
Shine on – Tracce di luce sul Bryce Canyon
Serie: Viaggi in Controtempo
- Episodio 1: Shine on – Tracce di luce sul Bryce Canyon
- Episodio 2: Hurt – Ombre su Alcatraz
STAGIONE 1
Avevo sognato quel viaggio per anni: un itinerario che tagliava il cuore dell’America, tra deserti infiniti, città vibranti e strade che sembravano non finire mai. Il Bryce Canyon, però, non era in programma. È stata una deviazione improvvisata, una tappa decisa all’ultimo momento… e si è rivelata una delle più incredibili di tutto il viaggio.
Era settembre, un giorno qualunque di tanti anni fa, eppure uno di quelli che non si dimenticano. Quando arrivai all’ingresso del parco, il cielo era coperto di nuvole grigie. Nell’aria un sentore di terra bagnata e resina di pino. Piovigginava. “Ma chi me lo fa fare?” pensai. Che senso aveva avventurarsi nel canyon con quel cielo carico di pioggia?
Eppure, decisi di proseguire. Forse per curiosità, forse solo perché non mi andava di rinunciare. A volte ci pensi un secondo, poi scegli e vai. E quella scelta, per quanto piccola, può cambiare il corso della giornata… o magari qualcosa di più.
Presi il sentiero del Navajo Loop, che si infilava tra le rocce come una traccia scavata nel tempo. Più scendevo, più il canyon mi inghiottiva. L’umidità mi entrava nelle ossa. Intorno, un silenzio irreale, interrotto solo dal ticchettio delle gocce di pioggia che scivolavano lungo le pareti.
Gli hoodoo si alzavano tutto intorno a me, come vecchi guardiani. Colonne di roccia scolpite dal vento e dalla pioggia, modellate piano piano dal tempo. Ognuna con la sua forma strana, eppure tutte parte di un equilibrio che sembrava fragile ma in realtà era perfetto.
Rimasi lì a guardarli, affascinato. Chissà quanto tempo ci vuole per modellare la roccia così. Quanto serve perché qualcosa cambi forma senza rompersi? Pensai a me, a noi. In fondo, anche le nostre vite si modellano col tempo, plasmate dagli anni, dalle esperienze, dalle persone che incontriamo.
Quanti strati ci portiamo addosso? Sogni, promesse, illusioni. Segni di ferite e di guarigioni, speranze nutrite e cicatrici che non si vedono. Alcuni rimangono lì, incisi a fondo, impossibili da cancellare. Altri, invece, si consumano piano, come la roccia sotto la pioggia, come i ricordi che svaniscono senza che ce ne accorgiamo.
Eppure, alla fine, restiamo in piedi. Un po’ segnati, forse ammaccati, ma mai del tutto sconfitti. Il vento ci ha piegati, la pioggia ha cancellato qualche pezzo della nostra storia, ma siamo ancora qui. Siamo quello che abbiamo passato, le tempeste che abbiamo affrontato, il sole che ci ha scaldati e le notti che abbiamo superato.
Forse, proprio come gli hoodoo, è nelle nostre imperfezioni che sta la nostra vera storia. Nei segni che il tempo ci ha lasciato, nelle crepe che raccontano chi eravamo e chi stiamo ancora diventando.
Il colore della roccia era incredibile. Un rosso acceso, reso ancora più intenso dall’umidità, che spiccava contro il cielo grigio. Il contrasto era forte, quasi irreale. Ad ogni curva del sentiero, il paesaggio cambiava, come se il canyon volesse mostrarmi tutte le sue sfumature. E poi, all’improvviso, successe qualcosa.
All’improvviso, un raggio di sole bucò le nuvole. Prima appena accennato, poi sempre più forte, fino a illuminare le pareti con una luce calda. I colori esplosero: il rosso della roccia diventò ancora più acceso, il marrone si trasformò in rame, e tutto il canyon sembrò animarsi sotto quella luce improvvisa. Ogni cosa brillava, trasformata dal mix perfetto di sole e pioggia.
E proprio in quel momento, nella mia testa, iniziarono a suonare le prime note di Shine On You Crazy Diamond. Quel riff di chitarra, così sospeso e lontano, sembrava perfetto per il paesaggio davanti a me.
“Remember when you were young, you shone like the sun…”
Ed eccolo lì, il colpo di scena perfetto.
