UN NOTTURNO SVOGLIATO

La notte in cui realizzò dove termina una città comprese anche che qualcosa poteva avere inizio.

Davanti a sé si rivelò, come dietro un sipario sull’ignoto, la combustione della nicotina tra le sue dita incastrarsi perfettamente in un notturno svogliato e volgare tra il gelido firmamento: pieno di bagliori ed elettro-spasmi scoppiettanti per insegne esotiche di chinese takeaway.

Era la fine di novembre, ma l’aria propizia ai “verymerrychristmas” velocizzava il rullare della gente lungo i marciapiedi.

Un brusio frettoloso e alienato, come un fiume in piena che scorre verso un destino incerto.

In mezzo a quel vortice umano, lei si sentiva immobile, come un’isola sperduta in un mare di indifferenza. Il fumo della sigaretta saliva verso il cielo, un filo sottile che la collegava ai cavi dell’alta tensione in quella vastità siderale di terrapiattismo, scossa da un monito silenzioso della sua solitudine.

Les lumiere de la Ville si riflettevano nelle sue pupille sgranate come un rosario, creando un caleidoscopio di colori che le offuscava la vista.

Eppure, in quell’abbagliante puzzle di pixel eterei, qualcosa di nuovo stava prendendo forma.

Un’inquietudine sottile, un fremito di possibilità inespresse, l’anorgasmia del talento sprecato.

Forse sarà stato solo l’effetto della nicotina mischiata alla dolciastra benzo-molecola, o forse il presagio di un convulso cambiamento, urgente ed imminente come la prostatite.

Ma in quell’istante, davanti a quel dead skyline suburbano che si estendeva a perdita d’occhio, lei capì che nella fine poteva trovarci il miglior inizio.

Un nuovo capitolo della sua vita era pronto a scriversi, su un cavalcavia arrugginito ancora sgombro dai writers. E mentre osservava le luci della città pulsare nella notte come cursori infoiati, si sentì pervadere da una strana sensazione di speranza.

Cosa sarebbe successo dopo? Dove l’avrebbe portata questo nuovo inizio? Non lo sapeva. Ma una cosa era certa: non sarebbe stata più la stessa.

La città, con i suoi bagliori e le sue ombre, era lo specchio della sua anima.

E in quell’istante, davanti a quel riflesso, lei decise di non aver paura.

Di abbracciare l’ignoto, con la tenacia e la speranza di chi sa che la vita è un viaggio imprevedibile, che con il solo biglietto di andata oblitera sempre nuove sorprese.

Lui: Tra l’ estraneo ed il partecipe si faceva placidamente ingannare da questa laica sindone di ininterrotti avatar addobbati a festa e da ravvicinati eventi catartici tirati a lucido come marmitte catalitiche: Era sui trenta, ma non ancora risolta era per lui era l’epoca irrequieta dell’inadattabilità alle cose della vita.

A scaldargli le mani, mentre anche l’ultimo cinema d’essai chiudeva i battenti, qualche verso di Rimbaud dentro le tasche, accanto la fermata metrò di Menilmontant dove spacciatori d’assalto placavano il brulichio di impassibili passanti scartoccianti caldarroste vermifughe :

Un soffio apre brecce melodrammatiche negli assiti, scompiglia i sostegni dei tetti corrosi, disperde i limiti dei focolari, eclissa le vetrate.” A.Rimbaud,

 

La Gare de Lyon, vuota e silenziosa,

Mentre un altro poeta maledetto si dissolve nella metro. I suoi sogni vagano oltre quei binari, Verso un futuro incerto e misterioso.

Le luci al neon illuminano la sua figura solitaria, Mentre si perde nei meandri della città. Le sue parole, come un fiume in piena, Scorrono veloci e inarrestabili.

Egli canta di amore e di dolore, Di speranza e di delusione. La sua voce è un eco rauco che riecheggia nelle gallerie, Un grido che nessuno sembra ascoltare.

Ma il poeta non si arrende, Continua a scrivere e a recitare i suoi versi. Perché la poesia è la sua unica ragione di vita, L’unica cosa che lo tiene in piedi.

E così, giorno dopo giorno, Il poeta maledetto vaga per la metro di Parigi. Un fantasma in cerca di un pubblico, Un anima alla deriva in un mondo indifferente.

Ma un giorno, forse, Qualcuno lo ascolterà. Qualcuno capirà la sua poesia, E il suo messaggio non sarà più vano.

Fino ad allora, il poeta continuerà a sognare, A sperare in un futuro migliore. Perché la poesia è l’unica arma che ha, Per combattere contro la solitudine e l’abbandono.

Il buio aveva preso a fiocinare le loro ombre ed il silenzio restava privo di sottotitoli

Lei: Le parole di Rimbaud non gli offrivano conforto, ma solo una lucida rappresentazione della sua condizione. Era come se il poeta avesse visto dentro la sua anima e avesse descritto con precisione la sua irrequietezza e la sua inadattabilità.

Lui: Si guardò intorno e vide il mondo per quello che era: un luogo caotico e indifferente, dove gli individui erano solo pedine in un gioco più grande. Si sentì sopraffatto da un senso di impotenza e di angoscia.

Lei: Ma proprio in quel momento di profonda crisi, qualcosa dentro di lui si ruppe. Si rese conto che non poteva più continuare a vivere in una bolla di illusioni. Era giunto il momento di affrontare la realtà, con tutte le sue durezze e le sue contraddizioni.

Lui: E così, con un nuovo senso di determinazione, si allontanò dalla fermata della metropolitana e si immerse nel caos della città. Era pronto ad affrontare la vita, qualsiasi cosa essa gli riservasse.

Lei: Non sapeva cosa gli sarebbe riservato il futuro, ma era sicuro di una cosa: non sarebbe più stato ingannata dalle apparenze. Aveva finalmente aperto gli occhi sulla realtà e non li avrebbe più chiusi.

Lui: “Un soffio apre brecce melodrammatiche negli assiti, scompiglia i sostegni dei tetti corrosi, disperde i limiti dei focolari, eclissa le vetrate.”

Lei: Il buio aveva preso a fiocinare le ombre e il silenzio restava privo di sottotitoli.

Lui: Un senso di spaesamento lo pervadeva, come se la realtà si fosse sgretolata in una miriade di frammenti psichedelici.

Le parole di Rimbaud risuonavano nella sua mente, un eco di un mondo altro, inafferrabile.

Lei: Si chiese se la poesia potesse essere la chiave per decifrare il mistero della sua esistenza, un ponte tra l’ordinario e il trascendente.

Lui: In quell’istante, una scintilla di speranza si accese nel suo animo. Forse, tra le pagine sgualcite del poeta maledetto, avrebbe trovato la risposta che cercava.

Lei: La notte era ancora giovane e il futuro era un foglio bianco da scrivere. L’unica certezza era che il viaggio era appena iniziato.

Lui: E che, come scriveva Rimbaud, “l’alba sarà sempre crudele“.

Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

    1. Grazie di ❤ Giancarlo, è un vecchio testo che mi è capitato fra le mani che mi sono divertito a pasticciare Google con Gemini AI, la nuova intelligenza artificiale di GoogleGoogle .

  1. “Lei: Si chiese se la poesia potesse essere la chiave per decifrare il mistero della sua esistenza, un ponte tra l’ordinario e il trascendente.”
    Come la musica e la fisica quantistica, la poesia è senza alcun dubbio un ponte con il trascendente. Dipende quale…👏