda blu arrivare, alta, calma, assonnata. Mi prende, quasi incuriosita, sento la sua forza sotto la tavola. Smetto di remare e mi alzo scivolando rapido sul muro di acqua blu. La cresta si riempie di schiuma e gli schizzi mi regalano un arcobaleno davanti ai miei occhi. L’onda infrange sul mio corpo, resisto a quella forza ed esco dalla schiuma bianca. Viro a destra, lasciando il muro ormai basso alle mie spalle e proseguo fino a riva con la forza residua dell’onda.

La spiaggia si sta popolando e vicino al mio ombrellone ne sono spuntati altri quattro.

Mi avvicino.

«Bella bro.»

«Ciao Nenno» mi salutano i miei amici.

Ricambio con un cenno del capo e poggio la tavola sulla sabbia.

«Già in acqua? Ma a che ora sei arrivato?»

Alzo le spalle.

«Talmente presto da aver svegliato i gabbiani.»

«Tu sei pazzo» mi dice Ciccio mentre si siede sull’asciugamano all’ombra. È talmente pallido da avere il terrore di stare per pochi secondi al sole, memore di bruciature con conseguente spellamento per giorni.

«Mò, mi metti la crema dietro la schiena?» chiede alla sua ragazza.

Fede prende il tubetto della crema e gliela spalma.

«Pronta» annuncia Nenna alzandosi con il suo surf sottobraccio.

Io e Nenna ci rituffiamo in acqua. Superiamo la zona d’impatto oltre il dosso e restiamo a cavalcioni sulle tavole.

«Pensi che si muoverà dall’ombrellone?» mi chiede indicando Ciccio.

Alzo le spalle.

«Probabilmente al tramonto.»

«Che pezzente…Annalisa e i suoi amici arriveranno nel pomeriggio comunque.»

Scrollo le spalle indifferente.

«Onda» annuncio.

Ci muoviamo entrambi. Vedo Nenna con la coda dell’occhio alla mia sinistra poi la perdo mentre prendo l’onda. Scivolo sul muro e la vedo sulla cresta a meno di un metro da me.

«Oh!» urlo per farmi notare e faccio peso indietro per rallentare, mentre contemporaneamente con le spalle sbilancio verso destra per virare ed evitare la collisione. Quando Nenna si alza siamo praticamente incollati e proseguiamo dritti verso riva.

«Ci stavamo per scontrare!» le urlo.

«Non ti avevo visto!» ribatte lei un po’ incerta sopra la tavola.

Le faccio la linguaccia e la spingo giù.

«Pezzo di…» mi urla mentre cade in acqua.

Scoppio a ridere sopra la tavola e mi giro verso Ciccio. Sta facendo un video con il cellulare ed è piegato dalle risate. Saluto alla telecamera muovendo la mano con mignolo e pollice alzati, il saluto hawaiano preso in prestito dai surfisti di tutto il mondo e poi mi butto in acqua.

«Sei un bastardo!» mi urla Nenna prima di mettersi a ridere anche lei.

Mi schizza e torniamo in posizione a largo.

La mattinata trascorre troppo velocemente tra surf, scherzi tra me e Nenna, e persino Ciccio e Fede, contro ogni pronostico, ci raggiungono in acqua.

Sotto gli ombrelloni mangiamo affamati i nostri panini farciti con ogni cosa immaginabile.

Dopo pranzo, Nenna, ancora alle prime armi con il surf, è distrutta e si stende all’ombra a riposare.

Io mi rimetto la crema in viso e nelle braccia e con ancora la maglietta bagnata torno in acqua a prendere altre onde.

Il sole si sta abbassando oltre le dune di sabbia e il mare cristallino inizia ad avere dei riflessi arancioni quando Annalisa mi raggiunge.

«Belle onde?» mi chiede sedendosi sulla sua tavola e scrutando in lontananza.

«Fantastiche.»

Prendiamo alcune onde insieme. Spesso alternati per non scontrarci e ci incoraggiamo a vicenda e chiamiamo le onde che l’altro non vede.

Esco che il sole è definitivamente tramontato sotto un cielo di mille sfumature di viola sopra le dune. Saluto gli amici di Annalisa e mi asciugo passeggiando in riva e guardando il mare diventare sempre più scuro.

La spiaggia si è spopolata tranne per il nostro accampamento e quello di un altro gruppetto di ragazzi lontano.

Ciccio è più attivo e improvvisa una partita a racchettoni con Fede, Nenna e Annalisa.

Io aiuto gli altri ragazzi a prendere le pietre e la legna per il falò.

Inizio a pagare gli effetti della giornata no-stop di surf. Ho le costole doloranti e le braccia molto stanche. E una gran fame.

L’altra comitiva si avvicina. Sono un gruppettino di giovani berlinesi. Propongono di unirsi. Accettiamo volentieri e in pochi minuti è pronto un grande falò, prendiamo alcune braci e su una grata mettiamo ad arrostire i würstel dei tedeschi e le nostre bruschette.

