SECONDO PASSO: LIBRO

Serie: Homines


L’incapace infine, volle porre anche lui la propria domanda. Interrogò dunque lo sconosciuto, e chiese di poter comprendere. Gli domandò degli uomini, e delle loro differenze. Desiderò saperlo, perché a lui piaceva immaginarseli. Se li figurava dentro alla propria testa senza che li avesse veduti mai, e a causa di questo i suoi pensieri finirono col somigliarsi l’uno con l’altro; e presto non fu più in grado di distinguerli. Il pensiero si fece oceano, e dalla marea nacque la roccia. Allora questa crebbe. Divenne colle e infine montagna. La raggiunse il vento, il quale non comprende né l’acqua né la pietra. Il vento che si illude di spostare il cielo, perché ha paura delle montagne. Che da forma alle strade senza badare a dove conducano. Il vento che non ricorda i nomi di nessuno perché non sa come pronunciarli. Il vento che raccoglie e getta via perché sa di bastare a sé stesso. Il vento che non conosce scopo o direzione, e che fa crescere gli alberi sopra le rocce nate dalle maree. Questi sono sempre molti, e lo spazio che possiedono non riesce mai a soddisfarli. Allora affondano le loro radici verso il basso, là dove si trova la roccia divenuta montagna. Lo fanno perché sono figli del vento, che non ricorda i nomi di nessuno. Il vento che non distingue l’acqua dalla pietra. Che raccoglie e getta via, sulle strade di cui non conosce scopo o direzione. Il vento che si muove. E che non lascia segni del proprio passaggio, poiché sa di bastare a sé stesso. Gli alberi invece no. Loro non si muovono. Restano là, sulle strade lungo le quali si sono ritrovati a nascere per fissarsi l’uno con l’altro senza però riuscirci mai per davvero. Poiché gli alberi non possiedono occhi, e faticano ad apprendere le cose. Allora crescono. Si fanno spessi e ingombranti, imponenti e robusti. Divengono alti fin dove i loro rami riescono ad arrivare. Ma non più oltre. Non possono farlo, perché le radici desiderano la roccia, e anche loro crescono. Scavano verso il basso perché sanno che lì il vento non le può raggiungere. Perché le radici non hanno fantasia, e si oppongono ai rami che desiderano il cielo.

Gli alberi non sono in grado di comprendere sé stessi. Perché sono grandi e imponenti. Sono robusti e tanto soli. Perché i loro rami e le loro radici sono troppo distanti gli uni dalle altre, e lo spazio che possiedono non riesce mai a soddisfarli.

Gli alberi temono la morte. Così come il vento teme la montagna. Allora ognuno di loro si sceglie un nome diverso, poiché i nomi vivono per sempre sulle labbra di chi li pronuncia. Si beffano del tempo che scorre senza badare né al vento che si muove né al cielo che è infinito. Non si curano delle maree e non hanno paura delle montagne. I nomi rimangono, e sanno di appartenere a qualcuno. Come le radici che si oppongono ai rami troppo distanti.

Gli alberi non esistono. Perché sono figli del vento, che vive delle proprie illusioni. E non sa pronunciare i nomi di nessuno. Allora si fanno silenziosi e ciechi. Più spessi e più robusti, come le montagne che si rifiutano di ascoltare. Dunque divengono sordi, ed infine dimenticano. Ma nessuno saprà mai che cosa, poiché gli alberi abbandonano coscienza e memoria a favore di un cielo che non si può spostare. Così si ricolmano di un ego tutto proprio. Questo li fa crescere ancora. Li fa allungare con rami e radici che non si potranno toccare mai. Perché gli uni si ingannano con un cielo che non si può comprendere, e perché le altre abbracciano una terra che non li porta da nessuna parte. Allora muoiono. Lo fanno da soli e in silenzio, perché sono frutto delle proprie illusioni. Alcuni cedono, e cadono a terra senza fare rumore, perché si son fatti muti. Son divenuti ciechi e sordi. Infine scompaiono nel vuoto del proprio dolore. Perché lo spazio che possiedono non riesce mai a soddisfarli. Come un nome che non viene mai pronunciato.

C’erano una volta gli alberi. Questi nascevano e crescevano verso l’alto e verso il basso. Cadevano sotto un cielo che non poteva comprenderli, e morivano sopra una terra che non li portava da nessuna parte. A causa di questo finirono col somigliarsi l’uno con l’altro, e presto nessuno fu più in grado di distinguerli. Allora diventarono alti e imponenti. Si fecero muti e discreti. Ciechi, sordi e tanto soli. Come uomini immaginati dentro alla testa di un incapace.

Serie: Homines


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