The Broken

Serie: Le mille vite di Mary


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Dopo l'incontro con Adam, Mary prende l'autobus per tornare a casa, ma il mezzo fa una deviazione a causa di un'interruzione della strada. Mary scende in prossimità di un parco giochi dove portava Mia quando era più piccola e lì incontra Leon.

Seguii Leon tra i palazzi che affiancavano il parco e camminammo senza fermarci mai finché non arrivammo davanti all’entrata di un garage, attraversai quella soglia senza aspettative, ma mai mi sarei immaginata quello che poi vidi.

C’era solo un grande divano sformato per sedersi, i muri del garage erano stati tappezzati da graffiti di tutti i colori, il più grande di questi era rosso e recitava la scritta “The Broken” e davanti ad essa c’erano tre ragazze e un ragazzo, che stavano suonando una canzone rock.

Alla batteria c’era una ragazza dai capelli castani e occhi nocciola; la chitarra era suonata da una rossa che indossava un paio di vistose calze a rete e sopra una maglia extralarge, un ragazzo con un moncherino al posto della mano e testa rasata era la voce; mentre il basso era suonato da qualcuno che avevo già visto, era la ragazza dai capelli rosa che avevo incontrato poco prima a casa di Adam, che ricordai si chiamasse Clara.

– Abbiamo compagnia – disse sorridendo il ragazzo al microfono  smettendo di cantare.

– Si – rispose Leon – Ragazzi lei è Mary –

Mantenendo lo stesso sorriso, il ragazzo con il moncherino si avvicinò a me e mi tese la mano buona.

– Piacere Mary, io sono Thomas –

Gli strinsi la mano accennando a mia volta un sorriso, ma non potei evitare di fissargli l’altro arto, Thomas si accorse di questo e il suo sorriso mutò da uno di benvenuto a uno triste.

– Spero non ti dia fastidio, in genere porto la protesi, ma qui tra amici la tolgo sempre, perché dopo un po’ inizia ad essere scomoda – sussurrò.

– Oh non preoccuparti – dissi cercando di tenere ferma la voce, ma i miei occhi tradirono i miei tentativi di mostrarmi naturale e vagarono da quel moncherino alla testa calva diverse volte.

– Penso che hai capito il perché di questo – disse Thomas, apparentemente non infastidito dal mio sguardo indagatore.

– No … io, scusami – balbettai.

– È normale ti capisco … sto così perché lotto contro un inquilino –

–  Inquilino?

– Il cancro.

– Oh … io … mi dispiace – farfugliai di nuovo; quello era proprio il genere di situazioni in cui faticavo a dire la cosa giusta, quegli argomenti creavano in me un blocco linguistico e la mia capacità di argomentare si riduceva a un ciancicare di sillabe confuse, il che era paradossale, perché avevo scelto di diventare psicologa, quindi prima o poi avrei dovuto superarlo.

– Non ti preoccupare, io sono un osso duro – rispose Thomas con tono rassicurante – Ragazze venite a presentarvi –

– Arriviamo – rispose la ragazza con le calze a rete – volevamo lasciarti il tuo tempo visto che sei una primadonna … piacere io sono Marisol –

Strinsi la mano anche a lei e dopo pochi secondi si avvicinò anche la ragazza dagli occhi nocciola, intrecciò le dita alla mano libera di Marisol e mi tese l’altra.

– Io sono Tamara.

– Piacere – dissi, poi lei si rivolse a Leon.

– Basterà per tutti? – chiese indicando la busta del Burger King.

– Se non mangi per cinque come tuo solito basterà.

– Ehi Clara non vieni a presentarti all’amica di Leon? – chiese Marisol alla ragazza dai capelli rosa.

– Noi ci conosciamo già – rispose lei arrossendo.

– Davvero? – si intromise Leon – Quanto è piccolo il mondo –

Per un attimo temetti di dover dare spiegazioni a Leon, ma sembrava che lui avesse lasciato correre la cosa senza approfondire. Non era che non volessi parlargli dell’incontro tra Adam e Mia, Leon sapeva dell’esistenza di mia figlia e gli avevo accennato del ritorno di suo padre, ma l’avevo seguito per staccare la spina, quindi non avevo la ben che minima intenzione di parlare di quell’argomento.

