STS-3xx Launch On Need

Columbia vola capovolta e di coda, nebbia azzurra separa il margine della sfera terrestre dall’oscurità. Con un dito percorro la cornice del finestrino di prua, l’oceano Indiano, 285 km più in basso, mi toglie il respiro. La Terra è un gran bel posto dove essere nato.

Stropiccio gli occhi con le nocche delle dita. Resta concentrato Willie.

Rick entra sul ponte di volo e si infila al suo posto, il sedile di sinistra.

«Check dei propulsori di controllo orbitali?»

«Terminato Comandante. Motori RCS go.»

«Ho avvertito cinque lievi vibrazioni, hai corretto l’assetto?»

«No, ma i propulsori Vernier hanno stabilizzato la velocità orbitale.»

«Molto Bene.»

Slaccio le cinture, la microgravità mi solleva come una piuma.

Infilo il raccordo con il ponte intermedio e mi dirigo verso l’Hab. Balzo fuori dal portello, rannicchio le gambe in una capriola e saluto a dita aperte nella videocamera maneggiata da Dave.

«Sei un bambinone! Guarda qua.»

Mi porge la videocamera.

«Niente male come acrobazia!»

Accendo il registratore per il rapporto sul comportamento dei topi.

«Quinto giorno. Soggetto R5. Il soggetto dimostra un ottimo adattamento alla microgravità. Assenza di anomalie al sistema vestibolare, appetito norm—»

«Willie, Mike, Dave sul ponte.»

C’è urgenza nella voce di Rick.

Pigio sul tasto off del registratore.

«Blue team in arrivo Comandante.»

Sul ponte c’è già la squadra rossa: KC, Laurel e Ilan.

KC sposta con una spalla la stazza di Dave che la sovrasta, le punte delle treccine svirgolano all’insù.

«Che succede Comandante?»

Rick abbozza un sorriso. Gira lo sguardo intorno, ci pensa su.

«Abbiamo un problema. Giù a Houston hanno analizzato il video del decollo.»

Fa una lunga pausa.

«Si è staccato un pezzo di schiuma isolante dal serbatoio esterno.»

Mike alza le braccia, si aggancia al soffitto.

«Normale….»

«Si, succede quasi ogni lancio. La questione è: dove è finito il pezzo di schiuma.»

Di nuovo una pausa.

«Senza troppi giri di parole, abbiamo un bel buco sul bordo anteriore dell’ala sinistra. Sono volate via parecchie piastrelle dallo scudo termico. Il rischio è che l’orbiter…»

«Che l’orbiter esploda in fase di rientro.»

Seduto su una sedia immaginaria, con le braccia conserte, Ilan termina la frase.

Laurel si ritrae contro l’intrico di cavi della paratia di sinistra.

Faccio l’occhiolino a Dave.

«Andiamo fuori, verifichiamo e ci mettiamo una pezza. Tu ed io. Che ne dici?»

Come risposta mi guarda e si picchietta tre volte l’indice sulla tempia.

Rick chiude la discussione.

«È inutile fare supposizioni senza immagini. Sono annullate tutte le attività scientifiche.»

Infilato nella cuccetta ascolto Imagine. I cervelloni della NASA promettono di inviare un satellite militare a monitorare lo squarcio. I satelliti spia volano in un’orbita molto più alta, l’anidride carbonica ci farà soffocare prima che trovino una soluzione.

Le parole di Lennon come una ninnananna No hell below us. Above us only sky. Imagine…Le fasce di contenimento mi assicurano alla cuccetta, si abbassano le palpebre, spero di sognare una notte in campeggio.

Sono nella foresta. Una salsiccia sfregola sulla brace, scintille nel buio sfarfallano nella brezza, il profumo della carne mischiato all’odore del fumo impregna l’aria…

«Willie, svegliati. Riesci a dormire in questa situazione di merda?»