Attorno al fuoco c’è allegria e risuonano le risate tra lo scoppiettio del fuoco.

«Sei proprio bravo con il surf» mi dice Paula.

«Dovresti provare le onde in Portogallo, sono veramente belle» incalza Maria, ragazza portoghese che vive a Berlino.

«Magari un giorno, qui le ho a due passi e mi diverto comunque.»

Maria annuisce e beve un sorso della sua birra poi si alza e va da un ragazzo che ha tirato fuori una chitarra.

Maria la prende e inizia a suonare alcuni accordi. Sembrano delle note a caso poi inizia a cantare. Canta lentamente, in portoghese, una canzone malinconica, nostalgica, una canzone che richiama all’atteggiamento di rimpianto tipico della tradizione portoghese: saudade.

Guardo le lingue di fiamma muoversi attorno a Maria e quella melodia mi rapisce, mi incanta, mi tranquillizza, mi trasporta in altri tempi e altri luoghi.

Siamo tutti incantati dalla sua voce e quando finisce aspettiamo pochi istanti ancora inebriati da quelle sensazioni prima di scattare in un fragoroso applauso.

La musica continua con le ultime canzoni Pop internazionali e i tormentoni estivi italiani.

Mi allontano.

Vado in riva al mare a ricercare quelle emozioni che mi ha dato Maria.

Mi stendo sulla sabbia umida e fresca e guardo il cielo stellato.

«Posso?»

Mi giro e appena illuminata dalla luce tenue del falò riconosco Paula.

Annuisco e si siede vicino.

«A Berlino ci sogniamo serate del genere o un cielo così.»

Vorrei consolarla e trovare qualcosa di bello nella sua città, ma non mi viene in mente niente di lontanamente paragonabile. Sento le onde confondersi con la musica dietro. Vedo la schiuma bianca appena percettibile in quel mare nero.

«Vuoi fare surf?» le chiedo, così, di getto.

Paula mi guarda sorpresa.

«Ora? Sicuro?»

Annuisco e mi metto in piedi. L’aiuto ad alzarsi e corriamo a prendere la tavola. Ci mettiamo le magliette ed entriamo in mare. L’acqua è caldissima e l’aria umida quasi soffocante. Il vento si è completamente abbassato ma le onde sono ancora alte ma molto lente. Paula, dopo un primo momento di paura in quell’acqua buia, mi segue più sicura. Deve fare più tentativi per riuscire a stare in equilibrio distesa sulla tavola. Appena si sente pronta la spingo su un’onda già infranta e la sento urlare di gioia mentre viene spinta verso riva.

Quando torna è semplicemente al settimo cielo, anche se sopra le nostre teste si estende il cielo più bello mai visto.

Avvolti completamente dal buio ci appoggiamo sulla tavola e non sappiamo dove sia il confine tra cielo e mare. Le stelle sono riflesse dall’acqua così che siamo immersi nel nero dipinto da piccole e grandi luci più o meno intense.

«È così che immagino il paradiso» mi sussurra Paula.

Nei suoi occhi scuri vedo riflettere le luci delle stelle e mi perdo dentro, e mi torna alla mente nuovamente la melodia di Maria.

«Perché questo lo è» le rispondo.

Quella musica continua nella mia testa.

Non voglio rimpianti, non voglio la nostalgia ora. Voglio che queste sensazioni mi prendano dopo questa notte. Ma adesso la voglio vivere.

Mi allungo sopra la tavola e mi avvicino a Paula.

Lei mi guarda con occhi stellati, sento il suo respiro, il suo cuore battere con il ritmo della tavola che ondeggia.

Si solleva per venirmi incontro e ci baciamo, lì immersi in un mare di stelle.

Questa notte niente sogni, questa notte sono vivo.   

Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Questo racconto ha tutti i ricordi, i paesaggi, i profumi e l’energia di una tavola da surf. Congratssssss, contenta di averlo letto ora che stiamo salutando l’estate, davvero una dolce saudade.

  2. Vero, sembra assurdo ma la nostalgia è in grado di accendere il desiderio di vita. La voglia di cogliere l’attimo senza rimpianti. Ancora una volta il mare fa da sfondo alla bellissima energia che riesci a comunicare

  3. Racconto bellissimo, come un video molto nitido, ricco di colori e di sonorita`. Intenso nelle passioni che trasmette: mare, surf… e un dolce finale con eros. Bravissimo in mare, con la tua tavola, e bravissimo in questa piattaforma, nella scrittura.

    1. Grazie Maria Luisa! Avrei voluto dipingere meglio i colori e la musica per rendere più giustizia, ma lo spazio è quello che è, sono però contento ti sia piaciuto e che tu abbia colto proprio le cose che volevo trasmettere!