
Tancheddas
Serie: Tutto in una sera
- Episodio 1: Africa
- Episodio 2: Tancheddas
- Episodio 3: Cavalier Tripponi
- Episodio 4: La ragazza di Padova
- Episodio 5: Il lavoro rubato
- Episodio 6: La scodella del diavolo
STAGIONE 1
L’atmosfera di profondo e intimo raccoglimento della cappella contrastava fortemente con il vociare distratto e in continuo movimento della navata centrale dove, risatine, chiacchiere sul caldo, candele brandite come spade e canti liturgici si mescolavano alla monotona cantilena amplificata dell’officiante la messa. Di solito nelle chiese ad alta presenza di turisti si riserva uno spazio ben preciso alla preghiera e ai suoi riti, mentre il resto viene lasciato a beneficio dei visitatori armati di depliant e macchina fotografica, anzi dell’onnipresente smartphone. In questa invece, perlomeno lungo le navate, nessuna separazione ma tutti insieme a disturbarsi a vicenda in una confusione di sedie spostate, di taluni che insieme si siedono e altri che alla rinfusa si alzano.
«Scambiatevi il segno della pace» – «piacere, cavalier Tripponi, che afa oggi, perlomeno qui si respira».
Il silenzio sospeso della cappella pareva di un altro mondo, di un altro tempo. Son rimasto lì, anch’io immobile, per diversi minuti e qualcuno sicuramente avrà pensato che stessi pregando. Un ateo non prega, semmai si interroga su se stesso oppure sulle circostanze in cui viene a trovarsi. In ogni caso ho sperato che quelle due silenziose statue viventi riuscissero a esaudire i loro desideri e ancora una volta con la testa per aria, ho proseguito lungo la navata destra.
Altre cappelle stavolta ben più grandi, altri affreschi, altri turisti con il naso all’insù e altri fedeli in cerca di ricordini e candele con l’effige del santo, tutti in continuo e indistinto movimento.
Una di queste è dedicata alle reliquie del santo intestatario della basilica nonché ad abundantiam pure di qualche altro santo minore. Così, racchiuse in diverse teche, sono esposte nell’ordine; cassa di legno che a suo tempo contenne il corpo del santo; frammenti di saio del santo; pietra di circa trenta chili utilizzata dal santo come guanciale; apparato vocale del santo in ampolla di vetro; lingua incorrotta del santo in teca dorata; falange di santo minore in supporto di metallo; mento con serie di incisivi inferiori del santo su vetrinetta argentata; diversi frammenti originali della croce certificati; serie di spine di diverse dimensioni della corona del santissimo; autografo del santo; quattro peli della famosa mula miracolata dal santo; reperti anatomici non meglio identificati appartenenti a conoscenti del santo; frate in veste di guardia giurata a protezione dei menzionati oggetti. Se Wanna Marchi fosse nata in quegli anni avrebbe conquistato l’impero, per fortuna è nata ai giorni nostri e così si è dovuta accontentare del carcere.
Vengo raggiunto da consorte e suocera e spiego a quest’ultima che la cappella dove ci troviamo è detta “dello spezzatino” in dialetto locale “tancheddas” per via dell’allora usanza di tagliare a pezzi i santi per poi dividersi tra le molte chiese, le reliquie. Naturalmente non crede a una sola parola e mi dice che continuando così il santo mi farà andare sicuramente all’inferno. Resta un po’ perplessa quando legge le diverse targhette delle vetrinette riportanti il nome dei reperti, in fondo la pietra guanciale è come quella che ha lei in giardino su cui c’è posato il vaso con le piantine di basilico e le ossicine della falange di san Procopio assomigliano in modo impressionante a quelle dei piedini di agnello che lei prepara col sugo piccante. «Bisogna comunque rispettare i santi» dice, ma la sua voce non mi pare sicura come prima.
