Un indizio

Serie: Se solo sapessi il tuo nome


    STAGIONE 1

  • Episodio 1: Edgar
  • Episodio 2: Un indizio

NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Uno scrittore in lutto, una strana lettera dimenticata tra le pagine di un libro. Quali segreti nascondeva la defunta moglie di Edgar?

Alzo il bavero della giacca per ripararmi dal gelo della notte, mentre il mio respiro frettoloso si condensa in piccole nuvole di fumo. Alzo gli occhi verso il cielo, coperto dalle nuvole, ma la luna è sempre là, immensa e splendente; e ora, riesco a visualizzare un altro luogo in cui potrebbe splendere allo stesso modo: un piccolo cottage di montagna, circondato dalla neve, dove due figure, un uomo e una donna sorridono semisdraiati davanti a un focolare acceso. Si guardano negli occhi, sorridono, lei abbassa lo sguardo, timida, e quel rossore che le colora le guance, accende il fuoco anche nel cuore di lui…

Ma non è il momento di lasciarsi andare ai ricordi.

La lettera accuratamente ripiegata nella mia tasca sembra bruciare e le mie gambe si muovono veloci per le strade della città ormai deserta. Si sentono solo i versi dei randagi che si azzuffano per chissà quale scarto di cibo e qualche ubriacone che, biascicando parole sconnesse,  vaga senza meta.

Aumento il passo, finché, finalmente, giungo alla dimora del mio caro e vecchio amico. 

Adrian.

 Confido in lui per avere qualche risposta. Stringo forte la lettera tra le dita nodose e suono il campanello, nella speranza che la sua insonnia mi sia d’aiuto.

Dopo qualche secondo di attesa, dall’altoparlante, la voce titubante del padrone di casa, domanda incerto chi sia a quell’ora assurda della notte.

«Edgar», rispondo, con un filo di voce affannoso. Il click elettrico della porta indica che mi ha riconosciuto.

L’ingresso si illumina quando entro  e, mentre educatamente ripongo il cappotto e il cappello, il mio amico mi accoglie con un sorriso, indossando una vestaglia e una curiosa espressione sul volto.

Mi indica di accomodarmi nello studio e, stringendo sempre quel pezzo di carta, prendo posto in una delle confortevoli poltrone accanto al camino acceso, mentre Adrian si sistema di fronte a me, accavallando le lunghe gambe.

«Mio caro amico», esordisce, intrecciando le mani nel grembo, «cosa ti porta qui a un’ora così insolita?»

Sorrido. «Mi dispiace disturbarti, ma avevo bisogno di alcune risposte»

«Su cosa?», domanda sempre più curioso.

«Su Nadia»

Sospira e la sua espressione si vela di tristezza. «Edgar, è morta mesi fa. So che il tuo sentimento per lei era molto forte, ma devi accettare la cosa»

«No, Adrian, non sono qui solo per parlare di lei per soddisfare una qualche ossessione, ma per avere delle risposte». Mi decido ad aprire il pugno in cui la lettera trovata nel libro era stretta e gliela mostro.

La apre e legge ad alta voce:

“ «C’è un posto nel cuore

Che non sarà mai riempito.

Uno spazio […]» ”

Resta in silenzio e osserva la foto sotto la citazione: una giovane Nadia che stringe a sé un neonato e sulla sua spalla una mano maschile. La foto è tagliata, frastagliata nel punto in sui sembra essere stata strappata, come a voler estirpare un brutto ricordo.

Adrian sospira di nuovo e si stropiccia gli occhi stancamente.

«Dove l’hai trovata?», domanda, continuando a osservare la foto e dalla sua voce sembra che che stia cercando di trattenere le lacrime.

«Nel libro da cui è tratta quella citazione, proprio nella pagina della poesia a cui apaprtiene: “No help for that”, dal libro di Bukowski “You get so alone at times that it just makes sense”». Lo osservo assorbire quell’informazione e attendo che parli, nella speranza che sappia rispondere alle mille domande che mi ronzano in testa.

Ma lui resta in silenzio, osserva la foto, finché noto un luccichio negli occhi tristi. Non sono il solo a sentire la tua mancanza, mia cara Nadia…

Asciugandosi gli occhi, punta il suo sguardo sul mio. «Cosa vuoi sapere? Non so se sarò in grado di sciogliere i tuoi dubbi»

«Chi è il neonato tra le braccia di Nadia? Chi è colui che gli stringe la spalla? Perché non so niente di tutto questo?»

