Un risveglio nella nebbia

Serie: Eva e i segreti di Itky


La storia è un'avventura intensa e ricca di misteri. I sogni sono davvero solo immaginazione? Oppure quando dormiamo, viviamo qualcosa di più reale di quanto crediamo?

Tutta la mia vita sono stata affascinata dal mondo dei sogni. A volte erano talmente realistici che mi chiedevo: sono davvero solo un frutto della mia immaginazione? Oppure, quando chiudiamo gli occhi, viviamo un’altra vita? In questo libro ho cercato di spiegare il mio punto di vista, quello di una bambina che continua a credere nella magia.

Eva si trovava sulla riva di un grande lago — calmo e freddo, simile alla superficie di un immenso specchio. L’altra sponda era nascosta da una nebbia che si sollevava sull’acqua. Avanzava lentamente, sempre più vicina, dissolvendo i contorni del mondo circostante. Non un suono, né il grido di un uccello, né il più leggero fruscio disturbava quel silenzio assordante. La ragazza fece un passo indietro, poi un altro, e un altro ancora… Ma non riusciva a convincersi a voltarsi e scappare via. 

Confusa e spaventata, Eva guardò intorno a sé — era circondata da fitte boscaglie di cespugli. I rami nudi, privi di una sola foglia verde, si intrecciavano strettamente, formando un’ostacolo invalicabile. Il muro vivo e cupo sembrava impregnato di paura, e per un attimo alla ragazza parve che centinaia di occhi invisibili la stessero osservando. Il terreno era assolutamente spoglio — senza erba, piante o muschio. Un manto nero uniforme, su cui qua e là erano sparsi dei sassi. Guardando meglio, Eva si rese conto di non poter trovare altre tracce oltre a quelle che portavano al bordo del lago. 

«Come sono finita qui? Che posto è questo?» sussurrò a bassa voce. «Dev’essere un sogno, solo un altro stupido sogno. Devo svegliarmi!» 

La ragazza cominciò a stringere con forza i pugni, fino a lasciare segni nitidi sui palmi con le unghie — ma non sentì alcun dolore. Disperata, si pizzicò, cercò persino di mordersi la lingua, ma nulla la aiutò a uscire dal sogno. Cercando un sasso appuntito o una scheggia, Eva lanciò un’occhiata al lago e rimase pietrificata dal terrore. La nebbia, che pochi minuti prima era a malapena a metà del lago, ora si trovava a pochi metri dalla riva. Passo dopo passo, inghiottiva e cancellava la superficie davanti a sé, e per un attimo alla ragazza parve che fosse viva. Dentro si muoveva qualcosa, appena percepibile, si spostava in onde, sbatteva contro pareti invisibili. 

Terrorizzata e tremante, Eva chiuse strettamente gli occhi e cominciò a indietreggiare lentamente verso le boscaglie alle sue spalle. Dopo una decina di passi, la sua schiena toccò i rami freddi, che sembravano spingerla di nuovo tra le braccia della nebbia in avvicinamento. Smarrita, si inginocchiò, sentendo un freddo glaciale. Cercando di farsi piccola e invisibile, si accovacciò il più possibile a terra e trattenne il respiro. 

«Uno… Due… Tre…» contava nella mente, preparandosi a incontrare l’ignoto. «Quattro… Cinque… Se…» Eva non riuscì a pronunciare l’ultima parola — sentì soltanto qualcosa di morbido che la avvolgeva completamente. Una forza invisibile la sollevò delicatamente da terra, come fosse una bambola rotta dimenticata in un angolo della stanza. La minaccia era quasi tangibile, rabbia e dolore pulsavano accanto a lei, cercando di impadronirsi del suo cuore, o forse della sua anima. 

Stringendo ancora di più gli occhi, la ragazza non sapeva più se fosse sogno o realtà. Delle dita fredde e umide le sfiorarono delicatamente le palpebre chiuse. Un respiro interrotto le bruciò la guancia, e un attimo dopo sentì un sussurro: «Apri gli occhi — guardami… Apri gli occhi — guardami. Apri gli occhi — guardami!». La voce non sussurrava più, ma urlava, perforandole i timpani come aghi. Il grido cresceva e a Eva sembrava che non venisse più dall’esterno, ma che risuonasse dentro di lei.

«Apri gli occhi! Apri, apri, apri! Apriiiiiiii!»

Dilaniata dal terrore e dal dolore, la ragazza tese le mani in avanti con i palmi aperti e strinse forte le dita, cercando di proteggersi dalla voce incessante. Il corpo si irrigidì e si tese, un nodo rovente si formò nei polmoni, ed Eva iniziò a urlare, liberandolo. Urlò finché la voce non si spezzò e dalle labbra uscì un flebile gemito. Esausta, si accasciò a terra. Da qualche parte si sentivano voci preoccupate, il tintinnio di vetri rotti e sirene ululanti. Un momento dopo la ragazza perse conoscenza, sprofondando in un silenzio assoluto e nell’oblio… 

La prima cosa che Eva sentì fu il tocco di un raggio di sole sulla guancia. Lentamente, molto lentamente, stava uscendo da uno stato di torpore; i suoni del mondo circostante scacciavano il silenzio. Senza aprire gli occhi, la ragazza ascoltava voci ovattate, il cigolio di ruote e il regolare bip di qualche dispositivo. L’odore, familiare a ogni bambino e adulto, non lasciava dubbi: si trovava in ospedale. Eva provò a ricordare come fosse arrivata lì, ma non ci riuscì. Il corpo sembrava pesante, come fosse riempito di piombo; la gola bruciava fastidiosamente, e la testa le doleva come dopo un colpo violento. 

Eva sentì cigolare una porta, poi qualcuno si avvicinò silenziosamente al letto e una mano fresca e delicata le toccò la fronte. 

«Mamma…» provò a dire Eva, ma dalle sue labbra uscì solo un sussurro appena percettibile. 

«Tranquilla, cara, non parlare, riposati. Sono qui, sono accanto a te. Dormi ancora un po.»

«Perché sono in ospedale?»

«Te lo spiegherò più tardi. Dormi…»

«Non andare via, ti prego!» disse la ragazza, sentendo il sonno avvicinarsi come un grande gatto pigro verso il cuscino. Dopo aver inspirato profondamente un paio di volte, sprofondò di nuovo nel silenzio. 

Serie: Eva e i segreti di Itky


Avete messo Mi Piace4 apprezzamentiPubblicato in Fantasy

Discussioni

  1. Ciao Karina, devo dire che la tua scrittura è fluida, descrivi bene la scena e quindi un piacere leggere il tuo racconto. Mi intriga l’inizio di questa storia, tutto promette bene. Appena posso seguirò a leggere gli altri episodi.