
Sono arrivato
Serie: Una strana città
- Episodio 1: Sono arrivato
- Episodio 2: Chi sei?
- Episodio 3: Il mio secondo giorno
STAGIONE 1
Tra quelle strade il tempo sembrava essersi fermato. Pochi lampioni d’ottone riempivano di una luce fin troppo fioca la stretta stradina acciottolata che costeggiava l’intera cittadina. Nella sua interezza la strada andava a formare un cerchio di circa sei chilometri che si allungava in più direzioni creando sei stretti sentieri. Da quei sentieri era possibile raggiungere qualunque angolo della città, cimitero compreso. Le case erano appoggiate le une alle altre, ma senza rispettare alcuna logica estetica se non la monocromia creata dal grigiore delle pietre di cui erano fatte.
Per questa ragione la notte rendeva quelle strade assai simili e orientarsi diventava complicato. In fondo non sarebbe servito a molto: era insolito vedere forestieri da quelle parti. L’unico treno di passaggio aveva cadenza mensile. E nessuno se ne era mai lamentato. I pochi residenti si contavano sulle punte delle dita. Non era difficile incontrarli, ma apparivano sfuggenti e poco propensi al dialogo. Come faccio a saperlo? Circa un mese fa ebbi la pessima idea di spostarmi dalla mia città e dirigermi più a valle in cerca di lavoro. Pensai fosse una buona idea. A trent’anni era giunto il momento di tentare la via del successo. In verità il mio bagaglio di esperienze era assai scarso: un diploma di perito informatico e una promettente carriera da dog sitter stroncata sul nascere da un pitbull sociopatico che aveva scambiato il mio sedere per uno di quei giocattoli da masticare per rinforzare i denti. Per questa ragione decisi che non mi sarei trasformato in un trastullo per cani nevrotici e che avrei tentato la sorte. Del resto abitavo in una cittadina anonima e di poco conto che non aveva nulla da offrire se non le solite chiacchiere politiche e bisticci calcistici. E questa fu la ragione che mi costrinse ad accontentarmi dell’unico treno che scendeva a valle: questo treno. Del resto nemmeno la mia città contava di una viabilità efficiente.
All’inizio rimasi affascinato da questo posticino così caratteristico, tanto che decisi di scendere dal treno e cercare un piccolo locale dove consumare un pranzo veloce. La sosta forzata sarebbe stata di circa tre ore. Non ne capii la ragione, sul treno eravamo solo in otto. Ma, come me, anche gli altri passeggeri decisero di approfittare di quella sosta e impiegare diversamente quelle tre ore di attesa. Io iniziai a percorrere la strada principale, quella che appunto girava in tondo. Me ne resi conto quando per la seconda volta passai davanti a una piccola taverna. Ricordo ancora il nome: “La Coppa del Re”.
A quel punto ero stanco e decisi di entrare. Il locale era molto confortevole anche se, a giudicare dall’aspetto assai malandato della facciata non l’avrei dato per scontato. Appoggiai la mia valigia vicino al tavolo che avevo scelto e attesi. Attesi anche troppo e, non vedendo nessuno arrivare, mi alzai e mi diressi verso una porta che ero convinto conducesse alle cucine. Ma con mio stupore oltre quella porta vidi solamente un’accozzaglia di cianfrusaglie e i resti di quella che un tempo sarebbe dovuta essere la cucina di quel locale. Ma la ruggine e la sporcizia indicavano che lì, da anni, nessuno aveva più cucinato un pasto. Quando attraversai nuovamente la porta, rimasi scioccato. La sala, dove avevo preso posto, era completamente diversa: le sedie apparivano più vecchie e sporche, con le imbottiture che fuoriuscivano dalle federe smangiate, come fossero state masticate dai ratti, i tavoli erano coperti da uno spesso strato di polvere e le lampadine sul soffitto rotte. L’unica fonte di luce, che illuminava l’interno del locale, proveniva dai lampioni sulla strada. Istintivamente cercai con lo sguardo il tavolo a cui ero seduto e, rincuorato, vidi che la mia valigia si trovava dove l’avevo lasciata. Avvicinandomi notai che anche la sedia su cui mi ero seduto era assai malconcia, proprio come le altre, eppure la ricordavo pulita e in ottime condizioni. Non riuscivo a dare una spiegazione logica a ciò che credevo essere accaduto, ma colto da una sensazione di smarrimento decisi di recuperare la valigia e uscire. Fu in quel momento che pensai di essere vittima di una qualche specie di stato confusionale. La notte più nera che avessi mai visto era scesa eppure, quando ero arrivato, il sole era ancora alto. Venni colto dall’ansia e cominciai a correre in direzione della stazione.