Uno scossone mi ripiomba nella cuccetta, sul Columbia con il suo buco nell’ala sinistra. Ho ancora nelle narici il fumo e il grasso della salsiccia.

Il faccione rubicondo di Dave a dieci centimetri dal mio naso.

«Houston ha analizzato altre immagini.»

Arrivo per ultimo sul ponte intermedio, l’intero equipaggio è già disposto a semicerchio intorno a Rick.

«Il Controllo Missione ha analizzato le immagini del telescopio AMOS.»

«Chi ha avuto questa idea è un genio!» Sbotto.

«Si Willie, è stata un’idea di John. Ha chiesto al Controllo Missione di farsi inviare le immagini di AMOS, Hawaii.»

John Young, il mio mito di sempre. Settantadue anni suonati. L’unico ad aver volato con il Gemini, l’Apollo e lo Shuttle.

Le immagini confermano l’entità del danno.

Ilan fa un saltino, tocca con la testa il soffitto e ridiscende ancorandosi al braccio di Mike.

«Aspettiamo o inventiamo qualcosa noi?» Annuisco in direzione di Ilan.

Non possiamo raggiungere la Stazione Spaziale, troppo bassi e troppo poco carburante.

Tento di rassicurare i miei compagni.

«Staranno escogitando qualcosa. Vi ricordate l’Apollo13?»

«Columbia commcheck….»

Rick avvicina le labbra al ricevitore.

«Controllo, vi sentiamo forte e chiaro.»

«Columbia, vi mandiamo Atlantis. Risparmiate il fiato, contiamo di inviarla entro due settimane.»

Hanno trovato degli squinternati pazzi furiosi!

«Manderete qualcuno con l’unità di manovra delle tute per riparare l’ala?»

«Negativo Columbia. I propulsori sparerebbero via quel qualcuno insieme alle piastrelle e tanti saluti. Veniamo a prendervi.»

Ci guardiamo l’un l’altro.

«Controllo, composizione dell’equipaggio?»

«John Young, Jim Voss, Mic Gernardt e Paolo Nespoli. Nespoli è un pivello ma è qualificato per l’utilizzo del braccio. Jim e Mic hanno all’attivo la bellezza di 7 EVA in due. Per quanto riguarda John…lo sapete, non si rassegna alla pensione.»

«Columbia, qui Atlantis. Manovra di avvicinamento.»

«Roger Atlantis, ti sentiamo forte e chiaro John.»

Rick ed io siamo seduti ai comandi, la sagoma dell’Atlantis davanti ai nostri occhi.

«Ancora pochi metri e vi saluterò dal finestrino.»

John è sempre lo stesso dai tempi del Gemini 3, portò a bordo un panino, illegalmente, le briciole invasero l’abitacolo e fece incazzare quelli della NASA.

Distinguiamo John e Paolo attraverso i finestrini di prua. John aziona i razzi Vernier, attento a non far urtare le due code degli orbiter. Precisi come lame gli schizzi tagliano il vuoto l’Atlantis ruota piano e si posiziona ad angolo retto rispetto al Columbia, le due stive con i portelloni aperti pochi metri una sopra l’altra.

Nespoli comanda al braccio robotico di stendersi. Siamo agganciati. Rick si volta verso di me.

«Ora vai Willie, ci penso io qui.»

Abbasso il mento con uno scatto.

«Sissignore.»

Jim e Mic posizionano un palo estensibile tra le due stive e lo utilizzano per trasbordare quattro tute pressurizzate sul Columbia. Aiutati da Mike e Ilan indossiamo le nostre EMU. Ci incastriamo nell’airlock ed usciamo.

«KC e Laurel passano per prime.»

«Copy, Columbia.»

Le voci di John e Rick arrivano attraverso il ricevitore del casco. I miei respiri si fanno sempre più frequenti, i battiti elevati.

KC e Laurel sbucano dal portello. Una dopo l’altra si calano nella stiva dell’Atlantis.

È il turno di Mike e Ilan, ce la fanno.