Le lascio ai loro dubbi e continuo con il mio lento giro di ispezione. Altre cappelle, altri santi affrescati e io sempre più bisognoso di fresco. Trovo ristoro in una sedia nei pressi del portale d’ingresso giusto nel punto ove si forma una bella corrente d’aria ogni volta che la porta si apre per far entrare o uscire qualcuno. Mentre aspetto che il sudore della mia testa evapori, vengo quasi travolto da una suora guardia giurata che insegue una ragazzina d’una decina d’anni rea di stare in pantaloncini corti. La rimprovera per la mancanza di rispetto per la sacralità del luogo e le rifila un lungo telo da utilizzarsi come saio o al più come gonna alla caviglia. La bambina, superato il primo momento di sconcerto, appare divertita e indossa il telo come fosse la veste del gran ballo di Cenerentola andando e venendo come fosse su una passerella d’una sfilata di moda. Potenza della gioventù.
Oramai perfettamente evaporato e riposato vado in cerca delle mie donne disperse in qualche altro reliquiario e ricomincio da capo il giro delle cappelle. Ripasso davanti alla piccola cappella e tutto è ancora come l’ho lasciata venti minuti prima. L’uomo nero che più nero non si può è sempre assorto insieme al suo libro e la donna elegante è sempre prostrata in ginocchio. Ora, però, sempre con la fronte a terra tiene in mano uno smartphone, riesco a malapena a intravedere in esso una fotografia. Lei è immobile e guarda la foto, non mi ero sbagliato, la preghiera non era per lei. Il silenzio è come una nebbia che raccoglie il tutto. Mi chiedo se il senso della religiosità sia lì, nella sua illusione o nel suo conforto. Non trovo risposta, vado oltre.
Altro giro altra corsa, una visita al chiostro permette a me di riprendere i miei pensieri e a mia suocera di fiondarsi nel negozio di souvenir, termometri con immagine di sant’Antonio per tutto il parentado.
Mi siedo su una panca di marmo nella speranza di trovare un po’ di frescura e osservo lo scorcio delle cupole della basilica viste attraverso le colonne del chiostro, non male. Una ragazza, immagino giapponese, coglie lo stesso angolo e prontamente esegue una raffica di foto. Aspetto che termini e si allontani e mi preparo per farne una pure io e, mentre cerco l’inquadratura migliore, mi passa davanti proprio il cavalier Tripponi.
Serie: Tutto in una sera
- Episodio 1: Africa
- Episodio 2: Tancheddas
- Episodio 3: Cavalier Tripponi
- Episodio 4: La ragazza di Padova
- Episodio 5: Il lavoro rubato
- Episodio 6: La scodella del diavolo
Mi piace molto la tua ironia. Arricchisce molto la storia Complimenti 👏👏
Grazie Tiziana, diciamo che talvolta l’ironia si presenta come un buon salvagente.
Hai ragione…sono curiosa di leggere il resto. Ancora qualche episodio e mi metto al passo☺️
Molto piacevole quest’intreccio di vite nella basilica! Le esistenze di cui racconti si sfiorano senza incontrarsi, ed è davvero piacevole pensare a cosa potrebbe succedere dopo.
Quante vite ci scorrono accanto, con alcune di esse ci vorremmo fermare, magari anche scambiarci reciprocamente qualche briciola di noi, con altre le osserviamo come a guardare dall’esterno nel nostro animo. Così nelle mie righe, le incontro, le osservo e immeritatamente cerco di descriverle e di fissarle ella carta e nel tempo mentre scorrono via.
Molto originale e persino divertente la descrizione di questa basilica, tra il sacro e il profano. Molto affollata e variegata. Sull’atmosfera silenziosa, in religiosa preghiera prevale, a tratti, un clima da mercato di San Benedetto all’ ora di punta. Com’é sempre stato, prima della chiusura. Ora non so. E nonostante tutte le reliquie dei santi, e gli affreschi, sicuramente di gran pregio e attrazione per i turisti, pare di essere lì soprattutto per un po’ di refrigerio, come succede quando si va ai centri commerciali “Corte del sole” o ” I fenicotteri” o “Cittâ mercato”. Un racconto ironico e davvero simpatico.
@cedrina Grazie M.Luisa.
Concordo, i luoghi di ritrovo che siano centri commerciali o famose basiliche, salvo qualche eccezione, tendono ad assomigliarsi sempre di più, praticamente confusi bagni di folla in cerca di un qualcosa che comunque non fa parte del luogo.