Le domande escono in fretta e quasi con rabbia. Sì, è proprio rabbia quella che provo, nei confronti di Nadia che ha tenuto questi segreti, che mi ha lasciato su questa terra, solo e triste a cercare un qualsiasi barlume di lei. Rabbia nei confronti di me stesso, che non mi sono mai interessato alla sua vita prima di conoscerla. L’ho accettata e basta.

«Ti racconterò ciò che so, ma non conosco la storia intera. Lei non l’ha mai rivelata. Ad ogni modo, ho bisogno di qualcosa di forte», annuncia, alzandosi e dirigendosi verso l’angolo bar sempre ben fornito. «Vuoi favorire?»

Afferra una bottiglia, la stappa e ne versa una buona dose in uno dei bicchieri trasparenti.

«Direi che è il caso», ammetto. Nonostante non sia un grande bevitore, mi sento così confuso che l’alcool può essere solo un conforto per le mie viscere aggrovigliate.

Prepara, dunque, due bicchieri, me ne porge uno e riprendiamo i nostri posti. Sorseggiamo entrambi e mentre lui sembra non soffrire il calore bruciante del liquido ambrato, la mia gola lo avverte anche troppo chiaramente.

«Tutto è iniziato tanto tempo prima di conoscerti. Lei era una studentessa universitaria, mentre io ero l’assistente di uno dei professori di letteratura inglese», esordisce Adrian, fissando le fiamme del camino. «Era così innocente, aveva gli occhi castani più grandi e sinceri che avessi mai visto, ma, come sai, l’ innocenza è un succulento pasto per i peccatori di questo mondo».

Assorto nel racconto, mi accorgo di trattenere il fiato e, notando l’interruzione del mio amico, sospiro rumorosamente per incitarlo a continuare. Mi scocca un’occhiata fugace e riprende, non prima di aver attinto un po’ di liquido ambrato dal bicchiere.

«Era brillante e la conversazione con lei era sempre stimolante, così, quando capitava di incontrarla nella caffetteria della facoltà, era sempre un piacere scambiare due chiacchiere con lei. Conobbe un ragazzo. Era molto promettente, stando a quanto diceva il mio superiore, di buona famiglia, ma per Nadia fu la sua rovina»

«In che senso? Come si chiamava?», domando impaziente.

«Il suo nome era Massimo Vicario. Purtroppo non so dirti altro, se non che da quando lei iniziò a frequentarlo, iniziò a dimagrire vistosamente e ad avere uno sguardo triste. Non so nulla su questo ragazzo, se non che aveva un’espressione inquietante e che dopo la laurea lei rimase incinta. Da quel momento non so cosa le sia capitato. Quando l’ho incontrata di nuovo, due anni prima che vi conosceste, era diventata una donna di successo, ma aveva sempre un’aura di tristezza, nascosta in fondo agli occhi, che non ho più notato dopo aver iniziato la relazione con te. Non so altro.».

Finisco di bere il contenuto del mio bicchiere, resistendo all’impulso di strizzare gli occhi per colpa dell’alcool.

«Sai dove posso trovare quest’uomo?», domando con un fil di voce.

«No, mi dispiace. Se non ricordo male, la sua famiglia era molto ricca e faceva spesso delle donazioni in favore della facoltà. Ho ancora qualche contatto all’università, se vuoi iniziare le ricerche ti sarò di supporto. Ma se vuoi il consiglio di un amico, non tormentare il tuo animo più di quanto non stia già facendo. Mantieni il ricordo che hai e non scavare più a fondo. La verità potrebbe distruggerti».

Sorrido e  fisso il mio sguardo nel suo.

«Tieni per te i tuoi consigli e dammi quei contatti. Devo trovare questo Massimo Vicario».

Serie: Se solo sapessi il tuo nome


Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Prima di tutto, voglio farti i complimenti per lo stile narrativo del racconto. Mi ha coinvolta “visivamente”, ho accompagnato Edgar lungo il tragitto fino a casa dell’amico e lì mi sono seduta con lui per ascoltare le rivelazioni su Nadia. La storia è affascinante e sono davvero curiosa di leggere i prossimi episodi