
Tutta un’altra musica
«Dai, Betta, andiamo.»
«Dai, ti prego.»
«Per favore.»
«Ti supplico.»
«Vuoi che ci mettiamo in ginocchio?»
«Ma lo capite o no, che questa macchina non è mia?»
«Però l’inglesina ce l’ha prestata.»
«Si, ma non possiamo approfittarne.»
Susi e Gi’, tentavano di convincere Betta ad arrivare fino a Olbia con la Jeep di Mary Spencer.
«E poi, chi sarebbe questo Ciro Cirillo?»
«Quel cantante napoletano… quello biondo… Là che canta Nu raggio ‘e sole.»
«Ma non abbiamo neppure i biglietti.»
«Li compriamo lì, oppure ci arrampichiamo da qualche parte e lo ascoltiamo da fuori. Tanto è all’aperto.»
«All’aperto dove?»
«All’Arena»
«Potremmo anche scavalcare.»
«Come no. Sarò io a scavalcare voi, dopo avervi pestato e steso a terra, se continuate a darmi il tormento. Sembrate ancora su di giri; forse non avete smaltito la sbornia di ieri sera; nonostante abbiate dormito per dodici ore di seguito.»
«Macché sbornia. Susi era solo un po’ brilla.»
«Davvero? Io ero brilla? E tu, allora? La stella polare, vicino a te sembrava spenta.»
«Secondo me, tra voi due e Sirio, sarebbe stata una bella gara.»
«Conosci Sirio anche tu? Sirio Murru, il fratello di Carla?»
«Ma quale Sirio Murru. Sirio del Cane Maggiore.»
«Cane maggiore?»
«La costellazione.»
«Ah. Noi non siamo molto aggiornate. Oggi non abbiamo letto neanche l’oroscopo.»
«Betta rallenta.»
«Che c’è?»
«Accosta, accosta.»
Betta aveva rallentato e inserito la freccia, per poi fermarsi sul ciglio della strada.
Subito dopo due ragazzi molto giovani, uno magro e l’altro pienotto, alla Stanlio e Ollio, si erano affrettati a raggiungerle.
Ginetta si era sporta dal finestrino.
«Giglio, che ci fate qui? Cosa è successo?»
«Abbiamo fuso il motore del Fiorino. Quel catorcio non vale più niente, neanche mezzo fiorino: è più vecchio di mio nonno. E poi, con questo caldo…»
«Ma dov’è la macchina?»
«L’abbiamo lasciata a Padru. Eravamo a Portu Tundu, poi siamo andati al mare a San Teodoro e oggi a Padru. Il mio amico voleva salire a S’Ozzastreddu.»
«A sozza che?»
«A S’Ozzastreddu: un parco. Quello è fissato con la natura. Mattasa, frorisi, perdasa e arroccasa*. A Pancrazio gli piacciono più i fiori col gambo, dei fiorellini a due gambe» aveva spiegato Giglio, sottovoce, con un’espressione maliziosa.
«Ora dobbiamo andare a Olbia, da uno zio di Pancrazio che ha l’officina. Ha promesso di darci una mano a recuperare quel rottame, appena sarà libero.»
A quel punto, stringendosi un po’, li avevano fatti salire sulla Jeep ed erano ripartiti in direzione per Olbia.
Pancrazio dietro, timido e impacciato, come un grosso wurstel pressato tra due fette di pane raffermo, non aveva aperto bocca per tutto il viaggio.
Susi e Gi’, al settimo cielo, avevano iniziato a cantare Mon amour di Gigi D’Alessio.
Giglio, seduto davanti, ogni tanto cercava di socializzare con Betta, un po’ in italiano, un po’ in sardo e con un linguaggio ibrido, che poteva capire solo lui.
«Ma tui de innui sesi?»
« Come, scusa?»
« Te, di dove ne vieni?»
«Da dove vengo?»
«Eja, sei continentale?»
«Si, sono continentale, come dite voi.»
«E sei venuta a ti spassiai? A ti divertire?»
«Avevo una gran voglia di tornare. La vostra isola è bella; non solo per il mare. Avete artisti importanti che vi invidiano in tutto il mondo. Ieri eravamo a Berchidda.»
« A fare? Cosa c’è – in cussa bidda sperdia – a parte i vini della Cantina?»
«Non ho capito.»
«Cosa c’è di bello, in quel paese sperduto?»
«La rassegna jazz, non lo sai? Abbiamo ascoltato un fuori programma di Paolo Fresu, il musicista.»
«Ah si, già mi pare che lo conosco. Suonava con I Bertas?»
«No, non credo. Non sono sicura ma non mi risulta. Lui suona la tromba.»
«Ah, ho capito. Vi piace farvi strombazzare i timpani.»
«Spiritoso.»
Betta a quel punto aveva riso, senza commentare oltre.
«Perché ridi? Ita sesi penzendi? Cosa stai pensando?»
«No, niente, niente. Sei simpatico. Mi ricordi Jonathan Safran Foer.»
«Ah? Cosa, che cosa?»
«Hai letto “Ogni cosa è illuminata” ? Uno dei protagonisti, un ragazzo ucraino che deve fare da interprete a un altro ragazzo americano, parla in modo strano, un po’ come te.»
«Ah, si? Non l’ho letto. Sono allergico alla carta dei libri. Niente romanzi, né libri di storia, né gialli, né bianchi e neppure a cabori ‘e oru.»
