THINK
Serie: Desideri
- Episodio 1: Il salone della Signora F.
- Episodio 2: La parola
- Episodio 3: Prima che apra gli occhi
- Episodio 4: La pacca sul sedere
- Episodio 5: Il collare di seta
- Episodio 6: Gelosia
- Episodio 7: Un ultimo tango
- Episodio 8: La lampada di Jasmine
- Episodio 9: La Voce del Desiderio – Lei
- Episodio 10: La Voce del Desiderio – Lui
- Episodio 1: I Feel Good
- Episodio 2: Marisa
- Episodio 3: La speranza di un mondo silenzioso
- Episodio 4: Si può desiderare la pace tra gli uomini?
- Episodio 5: La notte in cui chiedemmo scuse alle stelle. I
- Episodio 6: La notte in cui chiedemmo scuse alle stelle II
- Episodio 7: Lei è il fuoco
- Episodio 8: THINK
- Episodio 9: Dammi solo un motivo
STAGIONE 1
STAGIONE 2
La musica parte quasi per caso.
«Think» di Aretha Franklin. Una di quelle canzoni che tieni in fondo a una playlist chiamata “resistere”, e che finisce in loop solo quando stai per cadere.
Io non cado più. O almeno, non nello stesso buco.
Il bar è mezzo vuoto. Il turno del mercoledì è sempre il più lento. Siamo a fine settembre, fa ancora caldo ma la gente finge di avere fretta. Dietro il bancone i bicchieri sono allineati come soldati stanchi. Lavo e asciugo a ripetizione. Un gesto ipnotico. Mi piace il silenzio tra le note. Quel respiro che precede il ritornello.
«You better think… think about what you’re trying to do to me…»
Una voce come carta vetrata sul cuore.
Lo vedo nel riflesso della vetrina prima ancora che entri.
Michele. Giacca di pelle lisa, passo lungo, lo stesso sorriso sghembo da adolescente in ritardo.
Sono passati sei mesi. E ancora non ho capito se mi ha lasciata o se l’ho lasciato io. Forse ci siamo lasciati da soli, come le cose che si dimenticano in fondo a un cassetto.
Apre la porta. L’odore arriva prima di lui: Marlboro Gold, cuoio bagnato e qualcosa di sgradevole che non so più definire. Lo stesso odore che restava sulle mie lenzuola per giorni.
«Ciao, Gloria.»
Il mio nome sulla sua voce mi sembra una preghiera interrotta.
Lui sorride. Posa le mani sul bancone. Non dice perché è qui. Non serve.
Mi volto. Faccio finta di pulire ancora, anche se il bicchiere è già lucido.
Lo so che mi guarda. Che aspetta.
«Ti vedo bene», dice.
«Sto bene.»
Lo dico piano. Ma lo dico.
Sorride di nuovo. Quel sorriso che sa essere veleno e carezza.
«Posso offrirti qualcosa?»
«È un bar. Tocca a me offrire.»
«Allora bevi qualcosa con me.»
Scuoto la testa. Non ho sete.
Ho solo voglia di capire se sono davvero cambiata o se è tutto un teatro. Ma quando ti lasci andare, quando ti spegni lentamente ogni giorno, ricominciare a brillare ti spaventa più del buio.
«Come stai?» chiede.
Domanda bastarda.
Come sto? Sto che non penso più a cosa posta su Instagram. Che ho buttato via le lettere, le sue piante grasse e i libri lasciati a metà. Sto che la notte dormo. O almeno provo.
«Lavoro. Vivo. Respiro. Tu?»
«Sono tornato da Bologna. Ho fatto dei concerti.»
Fingo interesse. Michele è il tipo di uomo che fa concerti anche se non ha pubblico. Suona per sentirsi vivo, non per essere ascoltato. Un tempo pensavo fosse passione. Poi ho capito che era solo egocentrismo.
«Hai qualcuno?», chiede.
Mi scappa un sorriso. Non rispondo. Perché è una domanda inutile. Non sono più “di qualcuno”. Poi si fa silenzioso. E in quel silenzio ci sono tutti i suoi “mi dispiace” mai detti. Tutti i “non succederà più” che sapevo già falsi. Tutti i suoi ritorni e le mie cadute.
Il bar si svuota. Restiamo solo noi e Aretha.
«Freedom… freedom… yeah freedom…»
La voce rimbalza tra le pareti come un mantra. Prendo fiato. Mi avvicino al bancone. Lo guardo dritto. Gli occhi di Michele sono belli. Lo sono sempre stati. Ma anche il veleno può avere un bel colore.
«Pensi che basti questo? Un Negroni, un sorriso, e io dimentico tutto?»
«No… io» balbetta stupito forse dal mio tono secco.
«Think», dico. Solo quello.
Lui deglutisce. Penso che stia per ribattere. Ma tace. Perché la verità è che non sa più chi sono. Perché sono cambiata. Perché ho smesso di aspettare che qualcuno mi salvi.
Prendo il ghiaccio. Il gin. Il vermouth. Campari. Preparo il cocktail come se fosse un rito. Glielo porgo. Lui allunga la mano.
«Questo lo offro io. È l’ultima cosa che ti do.»
Si irrigidisce. Forse non se lo aspettava. Io invece sì. L’ho provato cento volte nella testa questo momento. E ora so: non serve urlare per dire basta.
Tolgo il grembiule. Saluto il proprietario con un cenno. Lui capisce. A volte basta un gesto. Esco. La notte è umida. Milano puzza di smog e castagne arrostite.
Mi fermo al semaforo. Accendo una sigaretta anche se non fumo da mesi. Un uomo mi passa accanto. Mi guarda. Non ricambio. Ho altro da fare. Devo tornare a casa, farmi una doccia lunga, mettermi la maglietta dei Rolling Stones e ballare scalza in salotto. Perché sono viva. Perché non ho più catene. Cammino.
Nel cuore, la voce di Aretha: «You need me… and I need you…»
No, non più. Io mi basto.
Serie: Desideri
- Episodio 1: I Feel Good
- Episodio 2: Marisa
- Episodio 3: La speranza di un mondo silenzioso
- Episodio 4: Si può desiderare la pace tra gli uomini?
- Episodio 5: La notte in cui chiedemmo scuse alle stelle. I
- Episodio 6: La notte in cui chiedemmo scuse alle stelle II
- Episodio 7: Lei è il fuoco
- Episodio 8: THINK
- Episodio 9: Dammi solo un motivo
Ciao Rocco, non posso aspettarmi di meno da te. È una storia che respira, che ha un suo ritmo. Gloria è un personaggio che non si dimentica. Descrivi la sua liberazione senza cadere nel melodramma. Bravo
Grazie 🙏
Quando leggo i tuoi racconti mi viene sempre l’immagine di una ferita aperta che si trasforma in una cicatrice rimarginata. Non so perché, ma mi piace
In realtà sono un inguaribile ottimista e quindi mi piace scrivere storie che finiscono bene. Di ferite che si rimarginano come dici tu. Sono lieto ti sia piaciuto.
Bello, con alcune frasi davvero ottime e quella canzone da cui parte tutto che sembra davvero di sentire in sottofondo a scandire il ritmo della storia.
Grazie 🙏