Servizio in camera

Serie: Anatomia sepolcrale di un sogno


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Con l'arrivo del poeta e di Lara, Gustav cerca di fare luce sul suo nuovo ruolo e sulle sue responsabilità di direttore. La sua firma ormai è stabile, quanto il desiderio della cantante, che raggiunge, una volta solo, nei pressi della sala della sua esibizione, prima dell'intervallo dell'orchestra.

Forse non mi credeva, o era l’emozione per la canzone con cui avrebbe dovuto aprire la parte finale dello spettacolo musicale ad averla confusa, ma la cantante in pausa non era più nella pelle e nemmeno nel suo vestito, che cominciò a sfilarsi già nel corridoio, con un braccio contratto dietro la schiena – stavolta la lampo scivolò senza incagli di sorta. La sua schiena ritornò nuda, nel suo splendore natale, così la ripercorsi con la punta del naso e della lingua, ancora sull’uscio. Una volta dentro ci avvinghiammo come acrobati nel vuoto della notte. Fu un’esecuzione meravigliosa, senza respiro e senza amore. Le chiesi un fazzoletto per asciugarmi la fronte, e lei, stordita, mi passò un foglio di quaderno a quadretti dal cassetto di un comodino, dove era impressa una sua poesiola triste e incomprensibile. Lessi qualche riga, poi la nascosi sotto il cuscino e ritornai, non ancora sazio, nei sortilegi del suo interregno. Non mi sentivo più gli occhi, le braccia, i pensieri, le mani. Forse era una strega, pensai.

«Non diremo niente a nessuno. Nè al trombonista Alex e nemmeno alla tua dattilografa» mi disse, annusandosi una spalla ancora calda della mia bocca.

«Ma Lara non è più una dattilografa, ormai. Non confondiamo i piani! Ha chiesto diversi mesi di congedo ermetico e li ha ottenuti all’istante. Pensavo che lo sapessi.»

«So tutto nei minimi dettagli, direttore, ma il mio pensiero su di lei non cambia» mi fece la cantante, ancora completamente nuda, distesa sul letto, accanto a me, con un palmo aperto sotto l’orecchio, le gambe dischiuse.

«Credo che ricopra un ruolo importante, superiore. Più di un ruolo, per la precisone, ma non conosco i particolari.»

«E tu, bel direttore, cosa farai? Almeno i tuoi particolari li conosci, spero?» mi disse, allungandomi una mano nei capelli e spettinandomeli.

«Per prima cosa selezionerò i testi e la linea ermetica da seguire, oltre a tanto altro.»

«Che te ne è parsa della mia poesiola?»

«Le ho gettato uno sguardo e mi è sembrata molto buona, convincente. La sottoporrò al poeta, se vuoi.»

«Sarebbe fantastico» mi mormorò, ma con poco entusiasmo, prima di alzarsi e di andare alla finestra. Io nel giro di pochi istanti crollai di sonno. Fu un sonnellino malaticcio, scarno, senza sogni. Al mio risveglio le chiesi un analgesico. Si spostò, ancora nuda e avvenente, frugando con abilità nella sua borsetta. Mentre tirava fuori il mondo, ogni tanto mi sussurrava: «La tua Laretta l’ho intravista di sfuggita, nel pomeriggio. Credo che non abbia alcuna attinenza con la storia della rivista, con l’ermetismo, il rinnovamento e il gran bel resto, direttore. Perdonami, ma voglio essere sincera. E poi… sta sempre a braccetto col poeta. Mi sa che dormono nella stessa camera, a quanto è trapelato da qualche voce indiscreta, ma fidata, sia dell’orchestra che dei camerieri».

«E tu ci hai creduto? Lo sai che il poeta è un mio compagno di classe delle scuole medie? Una persona amica, fedele, della massima trasparenza e onestà?» alzando la voce e mostrandole le vene rigonfie del collo.

«Stai calmino, però, che ti fa male agitarti così.  Se non mi credi, chiedi a chi vuoi, al limite alle persone di cui ti fidi. Li hanno visti insieme, nel pomeriggio. Lei era ipnotizzata dal tuo poeta. Diceva a tutti che le avrebbe offerto ruoli importanti, e poi non puoi immaginare quando è venuta a sentire le prove in sala, con quanto sprezzo ha analizzato le strofe delle mie song. Diceva che era tutto troppo vecchio, scolastico, scontato. Quando le ho recitato qualche mio versetto a memoria, approfittando di un momento di tranquillità, lei lo ha letto con un’aria di sufficienza, squadrandomi da capo a piedi, nemmeno fossi una sua cameriera che le chiedeva il permesso di farle il letto, insistendo sul fatto che fossi troppo scontata, come le canzoni insulse che cantavo, e che dovevo staccarmi dai testi della tradizione, costruendomi un nuovo tipo di linguaggio, andando a lavorare in una fabbrica di scarpe, per esempio, o a fare la sarta, la cassiera, la lattaia, in modo da trovare riferimenti più consistenti. Chissà che faccia avrebbe fatto nel vederci avvinghiati, antipatica e presuntuosa com’è, poi. Sono sicura che non abbia letto una sola riga di poesia o di letteratura e intanto è stata designata come responsabile artistica dei testi per la redazione. Tu pensa dove siamo finiti, direttore. Ermetismo lirico – meglio onirico, direi. Sarebbe un sogno che l’ermetismo lirico ritrovasse di nuovo una sua dimensione nella nostra realtà così triste e ordinaria, ma non con certi personaggi, capisci? Ecco la tua pillola, intanto. Ingoiala in un sorso e vedrai che ti passa» mi disse, mentre ingoiavo in un sorso d’acqua la sua pillola magica, che mi restituì una calma profonda, liberatoria, insediandomi in un luogo misterioso, dove tutto era facile, ignoto, una sorta di lago montano attraversato da una luce fiabesca, aurorale. La camera della cantante diventò azzurra. Sentivo le voci degli ultimi clienti che sfumavano nel buio e si davano la buonanotte. Le porte si chiudevano a chiave. I loro passi lenti, sui tappeti, con i fruscii delle tende tirate e degli ultimi abbracci, che sfilavano nei segreti dei loro cuori e in una pace lontana, sconosciuta, che mi travolse senza speranza.

«E adesso Lara che cosa penserà di me? Mi sentirà direttore, marito, avvocato?» le domandai, mentre lei si provava nuovi abiti davanti a uno specchio.

«Ma questo non deve essere un tuo problema, direttore. Ti ho già detto che è ipnotizzata dal poeta, ma tu ti ostini a non credermi – … questo verde come mi sta, piuttosto? Guardami bene, Gustav, sto parlando con te. Puoi dirmi se questa collana intona bene col mio vestito, per favore? Devo essere impeccabile nel finale. Ma perché non mi ascolti?» 

Continua...

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