Tutto è già scritto… o quasi.
A volte penso che nella vita tutto sia già scritto.
Quando mi fermo a guardare ciò che ho vissuto — senza essere nel pieno del mio vortice di emozioni intense — vedo un filo invisibile che collega ogni cosa.
Ogni scelta, ogni errore, ogni versione di me.
È come un videogioco in cui devi potenziare le abilità, ma le mie — ironia della sorte — sembrano sempre essere quelle sbagliate.
Eppure, anche in quel disordine, sento un senso logico.
Distorto, sì, ma reale.
Perché se fossi cresciuta in una famiglia diversa, senza i traumi, senza le urla assordanti, probabilmente oggi sarei un’altra.
Solo che io non so più chi sono davvero.
Non ho certezze su ciò che sento, su ciò che penso.
Non riesco più a distinguere ciò che è reale da ciò che è costruito dalla mia mente.
E forse non esiste nemmeno una vera differenza.
Ho letto una frase: “Non sapere dove finisci tu e dove inizia il disturbo mentale.”
E mi è rimasta dentro.
Come si accetta una parte di te che non puoi vedere, ma che senti addosso come un marchio?
Come si convive con qualcosa che non sai se sei tu… o la tua ombra?
Siamo nel 2025 e ormai sappiamo che i disturbi mentali non sono solo frutto del caso: c’è la genetica, ci sono le eredità invisibili.
E se guardiamo indietro, alle generazioni prima di noi, capiamo tanto.
I nostri genitori venivano dal dopoguerra, dai traumi, dagli abusi taciuti.
Nessuno ha insegnato loro che si poteva vivere senza paura.
E così le ferite sono passate di mano in mano, come un’eredità silenziosa.
Le generazioni si modellano a vicenda, e rompere gli schemi diventa una battaglia.
Per me significa riconoscere ciò che ci ha fatto male e impedirgli di continuare a esistere.
Ce lo promettiamo mille volte: “Io sarò diversa. Quando avrò la mia famiglia, non sarà così.”
Eppure, spesso, ci ritroviamo dentro gli stessi schemi, prigioniere di abitudini che non abbiamo scelto.
E capiamo perché tanti si ribellano: perché portano addosso il peso delle ansie, delle paure, dei fallimenti che non sono loro… tatuate a dosso come seconda pelle.
Poi arriva un momento in cui hai due strade davanti: restare ferma o provare a cambiare.
Resti ferma trovi la quiete… ma quella prima della tempesta.
Arriva sempre… quella voce dentro di te, lontana ma viva, ti sussurra: “E se fossi io a doverli salvare?”
Così corri, ti sforzi, resisti, resti imprigionato nei loop, rivivendo sempre lo stesso dolore. Quasi paralizzante.
Io ora li vedo da fuori, quei loop: persone che si aggrappano ad altre persone ferite, sperando che insieme possano guarire.
E invece si trascinano ancora più giù, generando nuove catene.
Nuove generazioni già infettate da quegli schemi distorsivi di chi le ha precedute.
Finché non ti accorgi di essere stanca…appassita..spenta.
Invece chi lo capisce davvero inizia un viaggio interiore: lento, silenzioso, spesso angosciante… dove sembra che invece di migliorare può andare solo peggio. Ma ti aggrappi alla speranza di dire… devo farcela… devo essere migliore.
C’è un filo sottile — l’ho sempre detto — tra il desiderio e il disturbo.
Tra ciò che vogliamo essere e ciò che il nostro schema ci costringe a compiere.
E quando ti accorgi di far parte del disturbo, è paralizzante.
È vergognoso.
È come se ti accorgessi che la tua mente ti tradisce, ma non puoi punirla perché sei tu.
Se guardo indietro, vedo una bambina piena di rabbia, coraggio e paura.
Una bambina che ha imparato presto a sopravvivere inventandosi personaggi, identità, versioni di sé.
E oggi mi chiedo ancora come abbia fatto ad arrivare fin qui. Chi sono io?
Sarà stato un caso?
O saranno stati i segni — quelli che formano il filo invisibile del destino?
Forse non potevo cambiare nulla allora.
Forse toccava agli altri.
E così accetti, con forza, la dura verità.. ma non del tutto.
Perché il dolore resta. Si attiva come una trappola, appena qualcuno ti tocca l’anima.
Credo però che il destino esista davvero. Ed è l’intreccio tra ciò che siamo, ciò che vorremmo essere e ciò che decidiamo di fare.
Voglio continuare a scrivere il mio destino con le parole che scelgo io.
Accettando chi sono, anche le parti più buie.
Il destino, se lo capisci, può insegnarti cosa non diventare.
I segni ci sono, ma siamo noi a decidere come interpretarli.
E sì, credo che i nostri schemi mentali possano essere riscritti.
Io voglio crederci.
Voglio accettare il mostro che vive in me, ma voglio imparare a domarlo.
Perché il destino cambia ogni giorno, nelle piccole scelte, nel coraggio di convivere con se stessi, e nel non smettere mai di provare a essere liberi
Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Narrativa
Ciao luce, questa mattina ho scoperto un piccolo gioiello. Se dovessi dare un voto al tuo brano gli darei un 10. A livello tecnico niente da eccepire: hai una scrittura matura, il tema intrigante e le riflessioni chiare. Invitano spesso alla condivisione. Complimenti 👏
GRAZIE! . Mi fa tanto piacere leggere questo. Sono all’inizio spero di riuscire a trasmettere ciò che ho dentro
“Credo però che il destino esista davvero. Ed è l’intreccio tra ciò che siamo, ciò che vorremmo essere e ciò che decidiamo di fare.”
Condivido questa convinzione. Ho sempre pensato la stessa cosa.
grazie
Una riflessione interiore molto intensa e ben scritta. Complimenti