Quelle parole mi colpirono in pieno. Da giovani, si pensa di brillare per sempre, di lasciare il segno, di essere indistruttibili. Poi la vita fa il suo lavoro: ti modella, ti lima, ti smussa. Ti rendi conto che certe parti di te si consumano, che il tempo porta via pezzi che credevi indistruttibili.
Guardai il canyon davanti a me, enorme, antico, e pensai: “eppure è ancora qui.” Nonostante il vento, la pioggia, il freddo, ha resistito. È cambiato, si è trasformato, ma non è sparito.
Forse funziona così anche per noi. Magari non perdiamo davvero pezzi, magari cambiamo senza neanche rendercene conto. Forse non è che ci sgretoliamo, semplicemente ci trasformiamo.
Mi fermai un attimo, trattenni il respiro. In quel momento, non ero solo un turista in un parco. Facevo parte di quel paesaggio, un pezzo di qualcosa di più grande. Proprio come gli hoodoo, anche io ero stato modellato dal tempo, dalle esperienze, dalla vita che, un po’ alla volta, mi aveva cambiato.
Il tramonto arrivò senza far rumore. Il cielo iniziò a tingersi di viola, mentre le ombre si allungavano, facendo sembrare le rocce ancora più maestose. Era ora di andare.
Con un po’ di dispiacere, ripresi il cammino. Ma qualcosa dentro di me era cambiato. Il canyon mi aveva lasciato un segno, anche se non sapevo bene quale. Mentre percorrevo l’ultimo tratto del sentiero, la parte strumentale della canzone continuava a risuonarmi in testa, come un’eco che non voleva andarsene.
“Come on, you stranger, you legend, you martyr, and shine!”
Non era solo un ricordo. La terra rossa, ancora umida per la pioggia, si era incollata ai miei stivali e ai vestiti, come a voler restare con me. Forse perché, alla fine, non ero stato solo io a camminare nel Bryce Canyon. In un certo senso, era stato lui a passarmi attraverso.
Serie: Viaggi in Controtempo
- Episodio 1: Shine on – Tracce di luce sul Bryce Canyon
- Episodio 2: Hurt – Ombre su Alcatraz
Mi è piaciuto tantissimo il modo in cui affronti il tema del viaggio: luogo fisico, ma anche dell’anima. Molto bravo.
Grazie di cuore, sono felice che il messaggio sia arrivato così chiaramente.
“Forse, proprio come gli hoodoo, è nelle nostre imperfezioni che sta la nostra vera storia.”
Bellissima
Emozionante! Grazie per questa magica avventura nel Canyon❤️ Mi hai fatto venire voglia di visitarlo.
“Forse, proprio come gli hoodoo, è nelle nostre imperfezioni che sta la nostra vera storia. Nei segni che il tempo ci ha lasciato, nelle crepe che raccontano chi eravamo e chi stiamo ancora diventando.”
Questo è il passaggio che preferisco
Complimenti! Mi piace che il punto di vista sia interno, la lettura è molto immersiva. Hai gestito molto bene la focalizzazione: parti dall’alto, per scendere più nel dettaglio per poi allargare la visione. Scrivi molto bene👏
Grazie per le tue parole! Mi fa davvero piacere che tu abbia colto la focalizzazione e il movimento dello sguardo: dall’alto al dettaglio, e poi di nuovo all’insieme. È un’esperienza che ho vissuto davvero, e raccontarla in modo immersivo era per me l’unico modo autentico per restituirne la profondità.
Grande inizio, con grande stile di scrittura limpida sul tema del viaggio che, essendo credibile nella narrazione, permette anche al lettore di partire, vagando ed esplorando da fermo i luoghi descritti, e ascoltando i pensieri dell’autore/viaggiatore. E attraverso le sue riflessioni, scoprire anche qualche aspetto umano profondo che ci permette di interrogarci o di specchiarci.
Grazie di cuore per il tuo bel commento. Mi fa davvero piacere sapere che il mio modo di raccontare ti ha fatto viaggiare, anche solo con la mente. Se attraverso le mie parole sei riuscita a esplorare luoghi e pensieri, e magari a ritrovare qualcosa di te, allora il mio intento è riuscito. Grazie ancora!
“Remember when you were young, you shone like the sun”
…now there’s a look in your eyes, like black holes in the sky…
Eh sì, quello che solo in apparenza è un viaggio attraverso attraverso luoghi geografici, si rivela in realtà un viaggio ben più profondo, dentro di sè.
Grazie per il commento Sergio. Mi fa molto piacere che tu abbia colto così bene lo spirito del racconto.