Signore, mi può aiutare?

Serie: Nel Tunnel


Nel buio denso e umido di una galleria di una vecchia linea ferroviaria dismessa puoi trovare di tutto...

Non mi accorsi subito delle voci. Le sentii, ma era un fatto talmente strano da farmi pensare che le avessi solo immaginate. Continuai a camminare finché udii di nuovo quelle che adesso interpretavo come chiare richieste di aiuto, difficili da ignorare questa volta. Non che avessi un udito perfetto, anzi! Il mio hobby era sempre stato la musica e suonare una sera alla settimana con un gruppo rock mi aveva fatto dire addio alla percezione dei suoni più acuti, e a meno di venticinque anni era una situazione che iniziava a preoccuparmi.

Mi fermai e per qualche secondo smisi di respirare. Il silenzio era quasi perfetto. L’unico suono che si percepiva era il gocciolio da una parete, probabilmente una piccola sorgente che riusciva a filtrare attraverso il cemento e la pietra.

«Signore, mi può aiutare?»

«Siamo qui dentro, ci aiuti per favore! Ci aiuti a uscire: fa freddo!»

A parte quelle voci.

Fuori, il gioco tra il sole e le nuvole dipingeva il paesaggio con veloci cambi di luce. Il clima autunnale in questa zona dà il meglio di sé, quasi come se dovesse ricordarci di approfittarne prima dei lunghi mesi freddi.

Fuori, certo: perché dentro la galleria io non potevo vedere il minimo raggio di luce. Avevo provato a spegnere la torcia e il buio era diventato denso e pesante come un telo che mi opprimeva. Il percorso della galleria ferroviaria, ormai in disuso, era praticamente rettilineo tranne alle due estremità, dove due ampie curve impedivano alla luce diurna di raggiungere le parti più interne. In ogni caso la lunghezza del tubo di cemento e pietra avrebbe solo permesso di vedere due punti luminosi, da un lato e dall’altro, quasi oscurati dalle barriere installate per evitare che qualcuno decidesse di giocare al giovane esploratore, e che evidentemente servivano a poco.

La linea ferroviaria, ormai dismessa come dicevo, era stata inaugurata negli anni ’20, nel 1923 se non sbaglio. Era una linea a binario singolo, non sufficiente a gestire il traffico neppure subito dopo la realizzazione, per cui negli ultimi anni era stata sostituita da una linea più efficiente, che collegava le città e i paesi più importanti correndo quasi totalmente sotto le montagne dell’entroterra. Treni più veloci e moderni, tempi di percorrenza praticamente dimezzati. Ma chi aveva vissuto il treno sulla vecchia linea aveva il ricordo di paesaggi che lo avevano ripagato della maggiore durata del viaggio.

Ma sto divagando…

«Ehi!» Dovetti schiarirmi la voce prima di riuscire a pronunciare una sola sillaba. Anche le gambe facevano fatica a rispondere ai miei comandi e rischiai di cadere più di una volta inciampando nelle vecchie traversine di legno e nelle pietre che le tenevano al loro posto.

«Ehi!» Era difficile formulare altri suoni.

«Chi siete? Dove siete? È uno scherzo?» Nulla. Solo il rumore delle gocce dalla parete. Sentivo un forte formicolio sulla pelle dietro la nuca e appena più in basso.

«Parlate di nuovo, non vi sento più, non so dove cercarvi…» La mia voce aveva una tonalità più alta del solito, ma mi sforzavo di farmi sentire tranquillo; se fosse stato uno scherzo almeno ne sarei uscito con un po’ di onore.

A tutti può capitare di avere qualche allucinazione! Soprattutto in situazioni quasi irreali, come quella in cui mi trovavo in quel momento. Le giornate trascorse da solo davanti a un monitor e una tastiera e gli alcolici del dopo-cena, per non parlare degli aperitivi, di sicuro contribuivano ad alimentarle. Cercai di rilassarmi rallentando il ritmo del mio respiro.

«Sono qui» questa volta l’avevo sentita bene: la voce era più vicina e la mia paura crebbe quanto mi resi conto che era una voce molto giovane, di un bambino o una bambina. O entrambi.

«Vogliamo uscire! Vogliamo tornare a casa!» Supplicarono le voci.

La sensazione di formicolio divenne fortissima e la consistenza gelatinosa dei muscoli delle gambe mi costrinse ad accovacciarmi per qualche istante.

«Chi sei? Chi siete? Ditemi i vostri nomi e continuate a parlare altrimenti non riesco a capire dove cercarvi. E molto buio qui!»

Mi alzai con grande fatica e iniziai a illuminare le due pareti con la torcia. Era difficile capire da dove provenissero le voci a causa del riverbero dei suoni all’interno del tunnel.