Serie: Una strana città
- Episodio 1: Sono arrivato
- Episodio 2: Chi sei?
- Episodio 3: Il mio secondo giorno
Personalmente adoro queste ambientazioni solitarie e surreali (non si direbbe dai pochi librick che ho pubblicato qui..) e qui sei riuscito a renderne giustizia con una buona efficacia. Mi sa che il nome di quel locale avrà un ruolo importante. Vado a leggere la seconda parte.
Piaccono molto anche a me, offrono molti spunti. Ogni luogo avrà un ruolo.
“se non le solite chiacchiere politiche e bisticci calcistici.”
Una delle nostre piaghe italiane 😂
Mi sembrava divertente e più informale descrivere un luogo attraverso le abitudini della gente. Potrebbe essere una città qualunque dato che ormai gli argomenti che caratterizzano ogni singola realtà sociale sono solo quelli: purtroppo!
“e una promettente carriera da dog sitter stroncata sul nascere da un pitbull sociopatico che aveva scambiato il mio sedere per uno di quei giocattoli da masticare per rinforzare i denti.”
Questo passaggio mi è piaciuto
Volevo caricare un po’ la descrizione del personaggio giocando con i suoi drammi esistenziali, in quel tratto mi sono lasciato andare “leggermente”… Ho scritto di getto mentre immaginavo la scena e poi, dato che mi faceva ridere, l’ho lasciata così com’era.
Hai fatto benissimo, è scritta bene!
Come detto da altri una partenza molto promettente. Bella la descrizione del piccolo borgo e del senso di solitudine che trasmette.
Poi il salto temporale che mi spinge a proseguire con la lettura del prossimo episodio…
Grazie per avere letto. Adoro i piccoli borghi e durante qualche viaggio ho avuto modo di apprezzare certe strutture urbanistiche che si avvicinano molto a quella che ho descritto qui. E l’atmosfera risultava abbastanza sinistra, specialmente la sera. Spero di riuscire a scrivere gli altri episodi in tempi brevi.
A volte, sono i commenti degli altri a spingermi verso una storia, stuzzicando la mia curiosità.
Affascinante questo primo episodio e la descrizione del misterioso paesino. Temo che per il protagonista non sarà semplice andarsene.
Continuerò volentieri la lettura.
Grazie, gentilissima. Sì, in effetti accadranno un po’ di fatti strani.
Hai in cantiere una storia adrenalinica. Il passaggio tra una realtà con un’ identità definita a una in pieno decadimento ha stuzzicato la mia immaginazione. Tutto l’incipit è molto immersivo e ordinato. Parti da una visione ampia della scena, stringi sul locale e infine sul protagonista. Una buona idea 👍 👏
Non so nemmeno io cosa scriverò, esattamente, l’idea generale c’è, ma devo ancora metterla su carta. Grazie sempre per avere letto!
Davvero curioso questo incipit che promette una storia originale. Ho visto che come genere hai indicato ‘narrativa’, ma mi chiedo ‘ne siamo sicuri’? La tua bellissima penna ci ha abituati ad altro.
Ciò che mi è particolarmente piaciuto di questa parte è l’inizio: molto intensa la descrizione del paesaggio. ‘Le case erano appoggiate le une alle altre’. Sembra di vederle. Seguirò volentieri la tua serie.
Ciao Cristiana, infatti non rientra nel genere narrativa, il mio dito deve aver deciso per me. Adesso correggo. Grazie per avere letto, spero di riuscire a mantenere questa atmosfera da piccola città misteriosa. A presto.