Nonostante fosse presto per cenare, ci sedemmo sul quel divano sgangherato e aprimmo il contenuto della busta del Burger King e malgrado fosse la cosa più banale e ordinaria del mondo, fu magnifico stare lì a magiare cibo da fast food con quei ragazzi.

– Che significa “The Broken” ?– chiesi indicando l’imponente graffite.

– Come che significa? – rispose Thomas fintamente offeso – dove hai vissuto finora, è inconcepibile che tu non conosca la grandezza dei “The Broken”.

– Beh Thomas, mi dispiace infrangere i tuoi sogni e riportarti sulla terra, ma non siamo ancora famosi – si intromise Tamara.

– Dettagli – sbuffò lui di rimando, ma notai che sorrideva sotto ai baffi.

– È sempre un piacere vedere il tuo ego ferito Thomas … comunque Mary se non l’hai ancora capito è il nome della nostra band – disse Marisol – per ora comunque non ci sta andando molto bene.

– Ti ricordo che abbiamo una data – si intromise di nuovo Thomas.

– Si … una data dopo due anni.

– È un nome interessante – dissi mordendomi la lingua, per non confessare il fatto che pensassi che la band avesse poco successo a causa di quel nome, così poco originale.

– È perfetto per noi – si intromise per la prima volta Clara – l’abbiamo scelto dall’inizio perché tutti … beh quasi tutti in realtà avevamo un punto di rottura nella nostra vita, l’unico che si salvava era Leon, ma lui è uscito dal gruppo, quindi il nome è ancor più azzeccato.

– Un punto di rottura? Aspetta Leon suonava con voi?

In risposta alla mia perplessità, scoppiarono a ridere.

– Diciamo che non stiamo messi bene – disse Thomas quando si fu ripreso – ciò che ho io è abbastanza palese; poi ci sono Tamara e Marisol, a loro è successa la cosa più bella del mondo, si sono innamorate, ma le loro famiglie sono tradizionali … beh puoi immaginare e poi c’è Clara, lei è ricca e ha scelto di mollare l’università per fare la musicista … puoi intuire lo scandalo e in risposta alla tua seconda domanda, si questo traditore era la nostra seconda chitarra.

– Non mi hai detto che suonavi in una band – dissi a Leon tirandogli un leggero pugno sulla spalla.

– Beh … non me l’hai chiesto – rispose lui incerto.

– Va bene ragazzi ci siamo rifocillati abbastanza – si intromise Marisol – dobbiamo provare, poi oggi abbiamo anche un pubblico … Mary dopo devi dirci cosa ne pensi.

La band abbandonò il divano e poco dopo le stesse note rock che avevo ascoltato entrando, iniziarono a risuonare nuovamente nel garage.

– Perché hai lasciato la band – chiesi a Leon, quando restammo di nuovo soli.

– È una storia lunga.

– So ascoltare, lo sai.

– L’ho fatto perché ho bisogno di soldi, prima lavoravo solo part-time all’università, così avevo tempo da dedicare alla band, poi però sono successe tante cose e mi sono reso conto che quello stipendio non mi basta per quello che voglio fare –

– Cos’è successo?

Mi pentii subito di avergli fatto quella domanda, perché in batter d’occhio il suo viso divenne la personificazione della tristezza.

– Mio padre è morto – disse con la testa bassa.

– Mi dispiace Leon … davvero – di slancio lo abbracciai e notai che lui si rilassò sotto il mio tocco e si abbandonò sulla mia spalla

– Mary io sono nato qui, ma i miei genitori non sono italiani – mi disse sottovoce  – Sono sbarcati, insieme a altri ventimila disperati, nel porto di questa città, l’otto agosto di trentadue anni fa.

– Aspetta credo di aver sentito di questo in tv.

– È probabile, ultimamente ci hanno fatto anche dei meme perché, gli italiani hanno scoperto nell’Albania una meta turistica ambita– disse con un piccolo sorriso e poi sospirò – i miei non hanno avuto scelta, dovettero lasciarla perché trentanni fa era impossibile vivere lì, però hanno sempre sognato di tornare … ma mio padre se n’è andato senza riuscire a realizzare quel sogno, così ho giurato sulla sua tomba che l’avrei fatto io.

