Tutto ritorna al mare

Quando i suoi piedi toccarono la sabbia Agata avvertì un intenso calore. Nonostante bruciasse, provò sollievo perché ne aveva bisogno dentro. Fino al cuore. Si fermò con gli occhi chiusi per istanti interminabili. Lasciò che quella sensazione si espandesse, fino all’inguine e poi più su. La pancia, il seno, le guance. La punta delle dita. Aprì gli occhi e guardò in basso. Notò che il rosso laccato sulle unghie le stava bene.

Sorrise a lui che era al suo fianco. Ti racconterò tutta una vita, poi lo guardò, mi chiedo se tu saresti stato l’uomo giusto. Lui non rispose. Non rispondeva mai.

Non si era presa niente e adesso pretendeva che lui le regalasse il tempo dell’ascolto, quello che insieme avrebbero impiegato percorrendo lo spazio fra il luogo dove Agata aveva lasciato la bicicletta e il mare. Le sarebbe bastato.

Pensò alla sua bicicletta Atala di colore bordeaux, che il papà le aveva regalato molti anni prima. La conservava gelosamente anche se il tempo e l’usura l’avevano segnata. Le dispiacque di averla lasciata.

Fecero insieme la gincana fra gli ombrelloni tenendosi per mano e si avvicinarono alla battigia aprendosi varchi fra i mille bagnanti che quel giorno d’estate affollavano la spiaggia. Scavalcarono le buche fatte dai bambini, attenti a non rovinare i castelli di sabbia attorno ai quali i fossati non riuscivano a contenere l’acqua che, inesorabilmente, ritornava al mare. Tutto ritorna al mare, pensò.

Il vento le spettinava i capelli e la luce del sole le infastidiva gli occhi. Si ricordò degli occhiali dimenticati nel cestino della bicicletta. Andati anche quelli.

Cercò di focalizzare lo sguardo sul mare, sforzandosi di non perdere il suo obiettivo e nel frattempo parlava con lui. Ti racconterò i miei segreti e mentre lo faceva, gesticolava. Ogni tanto rideva se le veniva in mente qualcosa di buffo. Un bimbo la indicò alla madre con il dito e quella sorrise trovando Agata alquanto bizzarra. Lei se ne accorse e ricambiò il sorriso, senza fermarsi.

Finalmente i piedi arrivarono a toccare l’acqua il cui contatto la fece rabbrividire e la peluria delle sue braccia reagì come se fosse viva anch’essa. Normalmente Agata avrebbe impiegato minuti prima di bagnarsi completamente, era un po’ un suo limite. Preferiva piuttosto sedersi di fronte all’infinita distesa e guardare.

Quel giorno però era speciale e strinse forte la mano di lui cercando la sicurezza che sapeva infonderle. Cominciò a immergersi e lo fece camminando piano, perché non aveva terminato il suo racconto. Fortunatamente, su quella riviera la spiaggia entra lentamente nel mare e puoi percorrere molti metri prima che l’acqua raggiunga le spalle.

Continuò a procedere e abbassò lo sguardo. L’acqua era limpida e si vedeva il fondale. L’attraversò un banco di pesciolini, di quelli a forma di ago che nuotano vicino alla riva e Agata sentì un brivido immaginandone il contatto. Rise, invitando anche lui a farlo.

Proseguì il suo racconto, cercando di ricordare tutto. Raccontava e subito dimenticava. Il colore del suo oblio era il bianco. Aveva amato? Forse non ne sono mai stata capace. Lasciava sempre a mani vuote chi le voleva bene.

A un certo punto sentì che l’acqua la vinceva e provò difficoltà a restare ancorata a terra. Le venne il desiderio di galleggiare e trovò naturale mettersi a nuotare in quel modo che sapeva fare così bene. Al contrario, si sforzò di continuare a camminare perché aveva un obiettivo e quell’obiettivo era la felicità. Sapeva di meritarsela e forse si era stancata di preoccuparsi solo di quella altrui. Dare, dare, dare. Sempre.

Ho detto tutto? Si chiese. Un velo di malinconia scese sul viso di Agata. Lui lo afferrò delicatamente e lo scostò. Puoi guardarmi ancora una volta, se vuoi.