Mi spostai verso una parete cercando qualche nicchia, muovendomi avanti e indietro di qualche passo. Le voci mi chiamavano ancora e potei udirle per un attimo in modo molto più chiaro. Mi fermai e feci scorrere il fascio di luce della torcia sulla parete da dove adesso sentivo provenire le richieste di aiuto.

E finalmente trovai la piccola apertura sul muro, una finestrella dai bordi irregolari, un semplice tassello smosso dal muro di pietre e cemento.

Non era la prima volta che percorrevo la galleria. Era molto lunga, circa due chilometri e mezzo, e negli ultimi tempi era stata la meta di molte incursioni di curiosi, soprattutto da quando si era saputo che i lavori di smantellamento definitivo della vecchia linea sarebbero iniziati entro pochi mesi. Al suo posto sarebbe sorta la prima parte di una pista ciclabile che entro qualche anno avrebbe collegato molti paesi e borghi del litorale, una manna per la rinascita turistica di luoghi molto belli, ma non trattati con rispetto soprattutto negli ultimi decenni.

La galleria sarebbe diventata parte del percorso: messa in sicurezza, illuminata e dotata punti da cui poter chiamare i soccorsi in caso di necessità; un’oasi di fresco nei caldi mesi estivi. Ma non sarebbe stato più un tunnel da esplorare, semplicemente una normale attrazione turistica.

Più di una volta avevo attraversato tutta la galleria per uscire dal lato opposto, anche se nell’ultima parte il terreno sconnesso (alcune parti di rotaia erano state divelte) rendeva difficile il passaggio, per quanto quella parte ricevesse la luce del giorno.

Nell’ultimo periodo avevo più tempo a disposizione per le mie esplorazioni; stavo ultimando la redazione della tesi di laurea e avevo deciso di spostarmi nella seconda casa di famiglia, per restare da solo e poter lavorare senza distrazioni. Le mie giornate erano scandite da ritmi molto regolari: sveglia alle otto, colazione, lavoro sulla tesi fino a mezzogiorno. Pranzo veloce, ripresa del lavoro fino a metà pomeriggio. Poi un paio di ore di camminata fino al paese, oppure in spiaggia, ma più spesso lungo la vecchia linea ferroviaria. Nel tardo pomeriggio una breve sosta per l’aperitivo in un locale sul lungomare, poco più che accettabile, ma in quel periodo dell’anno non c’era una grande possibilità di scelta. Seguiva la cena, spesso a casa, talvolta nello stesso locale, Per concludere con un cognac o un whisky… molto spesso entrambi e difficilmente al singolare. Nei fine settimana veniva a trovarmi quella che all’epoca era la mia ragazza: lei si sarebbe laureata l’anno successivo, se tutto fosse andato secondo i piani. Così il sabato e la domenica uscivo un po’ dalla routine: meno ore di lavoro sulla tesi, meno esplorazioni ferroviarie. Restavano gli aperitivi e tutto il resto. L’avevo portata un paio di volte all’interno del tunnel, ma non ne era rimasta entusiasmata, per usare un eufemismo: la scusa era un leggero senso di claustrofobia.

Sto divagando di nuovo? Credo di sì…

Ero stato spesso dentro il tunnel, quasi sempre da solo, talvolta insieme ad altri intrepidi esploratori, amici temporanei conosciuti durante il mio soggiorno. Avevo trovato di tutto all’interno, ma non avevo mai notato feritoie o finestrelle o semplicemente pietre smosse dalla parete che potessero far pensare ad ambienti nascosti e segreti al di là del muro. A dire il vero c’erano quattro porte di ferro, due su una parete e due sull’altra, a circa un terzo e due terzi della lunghezza della galleria. Quelle le avevo notate, e avevo anche provato ad aprirle: chiuse, sprangate, tranne una che rivelava un locale di pochi metri, una sorta di ripostiglio per gli attrezzi ora vuoto o un ambiente di sicurezza per gli operai della manutenzione. Mi ero ripromesso di portare qualcosa con me per tentare di aprire le altre porte.

Ma dov’era la porta per entrare in quello spazio da cui uscivano le voci?

Serie: Nel Tunnel


Avete messo Mi Piace5 apprezzamentiPubblicato in Horror

Discussioni

  1. Bello! Hai un modo di scrivere un po’ simile al mio, mi sembra. Un po’ descrittivo, un po’ riflessivo, e un po’ narrativo.. ti adatti molto facilmente e molto bene da un tipo di sequenza all’altro. Sono curioso anch’io di scoprire quella porta.

  2. Il tunnel inquieta. Ti inghiotte. Ma affascina. Nel leggere questo racconto mi sono ritrovato…dentro quel tunnel. Suspense e desiderio di esplorazione sono due ingredienti ben amalgamati.