Un Maggiolino tutto matto

Serie: Cancello automatizzato


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Dopo il Maresciallo Fortunato Mario e Fido un terzo personaggio, l'ingegnere, fa la comparsa da protagonista in questa storiella.

Era la solita strada di periferia, ogni giorno con qualche buca in più. Quelle storiche, non sto parlando di leggende romane ma di buche, anche se col passare del tempo stanno per diventare leggenda, erano sempre più profonde. Non di rado si vedevano zigzagare delle automobili, tant’è che invadere la strada contromano era diventata una prassi comune; bisognava in ogni modo evitare quelle maledette buche per non danneggiare seriamente gli ammortizzatori, questo almeno era il ragionamento fatto da molti automobilisti per non dover ammortizzare le spese per le costose riparazioni in officina degli ammortizzatori danneggiati, gli ammortizzatori costano, e non sono previste detrazioni per ammortizzatori scarichi e nemmeno degli ammortizzatori sociali per contenere il fenomeno o bonus ammortizzatori, la lobby degli ammortizzatori, al momento, non è così potente come lo era quella dei monopattini.

«Ma guarda quell’imbecille, c’è mancato poco per un bel frontale, peccato che ci andavamo noi di mezzo, dannazione!»

Il Maresciallo Mario aveva ragione, l’automobilista che si era visto invadere la strada aveva sterzato istintivamente sulla destra finendo con una ruota sul marciapiede che in quel tratto di strada era quasi inesistente, sfiorando paurosamente il Maresciallo e poco più avanti il povero Fido che, per lo spavento, aveva iniziato ad abbaiare nervosamente.

«Calmati Fido! Passato pericolo. Dai, non avere paura, lo sai che il tuo padrone è fortunato, e non solo di nome. Per colpa di quel Maggiolino impazzito abbiamo rischiato la vita, ecco perché a quel vecchio modello della macchina del popolo (Volkswagen) è stato affibbiato l’epiteto di “tutto matto”. Per oggi basta, ritorniamo sui nostri passi, dopo quanto successo non ho più voglia di proseguire.»

Fido non era molto d’accordo. Nostante digrignasse i denti ringhiando minacciosamente seguì il suo padrone perché era un cane ubbidiente, lo era sempre stato, non dimentichiamo che sotto le Fiamme Gialle era stato un fedele servitore dello Stato. 

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Nda: Ho sempre cercato i giochi di parole, per questo motivo da molti lettori sono detestato, per i pochi che ancora mi seguono sono un genio incontrastato. Questa è la mia natura, non serve farne una questione di stato.

Adesso avverto una fitta al cuore, proprio sotto il costato.

«Ti è costato caro Fabius P. questo divertissement» diranno i molti detrattori guardandomi come fossi un appestato. 

«Non è niente, non è niente, tutto sotto controllo, ho riacquistato tono e allora mi chiedo: almeno un nuovo follower l’avrò conquistato?»

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Dopo circa mille passi, è il contapassi dello smartphone a certificarlo, Fido iniziò ad abbaiare nuovamente.

«Cosa c’è adesso? Smettila Fido!»

Fido cominciò a trainare il Maresciallo puntando verso una direzione precisa, verso una vecchia e scassata automobile, un catorcio posteggiato poco più avanti. 

Ma è il Maggiolino di prima! Ne sono certo, era di colore bianco e dalla carrozzeria tutta arrugginita, pensò Fortunato avvicinandosi con cautela al veicolo in sosta. Poi una scritta bene in vista sulla carrozzeria attirò la sua attenzione: “la ruggine non è un delitto grave, è vita vissuta”. Era la massima impressa sopra il parafango non da un vandalo ma, con molta probabilità, dal proprietario di quel mezzo che, secondo lui, doveva essere mezzo scemo come minimo, e ciò per aver concepito quella massima.

«Dai Fido, non fermarti sempre al solito posto, ma insomma! Non è che lo fai apposta?»

Fido non rispose, avrebbe voluto farlo ma la parola non era un dono previsto da madre natura, i cani parlanti esistono solo nelle fantasie di qualche essere umano rimasto solo, tanto per riempire quel vuoto immenso che la solitudine crea. Terminata l’operazione Fido mosse più volte le zampe posteriori d’istinto, raschiando il marciapiede a vuoto, come per coprire e proteggere il suo prodotto dagli odori non suoi.