Agata si girò verso la spiaggia e trovò conforto agli occhi quando distolse lo sguardo dalla lucentezza accecante del mare e lo fissò sulle chiazze scure degli ombrelloni. Il frastuono era oramai lontano e le voci le giungevano ovattate.

Provò un senso di pace e tranquillità e si sentì protetta, il corpo riscaldato completamente e adattato alla temperatura. Si accertò che lui le fosse accanto ancora per un po’ e gli strinse più forte la mano. Voglio un ultimo ricordo di te. Continuò poi a camminare, questa volta all’indietro perché scelse l’immagine della spiaggia affinché fosse impressa nei suoi occhi che in quel giorno di luce erano verdi.

Non guardò più il mare, quello le bastava sentirlo ovunque, sulla pelle, pesante fra i capelli e poi nelle orecchie e nelle narici, dentro. Quando smise di respirare si sentì finalmente pronta a respirare davvero. Non ebbe paura perché sapeva che sarebbe diventata schiuma delle onde. Si abbandonò e lasciò delicatamente la mano di lui, è arrivato il momento.

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Discussioni

  1. Aggiungo che questo quadro di luce è ancora più forte, e contrastante, in relazione alle dinamiche del personaggio, alla sua condotta e al suo abbandono.Un contrappunto perfetto.

  2. Ti muovi con disinvoltura tra le sensazioni, i rapporti con la luce, le emozioni, i colori, come riflessi dei sentimenti del racconto. Sguardi, sorrisi e ventate improvvise accompagnano i tuoi acquerelli marini, limpidi come il fondale dove si scorgono i pesciolini a forma di ago.

    1. Mi piace immaginare di essere là, di essere ‘dentro’. In effetti, scrivo per immagini e per sensazioni che, ammetto, non possono essere altro che mie. A volte, temo di essere una scrittrice ‘egoista’, quando, però, percepisco che un lettore è stato ‘là’ insieme a me, allora mi attribuisco una piccola vittoria. Grazie

  3. Ciao Cristiana, che bello questo racconto. A dire il vero l’intento della protagonista per me è stato univoco fin dall’inizio. Ciononostante ho continuato a leggere la storia senza staccare lo sguardo un attimo, cercando centro di me di entrare in contatto con lei, di fermarla, almeno per un attimo, di farla esitare, almeno un per po’. Mi sono sentito entrare in acqua con lei. Ed ho visto avanti al mio il suo viso, ed il suo ultimo sguardo alla vita.
    Grazie. Un bellissimo racconto.
    Ma stanotte mi sveglierò urlando, e sarà stata colpa tua.

  4. C’è qualcosa che scorre fluido in questo racconto. Che ti tiene agganciato fino alla fine. Mi piace l’ambiguità che mi fa dubitare fino alla fine “ma questa donna si sta togliendo la vita”? Potrebbe essere così ma potrebbe anche essere simbolico, lasciarsi andare nel mare e voltare pagina.
    Molto avvincente.

    1. Ciao Carlo. Grazie per aver letto e per il commento così attento. Mi piace che sia la sensibilità del lettore a scegliere la chiave interpretativa del racconto. Spesso, per questo motivo, resto come sospesa quando scrivo e spesso utilizzo il finale aperto. È ciò con cui mi piace anche un po’ giocare da lettrice. Grazie ancora 🙂

  5. Cara Cristiana, questo tuo scritto lascia scorrere la propria mente ed il proprio cuore a congiungersi col piacevole sapore del mare. Un racconto che lascia impresse forti emozioni con descrizioni fluide ed importanti. Non può essere più vero il titolo, tutto ritorna al mare, e basta volgere lo sguardo a quell’immensità trasparente per accorgersene. E non c’è modo migliore per spiegarlo, che un dialogo tra l’essere umano e il mare, come hai scritto.
    Davvero piacevole. Brava!

