Ultimo giorno?

27/28 agosto

Ho avuto paura, il terrore era dipinto sul mio viso, mentre le lacrime rigavano le guance e le fossette erano sparite. Mi è sembrato di aver perso tutto in tempo zero: tutto ciò che ho costruito sembrava essersi dissolto nel nulla. I miei occhi vitrei vedevano solo oscurità, l’unica luce che riuscivo a distinguere era proiettata dai fari accesi delle automobili presenti.

Il mio corpo si muoveva libero, ma dettato dalle radici più profonde inculcate nella mente. Sentivo una vocina che sussurrava “muori”, e a tastoni la seguivo. Così presi il coltellino, iniziai a tagliarmi il polso con l’intento di prendere qualche vena e rimanere sul posto mentre sanguinavo. Dopodichè continuai a marciare, il sangue colava denso sull’asfalto, ma non importava. Mi sentivo sola, ero sola con la mia coscienza, con i miei sensi di colpa, credendo ormai di aver rovinato non solo la serata, ma i rapporti che mi tenevano in vita. Perché, dunque, sopravvivere? Attraversai la strada, c’erano ben quattro corsie in curva, oramai mi stavo trascinando, non so come sia arrivata in stazione, ma le macchine suonavano e si fermavano di colpo, mentre a me non importava più nulla. Nella mia testa dovevo solo arrivare in stazione, con il polso ancora pieno di plasma, per poi buttarmi senza pensarci due volte. Non so come, ma un ragazzo mi ha presa e portata a casa, mi ha medicata e mi ha distrutto anche il piano B: overdose. Soffrendo anche di DCA ho finito per mangiare un pacco da 500g di patatine, peggiorando ulteriormente lo stato mentale.

Ora, in questo esatto istante, sono ancora sotto shock, mi sento come se il treno mi avesse davvero travolta, tramortita, distrutta a livello mentale e non fisico.

Le mie stampelle sono esseri umani, la mia migliore amica, il mio migliore amico, il mio amico e il mio ragazzo.

Sono qui per voi.

Ho paura.

Sono viva.

Ho ancora paura.

Vi amo.

Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Questo racconto sembra descrivere bene quello che in cinema chiamano “ll momento Rosabella”. Il momento Rosabella, in sostanza, è il momento in cui c’è una caduta, qualcosa crolla in maniera del tutto definita e il protagonista prende consapevolezza di ciò e non gliene frega più un cazzo di niente, fa come gli pare, a volte ci ride sopra, altre volte impazzisce (Douglas lo descrive bene, quel momento, quando sbrocca nel film Un giorno di ordinaria folla. Ma anche la storia ha vissuto questi momenti: alcuni nazisti, per esempio, fecero bagordi e feste oscene durante i loro ultimi giorni, quando Berlino era ormai perduta). Nel tuo caso la protagonista assume le sembianze di Marla Singer e si aggira per le strade in maniera zombesca, finché viene soccorso da un buon samaritano. Ma il risveglio dal torpore, il ritorno alla vita, spesso è pure peggio. Grazie per questo racconto.

  2. “Le mie stampelle sono esseri umani, la mia migliore amica, il mio migliore amico, il mio amico e il mio ragazzo.”
    Credimi, sono le “stampelle” di noi tutti. Sono un tesoro immenso: loro ci vedono come noi non possiamo. Vedono la nostra bellezza, nei momenti bui sono l’unico specchio a cui dovremmo far riferimento.

  3. Cara Elin, condivido ognuna della parole che ti ha scritto @tiziano-pitisci e come lui mi auguro che le tue siano storie romanzate. Come hai scritto in un’altra delle tue storie, l’importante e’ camminare a testa alta, consapevoli del proprio valore. Permettimi un abbraccio.

    1. Concordo anche io con entrambi.
      Le immagini che trasmetti sono molto forti, ma allo stesso tempo, le tue parole concedono perfettamente l’immedesimazione al lettore.
      Ti ringrazio e spero vivamente che tu stia bene.

  4. Spiazzano sempre queste pagine, che tu classifichi come Narrativa e che io spero davvero che le siano. Spero che siano storie inventate o per lo meno romanzate. Una cosa è certa: arrivano. E travolgono chi le legge, come quel treno.

    1. Vorrei tanto fossero romanzate, ma purtroppo è la mia realtà. Mi piace che arrivino al cuore, spero anche in maniera positiva per affrontare il male. Un abbraccio.