«Potresti leggere gli ebook. Quelli non sono di carta.»
«E di che cosa sono, di plastica?»
«Sono quelli che si trovano nella rete.»
«Ah, ho capito. Quindi devo chiedere a mio zio Pietro di Cabras, se me li va pescare.»
«Hai voglia di scherzare. Hai capito benissimo; ormai lo sanno anche i bambini cosa significa navigare in rete.»
In quel momento anche Pancrazio aveva detto qualcosa e subito si era tappato la bocca con la mano. «Ferm…» Era l’unica mezza parola che aveva potuto pronunciare, evitando di combinare un disastro.
Susi e Gì, non essendo difficile da capire, avevano completato la parola e la frase, con qualche esclamazione personale in più.
Dal bel viso pallido, color pecorino, di Pancrazio, sbrodolato di succhi gastrici, era venuto giù un mucchio di carne spezzettata.
«E che cavolo! Si è mangiato un bue, il tuo amico» aveva commentato Ginetta, dopo averlo spinto fuori dalla macchina, rallentata, ancora in corsa; mentre lui continuava a vomitare.
Erano rimasti fermi per un’ora, intanto che Pancrazio – debole di stomaco o troppo ingordo – prendeva un po’ d’aria, per passargli la nausea.
«Quanto manca per Olbia?» aveva chiesto Gi’.
«Arriveremo tardi. Temo che il concerto sarà già iniziato» aveva aggiunto Susi, amareggiata.
«Ma che peccato» aveva concluso Betta, ironica. «Credo che Cirino Cirillo non riusciremo a sentirlo. Dobbiamo accompagnare i ragazzi dallo zio di Pancrazio. E poi ho fame; quindi: pizza, birra e vi ringrazio.»
«Propongo un compromesso» aveva detto Giglio. «Vi invito a cena da “Don Carlos”.»
In quel momento Pancrazio era risalito in macchina. Fanno anche le empanadas?»
«Certo: quelle argentine e anche quelle tipiche sarde, con il ripieno di carne e patate»
«Ma tu non stavi male?» gli aveva chiesto Susi, schifata dall’odore acido che la sua bocca, sporca di vomito, ancora emanava.
«Non più. Sto benissimo.»
«E allora vamos» aveva concluso Betta, partendo a razzo, con la Jeep.
*Mattasa, frorisi, perdasa e arroccasa: piante, fiori, pietre e rocce.
Avete messo Mi Piace4 apprezzamentiPubblicato in Umoristico / Grottesco
Io voglio venire in Sardegna, con te, in giro noi due in macchina, brille al punto giusto. La nostra conversazione sarebbe ricchissima del miglior british nonsense e parleremmo per ore di Safran Foer di cui siamo innamorate. Dopo aver scorrazzato ovunque strombettando il clacson quando incontriamo qualcuno di carino, finiremmo a rimpinzarci di empanadas argentine e per digerirle, birra Quilmes come se piovesse dai rubinetti. Un’ultima cosa, i ragazzi li procuro io, meglio se i tuoi amici li lasci a casa! Bravissima, Maria Luisa, questo racconto è da applauso.
Ciao Cristiana, grazie. Non sai cosa darei per mettere in pratica il tuo programma, molto, molto invitante. Temo che anche questa estate saro` costretta agli “arresti domiciliari” per motivi, soprattutto, di dovere filiale. Scorrazzare insieme non sarebbe possibile, per ora, ma se decidessi di venire in Sardegna, nel mio giorno libero (il martedi`), potremmo incontrarci per un abbraccio, pizza birra e confidenze.
Ciao Stefano, grazie. Ora inizia la parte piu` difficile: chiudere il cerchio, unendo i punti segnati fin qui, piu` quelli ancora mancanti.
“Fanno anche le empanadas?»”
Le empanadas! Mi hai portato alla mente ricordi felici.
Grazie, bello il viaggio dei tuoi personaggi.
Molto divertente questo scambio di battute che ci prepara al prossimo episodio, aspetto l’arrivo a Olbia e di scoprire cosa succederà!
Ciao Carlo, grazie. Sono molto curiosa anch’ io di sapere cosa mi inventero` per il prosieguo, a Olbia e per l’ intero viaggio, di andata e ritorno. Di sicuro non sara` privo di scossoni.
Buon fine luglio e buon vento piu` fresco ad agosto.
“«Ah, si? Non l’ho letto. Sono allergico alla carta dei libri. Niente romanzi, né libri di storia, né gialli, né bianchi e neppure a cabori ‘e oru.»”
Io! 😂
Ciao Kenji, mi sorprendi. Ti immaginavo come un vorace consumatore di libri, in tutte le sue varianti. Io, invece, ho sviluppato una forma di dipendenza dai libri cartacei. Se mi mancano i due o tre nuovi (anche usatj), sul comodino, vado in “crisi d’ astinenza”.😉
Ciao! Grazie per il tuo commento. Spero sempre che questo miscuglio di italiano e sardo susciti in po` di simpatia, ma temo anche di non essere abbastanza chiara o che questa forma espressiva possa non essere gradita. Ti sono, percio`, sinceramente grata.
Ciao, ho trovato molto piacevole il tuo racconto. Mi sono piaciuti i dialoghi, un po’ in sardo è un po’ no. Molto carino!