    1. “Un dialogo tra l’essere umano e il mare” Cara Beatrice, grazie per le splendide parole che spendi per il mio racconto. Io ci ho messo me stessa e sono felice che le emozioni siano arrivate. Un abbraccio

  6. Ciao. Credo che questo sia il secondo tuo brano in tema. Intendo il secondo brano nel quale si descrive questa dissoluzione, questo discioglimento. Un personaggio femminile che s’accompagna ora al padre, ora all’amato, i quali restano sullo sfondo, indistinti, vaghi, evanescenti. La conducono attraverso un mondo cui è indifferente, al quale lei risulta stravagante, quando è notata, ma, in fondo, nulla più che irrilevante. Cammina, si rivolge al suo accompagnatore, in una parvenza di felicità. E poi, in trance, separata dalla realtà, scende nell’abisso, dove non precipita, ma dove si unisce per dissoluzione all’elemento dell’acqua, con la quale si fonde, dove la sua personalità e la sua storia si annullano nel grembo dell’archetipo del mare. E lo fa guardando quel mondo cui è indifferente e a cui è indifferente, eppure è l’ultima immagine prima della dissoluzione. Quasi un’immagine della nostalgia. Spero vivamente che tu non ti identifichi con la protagonista dei due racconti che hai scritto sul tema.

    1. Buongiorno Curzio, innanzitutto ti ringrazio per aver letto e per esserti soffermato a scrivere un commento così articolato e interessante. Quello che dici è molto vero, nel senso che hai bene delineato il personaggio che fa da protagonista agli ultimi due racconti e che effettivamente è il medesimo. Tuttavia, se ti andrà di proseguire nella lettura di altri testi, incontrerai altri tipi di donna, a volte morto forte e padrona delle proprie emozioni, oppure vittima di abusi fisici o psicologici. Troverai in realtà anche figure maschili perché mi è piaciuto cimentarmi in esperimenti che mi sono riusciti direi discretamente bene. Insomma, troverai una varietà di “colori”, come piace dire a me. La persona sempre al centro di ciò che scrivo e, sullo sfondo, solitamente una città che conosco e amo, oppure il mare, quando il sentimento predominante è la malinconia. Una cosa che però cerco sempre di evitare accuratamente è di scadere in drammatismi oppure in giudizi. Mi piace sempre affrontare con equilibrio anche le tematiche più pesanti. Ecco, cosa dirti di più per rivelarmi come scrittrice? Potrei aggiungere, per rispondere al tuo commento finale, che c’è sempre qualcosa di me nei miei personaggi, a volte molto, a volte accennato oppure pescato da uomini e donne che nella vita ho la fortuna di conoscere, ciascuno con la propria storia. Se ti andrà di proseguire nella lettura dei miei testi, lasciami un commento che sia positivo o negativo non ha importanza, è sempre patrimonio perché, seguendoti, mi accorgo che hai un’ottima capacità critica nonché una profonda cultura. Grazie ancora.

  7. Ciao, Cristiana. Secondo me le descrizioni sono il punto forte di questo racconto. Immagini delicate ma dirette allo stesso tempo, fra tutte scelgo la bicicletta.
    Agata parla al suo uomo, ma non c’è nulla di questo dialogo, il lettore lo immagina attraverso i pensieri della donna… Scelta stilistica ben precisa che però può disorientare. Io , da maschietto, stavo al posto di lui piuttosto che di Agata e, come pensieri associativi, mi sono venuti in mente certi episodi di tanto tempo fa e la parola “egoismo”. Agata ammette di non essere (forse) mai riuscita ad amare: quando ci si immerge nel mare così, c’è chi si lascia andare tra le onde e c’è chi affoga.

    1. Grazie Francesco per aver colto un paio di cose importanti. Prima di tutto, è vero che mi piace scrivere per immagini, è ciò che in effetti amo fare ed è un po’ anche come “penso”. Mi piace offrire stimoli affinché ciascuno riesca ad aprire i cassetti dei propri ricordi. In secondo luogo, è vero che Agata è sola. Lui non è più accanto a lei, per scelte che hanno fatto entrambi. Non mi piace mai, o perlomeno ci provo, dare giudizi o rappresentare personaggi che siano totalmente “santi” o “peccatori”. Ho letto qualche giorno fa in un commento una composizione nome+aggettivo veramente azzeccata “fottuti uomini”. Ecco, questo è proprio ciò che volevo evitare. Agata deve trasmettere serenità perché ha responsabilità di scelta. Il dialogo diventa un monologo con se stessa. Ricreare nella propria mente l’immagine di lui accanto è una scelta di Agata e, nonostante tutto, le dà sicurezza e tranquillità. Il finale mi piaceva fosse la metafora di un nuovo inizio, senza rancore alcuno. O, perlomeno, si prova a restare a galla. Grazie Francesco.