Jim e Mic restituiscono una delle tute per Rick. Siamo rimasti in tre sul Columbia. Il Comandante uscirà per ultimo.

Fatico a respirare, la nuca è fradicia. Qualcosa galleggia dentro al casco, vola davanti agli occhi una bolla trasparente.

«Willie! Rientriamo, subito! Hai del liquido nel casco!»

La voce di Dave attraverso il comunicatore arriva a tratti. Le bolle diventano due poi tre poi si fondono. Boccheggio in cerca d’aria, la vista mi impedisce di individuare il portello dell’airlock. Ingoio liquido, annego nello spazio. Dave mi afferra per un braccio, mi traina verso l’airlock. Apre il portello esterno, mi spinge dentro per la testa come un pupazzo. Sugli occhi cala il buio.

Tossisco, la testa e il busto liberi dalla tuta. La realtà torna piano piano al suo posto, metto a fuoco le facce di Dave e Rick.

Il sistema di raffreddamento della EMU è andato.

Non ci vorrà molto prima che il Columbia perda l’assetto, Dave e Rick devono andarsene, subito.

«Resto io. Portatemi l’ultima EMU rimasta su Atlantis. Non abbiamo alternative Comandante.»

Rick fa un rapido esame della situazione. Ho le gambe ancora infilate nella tuta guasta, i capelli appiccicati in un cocktail di sudore e liquido di raffreddamento, parlo interrotto da colpi di tosse.

«Va bene Willie, prendi i comandi.»

Dave sblocca il portello interno e lo spinge verso l’alto, fanno per infilarsi nel boccaporto, raddrizzano il busto come possono, portano la mano destra guantata al casco nel saluto militare e scompaiono inghiottiti dall’airlock.

«Columbia, Atlantis che succede?»

É Jim.

«Atlantis, avaria in corso. Ci serve l’altra EMU.»

«EMU in arrivo.»

É presto per abbandonare la Nave. Sganceremo il braccio, Columbia precipiterà nell’atmosfera disintegrandosi come una stella cadente.

Sono solo, al posto di comando, il mio primo comando. L’avevo immaginato diverso.

Fremiti percorrono la fusoliera, Columbia vibra agli ultimi cinque brevi impulsi dei Vernier. Sembra viva. Fuori dai finestrini di prua, il sole tramonta dietro i contorni sfumati dell’atmosfera.

Indossare la EMU in autonomia non è facile. Dopo un paio d’ore riesco a raggiungere la stiva. Atlantis si scaglia contro l’oceano Indiano, ricamato dal chiaro scuro delle correnti. Oltre la curva dell’orizzonte bordata di nebbia azzurra, l’oscurità. La Terra è proprio un bel posto dove essere nato.

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Missione STS-107, Space Shuttle Columbia

Lancio: 16 gennaio 2003

Atterraggio: non avvenuto. Orbiter distrutto a 16 minuti dal rientro, 1 Febbraio 2003.

Equipaggio:

Rick Husband. Comandante

William ‘Willie’ McCool. Pilota

David Brown. Specialista di Missione, Medico

Kalpana ‘KC’ Chawla. Specialista di Missione, Ingegnere aerospaziale

Michael Anderson. Specialista di Missione, Fisico

Laurel Clark. Specialista di Missione, Medico (sui sommergibili)

Ilan Ramon. Specialista di Missione, Aviazione militare israeliana

Durata missione:

15 giorni, 22 ore, 20 minuti, 32 secondi.

Dopo le indagini da parte della commissione di inchiesta (CAIB-Columbia Accident Investigation Board), fu istituito il programma STS-3xx (Launch On Need) che prevedeva una seconda navetta sulla rampa e pronta al lancio in caso si fosse resa necessaria una missione di recupero. Le missioni LON non sono mai state effettuate.

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Discussioni

  1. Difficile commentare questo testo per me, lo confesso. L’idea è davvero molto, molto bella.
    “Commovente” sarebbe forse la parola giusta.