Quel cancello automatizzato deve essere una location particolarmente accogliente dove liberare la vescica, pensò Fortunato guardando Fido, abbozzando poi un sorriso a dimostrazione dell’affetto che provava nei suoi confronti. 

«Se ci vede Il padrone di questa villetta non so cosa penserà, vedi di trattenerti domani» disse Fortunato redarguendo Fido.

Fortunato sapeva che quelle erano parole al vento, Fido non l’avrebbe ascoltato, redarguire poi era un verbo difficile da far comprendere ad un cane, sia pur istruito come Fido, ma anche per tanti esseri umani ignoranti.

Devo portare una bottiglietta d’acqua per pulire il marciapiede, spero di ricordarmelo domani, pensò, mentre nel box attiguo al cancello automatizzato qualcosa si stava muovendo destando la sua attenzione.

«Fermati Fido, ssss!»

Fortunato allungò le orecchie per ascoltare meglio, come un cane da caccia allunga le sue in attesa della preda, mentre Fido lo osservava stupito pensando: «Ho un padrone scemo, cambia idea ogni momento, prima mi trascina via poi mi blocca di colpo, vai a capirlo ‘sto pirla!»

Dal box uscì un uomo diversamente giovane, per non dire un vecchio sulla settantina, dai capelli bianchi, crespi ed incolti che ricordavano tanto quelli di Einstein. Era un genio incompreso o un cliente appena uscito dopo aver fatto una spesa intelligente in un supermercato europeo dal nome che inizia per Sp e termina per in? Fortunato non sapeva darsi una risposta. 

Il vecchio chiuse il box col telecomando e salì velocemente la rampa di scale che portava al primo piano della villetta. Aperto il portoncino blindato rincasò, chiuse immediatamente l’uscio con più mandate mandando a quel paese tutto il mondo intero.

È di Einstein il Maggiolino, così Fortunato aveva soprannominato l’ingegnere, non può che essere suo, non può essere solo una coincidenza. 

Einstein, pardon,  l’ingegnere, osservava il solito rompiballe – così aveva definito il Maresciallo – e il suo amico fidato, comodamente seduto su di una sedia svedese – non le vendono all’Ikea, costano molto – posizionata dietro un’anonima scrivania dove da un grande monitor visionava le immagini delle diverse telecamere esterne orientate a 360 gradi, una temperatura che le rendeva incandescenti; è solo una battuta, tanto per riscaldare quell’ambiente freddo dove viveva in solitudine, la sua triste e fredda compagna. 

«Bravi, tornate anche domani, mi raccomando» bisbigliò l’ingegnere sottovoce. Poi spense il monitor, si alzò dalla sedia svedese, mandò il Maresciallo, pardon il rompiballe, a quel paese e si rinchiuse in un’altra stanza che aveva ristrutturato da appena un mese. Le sorprese non finiscono qua, Fortunato e Fido le scopriranno sfortunatamente a loro spese. 

Serie: Cancello automatizzato


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Discussioni

  1. Ciao Fabius, mi mancava il sorriso mattutino che le tue storie suscitano e che poi mi accompagna per tutta la giornata ammortizzando malumori vari. Spesso è più cane chi tiene il guinzaglio del cane stesso e quasi sempre chi odia i cani non ama se stesso. Ora sono impaziente di sapere cosa mai avrà architettato l’ingegnere e se Fortunato continuerà ad essere tale. Un solido abbraccio!!!

  2. “i cani parlanti esistono solo nelle fantasie di qualche essere umano rimasto solo, tanto per riempire quel vuoto immenso che la solitudine crea”
    I ‘cani parlanti’ non lo so se esitano o meno, però esistono quelli ‘ascoltanti’ e sta pur certo che i miei due appartengono a quella categoria 😂

  3. Ecco che i due protagonisti cominciano a entrare in contatto, e che dire? Certamente non si preannuncia niente di buono, soprattutto perché a fare da tramite è un cagnetto con il pisciolino facile. Sciagure all’orizzonte!

  4. Alcune battute, come al solito, sono molto divertenti e nasce la curiosità di saperne di piú. Una sola perplessità: come mai hai inserito le Nda al centro della narrazione? Per rendere credibile l’aver interrotto il racconto di Fortunato da “fitta al cuore sotto il costato”?

    1. Visto che scrivo da “cane” – mi perdoni Fido – sono convinto che qualcuno mi avrà mandato a quel paese o peggio avrà pensato: “ma va a morì ammazzato!” La fitta al costato va da sé per la rima.