
Serena
Serena esteticamente era l’esatto opposto di Cinzia, era assai carina ma non era appariscente, un viso ovale e delicato, il corpo sottile ed esile, ma passava inosservata, nonostante i grandi occhi verdeazzurri.
I capelli castano chiaro erano splendidi ma li portava sempre legati a coda di cavallo, le ciglia e le sopracciglia erano biondastre, la facevano sembrare un po’ slavata.
Serena sapeva bene che le sarebbe bastato darsi un po’ di rimmel scuro per diventare più attraente, ma lei non voleva nessuno che le facesse la bava dietro, in casa era sufficiente sua madre con il suo stuolo di ammiratori, era sua madre la vamp, lei era del genere elfo.
Era un anno ormai che non si curava di sé stessa e vestiva con jeans e magliette o felpe extralarge con ai piedi scarpe da ginnastica comprate dai cinesi, un po’ lo faceva per far rabbia a sua madre, che sembrava una bambola gonfiabile, ma il vero motivo era un altro.
Era per via del fattaccio.
Il Cimitero degli Inglesi era il rifugio preferito delle due ragazze, era pieno di gatti e Serena aveva i suoi mici preferiti, bastava mettersi in un angolo, vicino alla tomba del gatto Romeo e i gatti arrivavano e strusciavano sulle sue gambe, ronfavano, erano morbidi e lei riusciva a non pensare a rilassarsi molto di più che con le sedute da quell’odiosa so tutto della psicologa, che blaterava cicicicò, cicicicò con suo padre.
Quale cicicicò, cicicicò riportasse la dottoressa al padre non si sapeva, in quanto Serena del fattaccio non le aveva detto nulla.
Serena prima di ogni seduta si preparava cosa dire, a volte si inventava un misto delle storie che trovava, cercando su Internet e sui social nei gruppi denominati… manicomio, depressione, anedonia, bipolarismo e altro.
Solo Cinzia sapeva del fattaccio.
Cinzia era la sola vera amica, si conoscevano da qualche anno, avevano frequentato lo stesso liceo e assieme lo avevano lasciato, per solidarietà l’una con l’altra.
Cinzia si mostrava con la sua maschera preferita, quella di artista stravagante, un po’ bohémienne, un po’ naif, che le permetteva di essere eccentrica senza essere additata come un’emarginata.
Sbandierava Kokoschka e Schiele e i poeti maledetti, con gli insegnanti non andava d’accordo, amava scandalizzarli, d’altronde non amava neanche studiare perché divorava tutto come un’affamata, non leggeva mai due volte lo stesso testo, tranne le poesie, che altrimenti si annoiava, il suo difetto più grande era la curiosità, tutto ciò che la colpiva, veniva da lei indagato con passione.
Era tenera come un pulcino e nascondeva questo con la maschera di quella che aveva già provato tutte le esperienze, baciava tutti i ragazzi che le piacevano, e questi dicevano in giro che se l’erano bombata, non era vero niente, ma le piaceva avere questa fama e quando le offrivano gli orsetti gommosi alla marijuana se ne ficcava in bocca tre o quattro, ma li sputava di nascosto.
Il suo sogno era trovare un ragazzo che sapesse andare oltre alle apparenze, che l’amasse anche se era tanto, tanto, perduta, femme fatale e mangiauomini.
Cinzia era fisicamente l’opposto di Serena, ma le due ragazze si comprendevano a meraviglia, l’una si fidava solo dell’altra e viceversa, se per vendicarsi della vita, non avevano combinato niente di veramente brutto, era perché trovavano forza l’una nell’altra, si intuivano fra loro con uno sguardo.
Serena aspettava con ansia, i gatti se n’erano andati e Cinzia non arrivava, ormai si era mangiata tutte le pellicine delle dita, aveva un braccio avvolto nella carta che Cinzia aveva preso dal bagno di un bar, per coprire i graffi che si era procurata, la carta era macchiata di sangue e Serena avrebbe voluto mangiarsela, ma aveva promesso a Cinzia, che sarebbe stata calma, senza combinare qualcosa di strano, che lei avrebbe portato Francesco e tutto si sarebbe sciolto… che era destino.
Da quando era successo il fattaccio, Serena si sentiva meno di un niente, poi improvvisamente aveva visto Francesco e le era sembrato di rivivere il suo splendido amore perduto, aveva fatto un transfert, la ripetizione di ciò che le mancava più dell’aria e che aveva distrutto per la sua pochezza, la sua banalità, la sua piattezza di cuore, di intelligenza, di sentimento.
Aveva creduto di essersi innamorata all’istante di Francesco, invece davanti al professore di Educazione Civica, aveva capito tutto.
Aveva capito tutto tramite il naso del professore.
Ti piace0 apprezzamentiPubblicato in Narrativa
Io Paola, direi di continuare. Ho bisogno di capire meglio…
Cara Cristiana, intendevo dire che il finale sarà aperto, ma sarà dopo altre 4/5 puntate… devo pur spiegare il fattaccio (che coinvolge un quarto personaggio) e il motivo del ‘naso’… ci saranno delle nuove sorprese
Questo mi conforta, perché ero rimasta un po’ spiazzata pensando fosse il finale! Aspetto i prossimi episodi.
Interessante! Hai descritto dei personaggi tridimensionali. Questo librick lo vedrei come l’inizio di una serie
Grazie, per ora dal racconto iniziale ho proseguito sino a un finale aperto… se piace continuo 🙂