  8. Cara Cristiana, ma quanto è bello questo racconto? Lasciamo stare l’ambientazione, che ormai pure le pietre sanno quanto ami il mare, ma oltre alla tua delicatezza ed eleganza che sono sempre presenti nei tuoi racconti, stavolta hai messo una dolcezza, un senso di serenità, un calore che mi hanno dato benessere ad ogni riga che leggevo. Descrizioni sempre ben tarate, mai pesanti, sempre efficaci. Che dire, complimenti per questo gioiellino di racconto!

    1. Ciao Carlo, inutile ricordare quanto la gentilezza e la sensibilità ti appartengano, sempre, sia quando scrivi che quando commenti un testo. Per risponderti, questo racconto l’ho cucito sulla “mia” Agata che è proprio come l’hai, in un certo senso descritta. È femminile ed è dolce. La vita è complicata, ma se la si affronta in un certo modo, diventa più semplice accettare anche la mancanza. Alla fine lei guarda avanti e non serba mai rancore, anche se è sempre pronta a tornare sui suoi passi, se ne vale la pena. Che non è segno mai di debolezza, anzi, a volte lo è di intelligenza. E poi, comunque, c’è sempre il mare. Ti mando un forte abbraccio.

    1. Io ho pensato ad altri mari, ma sono veramente felice che leggendo il mio racconto, questo ti abbia evocato immagini e sensazioni. Ciascuno scelga il suo mare, l’importante è averne almeno uno da tenersi stretto. Grazie!

  9. Ciao Cristiana. Bellissimo racconto, piacevole. Le tue discrizioni del mare sono sempre nitide e coinvolgenti. Il silenzio di lui che non rispondeva mai, inizialmente mi ha lasciato perplessa, poi sul finale ho cominciato a capire. E spero che lei, con quell’ ultimo ricordo, abbia acquistato una resistenza nuova, per “nuotare” a lungo, anche nei periodi di “mare mosso”.

    1. Hai veramente una sensibilità particolare e c’è un’affinità che ci lega. Come se tu mi capissi sempre, oltre le parole. E con questo dico tutto. Grazie ancora per essere entrata “dentro” a un mio racconto. Un abbraccio

  10. Beh, ma questo lui è proprio antipatico. Ma come se la lascia sfuggire e non fa niente? Come minimo avrei chiesto aiuto ai bagnanti… ma mi viene il sospetto che lei abbia fatto finta, per smascherarlo e per piantarlo definitivamente. Lei nuota, riguadagna la spiaggia lontano dai suoi occhi, torna alla bicicletta e lo pianta in asso. Che se ne torni a casa con un taxi questo deficiente!

  11. Non mi aspettavo questa conclusione! Il racconto è iniziato con un clima sereno, mi ha fatto pensare alle mie giornate al mare, è stato piacevole (non vado al mare da otto anni ormai, quindi mi hai fatto tornare in mente tanti bei ricordi). Poi, già verso la metà del racconto ho iniziato a cogliere la malinconia, per giungere ad un finale davvero a sorpresa! Un racconto pieno di emozioni, brava.

    1. Grazie Arianna per la lettura. In realtà volevo che l’emozione predominante fosse la serenità e volevo che lei trasmettesse serenità. Che non significa semplice accettazione, in questo caso. Lei sa di aver perso qualcuno che forse non ha mai veramente avuto e, dopo aver accettato e fatta propria la sofferenza, trova la sua strada, il suo modo di uscirne. Ho scelto il mare, per moltissimi motivi che impiegherei una vita a spiegare. Il finale è sia realtà, a volte, oppure metafora, se si è lavorato bene su se stessi. Grazie ancora, un abbraccio.