– Però così stai sacrificando te stesso.

– Non importa, mio padre mi ha dato tutto – disse con il fuoco negli occhi – quando ero piccolo amavo le barche, ma non avevamo i soldi per comprarne una, un giorno qualcuno gettò in un piazzale vicino al porto una piccola barchetta. Era malmessa e il motore non funzionava, mio padre la prese e la rimise a nuovo lavorando giorno e notte … lavorò senza sosta per consegnarmela il giorno del mio compleanno e alla fine ci riuscì, ma rimase a letto bloccato a causa di un’ernia per una settimana. Capisci che uomo era?

– È la barca con cui siamo usciti l’altro giorno? Ce l’hai ancora?

Leon annuì, mentre una lacrima solitaria sfuggiva al suo controllo.

– Sto mettendo da parte i soldi e ce la farò Mary, comprerò una casa a mia madre, aprirò un negozio e vivremo in Albania. Il futuro che mio padre ha sempre sognato sarà una realtà.

Allungai una mano e accarezzandogli il viso, gli asciugai le lacrime. Mi accorsi solo allora che intorno a noi non risuonava più alcuna melodia, ruppi definitivamente l’abbraccio con Leon e guardai la band.

Ci stavano osservando palesemente preoccupati.

– Perché vi siete fermati – dissi per alleggerire l’ambiente – stavate andando forte.

– Ma và … sei stata distratta tutto il tempo cara Mary, ti conosco poco, ma ho già capito che stai alla buona musica, come un gatto all’acqua – disse Thomas ironico.

Il garage fu inondato di risate dopo le sue parole, ma questa volta sembrarono estremamente forzate.

Serie: Le mille vite di Mary


Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. In questo racconto hai intrecciato due tipi di sogni e ci hai mostrato come da una condizione a un’altra essi cambiano radicalmente.

  2. Ciao Lola, mi piace questo finale di stagione che mi pare un episodio ‘ponte’ che ci traghetta verso qualcosa di nuovo. Molte le riflessioni e i pensieri, un pochino sacrificata l’azione. Però ci sta, serve per aprire strade nuove alla narrazione.

    1. Grazie mille ❣️
      Diciamo che sono stata in dubbio fino alla fine su quando introdurre i “The Broken” però alla fine ho pensato che forse metterli dall’inizio avrebbe distolto l’attenzione su Adam e Mia (troppo tutto insieme) così ho optato per metterli come finale di stagione …

      Grazie mille, sono contenta ti sia piaciuto l’episodio ❣️❣️❣️

  3. Passioni e sogni, in questo episidio che conclude la prima stagione della serie. Una passione (quella per la musica rock), che supera ostacoli e limiti, anche fisici, come la protesi o il moncherino di Thomas. E i sogni che, a qualunque eta`, ci aiutano a vivere meglio. Quando smetteremo di sognare credo che la vita sara` solo un’ immensa tristezza.
    Ciao Lola, buon proseguimento.

  4. Davvero, sono d’accordo con il commento precedente. Il racconto è fico ma sembra tutto un’intro a qualcosa… che cosa? Falli scappare. Descrivi una scena in cui scappano, Leon e Mary. Serve sapere. Serve sognare.

  5. Apprezzo davvero molto la varietà di contesti e scene che usi per far muovere i tuoi protagonisti, qui con la Musica abbiamo una sfumatura in più che forse indirettamente riesce ad aprire ancor di più quel vaso di Pandora emotivo che la protagonista nutre per il nostro Leon, ci sono delle aperture evidenti, i ricordi dell’infanzia, la profondità che viene offerta, forse incoraggiata da un buon vino o dalle Note Giuste, fatto sta che quei nodi, quei conflitti irrisolti della protagonista sono ancora lì presenti e finché la protagonista non tramuterà in azioni i suoi pensieri rischiamo, sia noi lettori che la protagonista, di annegare in un loop di dubbi e confusioni che non possono non essere ascoltati. Falli scappare.

    1. Grazie ❣️
      Non sono albanese neanche io, ma ho sempre provato una grande ammirazione per questo popolo … ho letto vari libri su quegli anni e mi penso che l’Albania abbia un grande potenziale, che sia bellissima e che un giorno farà parte dell’Europa