    Ho letto tre volte e ti devo dire, Clara, che non è stata una passeggiata. Intendo che il dialogo è, secondo me, troppo serrato e ho fatto fatica a concentrarmi.

    Che tu sia davvero brava, Clara, è assodato. Lo dico ovviamente con massima umiltà. Vedo che i commenti sono più che positivi e meritati e intuisco, senza dubbio, l’impegno notevole a monte e anche l’ottimo lavoro. Ma la resa, per il mio modesto parere, non è ottimale e non si tratta di bravura, non ti sfiori minimamente il sospetto.

    Comprendo, ovviamente, come descrivere momenti concitati, in un contesto che non ci è peraltro familiare, sfiori l’impresa epica. Forse, degli intermezzi più lunghi aiuterebbero. Non saprei, onestamente.

    Nell’introduzione, tra Oceano Indiano e prua, bisognerebbe spezzare, magari con due punti. Credo sia una dimenticanza.

    Nel complesso, idea fantastica sviluppata bene, per un compito davvero arduo.

    Con il massimo mio apprezzamento per questo difficile lavoro e il tributo allo sfortunato equipaggio.

    1. Grazie mille Roberto, i consigli sono sempre molto apprezzati! Forse avrei dovuto rallentare un po’ il ritmo ma ti confesso che il ritmo elevato era proprio quello che volevo trasmettere… nello spazio e in quella situazione credo non ci sia molto tempo per dialoghi o descrizioni lunghe. Ho voluto “salvarli” anche se solo in una breve ucronia. Grazie ancora

  2. Ciao Clara, un bellissimo racconto che mi ha fatto tornare alla mente le immagini di quella missione, quando ero bambino e ricordo quei momenti terribili. Hai descritto attimi concitati con dovizia di particolari molto belli, e poi ho sorriso quando ho letto di Nespoli. L’ho sentito ad un intervento un paio d’anni fa sull’importanza di tornare sulla Luna e di attrezzarla come base di lancio per Marte. Sarebbe molto interessante e bello poter realizzare questa nuova esplorazione spaziale.

  3. Ricordo il disastro del Columbia, ero in seconda media.
    Più che altro mi hai fatto venire in mente Giulia Bassani, una ragazza di Torino soprannominata da tutti “Astro-Giulia”. Ricordo che aveva sottovalutato il mestiere di scrivere e aveva pubblicato un libro con la casa editrice Betelgeuse ma quando le chiesi di questa realtà me ne parlò male

    1. Di quale realtà? Se parliamo di quanto siano stati importanti le missioni degli Shuttle … beh basta sapere che la ISS è stata costruita grazie a loro. Se poi parla di altre cose non so

    1. Grazie! Ho passato tutta l’adolescenza a fare modellini degli shuttle e guardare tutti i servizi televisivi.
      Era una macchina straordinaria, troppo avanti per i suoi tempi. Avrebbe avuto bisogno di investimenti molto più onerosi per diventare davvero sicura. In ogni caso è stata la prima astronave ad essere riutilizzabile. A pensarci, ancora oggi solo nella fantascienza una navetta con equipaggio parte come un razzo, orbita come un’astronave ed atterra su una pista come un aereo (anche se è più corretto come un aliante perchè nonostante la sua stazza atterrava con i motori spenti…)

  4. Molta malinconia nel leggere questo racconto ed immaginare un epilogo diverso alla vicenda del Columbia. Grazie per aver voluto omaggiare l’equipaggio di quella sfortunata missione.

    1. Grazie a te Sergio. Si ho voluto ricordare la missione STS-107 ed il suo equipaggio. A febbraio è stato il ventesimo anno dalla tragedia del Columbia. Ho letto molto su come andarono le cose, praticamente mi sono letta quasi tutta la relazione della commissione di inchiesta. In quegli anni la NASA sottovalutava molto i rischi dei lanci degli shuttle…