
Succo al mirtillo
Michele è seduto all’interno di un bar dai muri bianchi con decorazioni nere e lampade a sospensione in stile industrial che pendono dal soffitto. Guarda fuori dalla finestra con la testa poggiata sul palmo della mano, mentre all’interno del locale i camerieri sfilano tra i tavoli con cocktail e taglieri di salumi e formaggi.
I commensali sono animati: chi festeggia un esame andato bene, chi vuole dimenticare la tremenda giornata passata al lavoro e chi invece si gode un momento con gli amici.
Michele prende il telefono ed accende lo schermo: sono le 18:47, nessuna notifica. Sullo sfondo c’è una foto che ritrae lui, sorridente con una camicia viola, occhiali a specchio e dei pantaloni bianchi, insieme ad una ragazza appoggiata sulla sua spalla che fa la linguaccia con indosso un vestito lungo azzurro, con i suoi capelli ricci mossi da una brezza. Erano ad una festa anni ’70.
Michele poggia il telefono sul tavolino e chiama la cameriera, che subito si avvicina estraendo il taccuino: “Ha deciso cosa vuole ordinare?”
“Sì, può portarmi un americano. Grazie”
Qualcuno entra dalla porta d’ingresso. Un ragazzo un po’ in carne dal viso simpatico, indossa una felpa grigiastra e un jeans sbiadito.
“Giusto in tempo” dice Michele nel vederlo per poi tornare a rivolgersi alla cameriera “stavo prendendo un caffè” lei sostituisce l’ordine senza commentare.
“Io prendo un succo di frutta al mirtillo” ordina il ragazzo dal viso simpatico.
“Come va, Ste?” chiede Michele con un sorriso.
“Non c’è male, ti sei tagliato i capelli?” domanda l’altro strizzando leggermente gli occhi.
“Sì, qualche minuto fa ho finito” si strofina il palmo della mano sinistra con il pollice destro, cercando di mascherare il suo disagio.
“Non stai male, ti ha ringiovanito” prosegue sorridendo Stefano.
“Ho sempre paura a tagliarmeli proprio per questo motivo”
I due si guardano in silenzio.
“Lo studio?” chiede Michele.
“Prosegue, Analisi è sempre tosta da fare” sbuffa.
“Lo credo, io ho proprio un astio verso la matematica, non so come tu faccia” sghignazza strofinandosi le mani sui pantaloni.
“Ricordo al liceo con quella prof” alza lo sguardo per trovare quell’immagine nella sua mente.
“Puoi ben dirlo, non spiegava un cazzo e pretendeva che facessimo anche bene i compiti in classe” acconsente aggrottando la fronte.
“Certo che abbiamo frequentato un liceo ridicolo”
“Credo che non ricorderemo nulla da qui a qualche anno”
I due ridacchiano leggermente, poi si ammutoliscono nuovamente per tornare al loro disagio iniziale.
Stefano si guarda intorno, cercando di capire se il cameriere stesse arrivando o meno, mentre Michele mantiene lo sguardo fisso su di lui.
“Ci mettono tanto a portare le cose” dice imbarazzato Stefano.
“Già, ho preso un caffè per quello” continua asetticamente l’altro.
Dopo altri attimi di silenzio, Stefano, riparte deglutendo imbarazzato: “Come stai?” Nota che il suo interlocutore si incupisce e non risponde, quasi involontariamente si gratta il braccio destro.
“Diciamo bene” risponde con un accenno di sorriso Michele.
Il cameriere arriva con le ordinazioni: poggia sul tavolo il succo con un bicchiere di vetro, il caffè ed un bicchiere in plastica con dell’acqua, che viene bevuta, istantaneamente da Michele per pulirsi il palato prima di gustarsi il caffè: “Come va con Serena?” Chiede candidamente.
Stefano sbatte un pochino la bottiglietta del succo e poi la versa nel bicchiere “Con Serena?” beve un sorso “Va, ci stiamo sentendo e vedendo in questi giorni” nel dare la risposta fa di tutto per non guardare negli occhi il suo interlocutore.
“Bene” beve il caffè amaro. Se lo gusta con un sorriso, il caffè è delizioso. “Ti chiederai perché ti ho chiesto di vederci” riparte congiungendo le mani e appoggiando i gomiti sul tavolo.
Stefano tiene il bicchiere con entrambe le mani: “Credo di averne un’idea” lo sguardo non si schioda dal succo.
“Tranquillo, rimani sereno” lo calma spensierato.
Stefano si lascia andare ad un sospiro, ma il suo corpo rimane teso.
“Come mai, tu e Serena?” chiede Michele diventando improvvisamente serio.
Stefano si guarda un po’ intorno, mentre sposta gli occhi di qui e di là, per sbaglio incrocia lo sguardo di Michele e si pietrifica: “Capita” risponde.
Michele si appoggia allo schienale mantenendo il contatto visivo: “Capita” ripete. Passano alcuni interminabili secondi, sul suo viso compare un accenno di sorriso che rapidamente si tramuta in risata.
Rimane impassibile ad osservare Stefano abbassare lo sguardo e tenere il bicchiere con entrambe le mani, come fosse il suo salvagente in mezzo ad una burrasca.
Attende il proseguo della storia. Se qualcuno li avesse visti da fuori avrebbe pensato ad una di quelle palle di neve in vetro con quei corpuscoli bianchi che con il movimento del liquido danno l’impressione della caduta della neve, ma l’immagine al centro è cristallizzata.
Michele ripensa a tutte le storie raccontate da Stefano: storie coraggiose di vita vissuta: la storia dell’amore perduto a causa del suo vecchio migliore amico; favole di legami indissolubili che voleva plasmare con dei veri amici; della connessione che si era creata tra loro due e di quanto fosse importante, concreta e unica.
Continua a ridere ancora per qualche secondo e dopo un’ultima occhiata, si alza dal tavolo, paga caffè e succo ed esce dal locale.
Stefano rimane aggrappato al bicchiere, cristallizzato nella sua palla di neve.
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Dicono che l’amicizia sopravviva ad ogni amore, ma non sono di questa opinione. Una storia condotta molto bene, dove è l’amarezza a prevalere.
Ti ringrazio, sono molto legato a questa storia. Le relazioni in generale sono sempre complicate, ma le amicizie sembrano appese ad un filo.
Devo dire che mi piace questo spunto. Ha una sottigliezza psicologica non proprio comune.
Per la mia modesta opinione, scorgo i sintomi di una bella evoluzione futura.
Il nucleo del racconto è, mi sembra, l’ineluttabilità di certe situazioni. Le due immagini di riferimento sono il succo e la palla di neve, catalizzatori immobili attorno a cui gira, vorticosamente, tutta la storia non scritta.
Mi riprometto di seguire la prossima prova.
Per adesso dico: bravo.
Cerco sempre di rendere delle immagini in maniera nitida per creare un imprinting con la storia.
Ti ringrazio veramente per questo tuo apprezzamento e spero di sentire altri tuoi commenti nel futuro.
Ciao Amos, complimenti. Mi è piacuta la storia, lo stile essenziale, quasi scarno, il senso di colpa di entrambi gli amici per quella conversazione.
Grazie mille, Nyam. Alle volte una scrittura semplice basta per arrivare al nocciolo della storia.