Una bella fiaba finita male

Serie: Lascia che passi la notte


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Annalisa sta passando un fine settimana a Osaka con il suo collega Andrew e Sebastiano non ne sa nulla.

L’abitacolo della Suzuki era impregnato di deodorante al limone, dava quasi nausea. Porzioni di cielo si riflettevano negli ultimi grattacieli di Osaka, la sbarra dell’autostrada comparve davanti a loro.

Andrew aveva collegato l’Iphone allo stereo e dalle casse la voce suadente di Adele cantava Love in the dark.

Non posso amarti al buio

È come se fossimo ad oceani di distanza

C’è così tanto spazio tra noi

Forse siamo già stati sconfitti

Annalisa non aveva mai fatto caso al testo prima, ma ora quelle parole la portavano a pensare alla sua storia con Sebastiano. Sollevò la scatola di cartone bianco dalle gambe, come se fosse diventata molto più pesante della cheesecake che conteneva.

La cintura le strusciava la gola, la scostò con le dita. “Mi puoi dire dove stiamo andando?”

“No.” Andrew sorrise sornione, una sola mano sul volante e una sigaretta ancora spenta in bocca. Diede un’occhiata allo specchietto e si spostò nell’altra corsia per superare un tir. “Posso solo dirti che sarà un viaggio lungo.”

“Pensavo che avremmo passato il fine settimana a Osaka.” Annalisa guardò con sospetto il mezzo pesante avvicinarsi troppo alla linea bianca.

“Ai grattacieli e ai negozi sei già abituata a Tokyo, voglio farti vedere qualcosa di più tradizionale.”

“E questo dolce per chi è?”

“Per te e per la persona che stiamo andando a trovare.” Prevenne la domanda successiva con uno sguardo divertito. “No, non ti dirò di chi si tratta.”

“Ok, tieniti i tuoi misteri” borbottò Annalisa e si concentrò sui cartelli verdi in avvicinamento. Toyonaka-minami, non le diceva niente.

Presero quella svolta.

Cercò di mettersi in una posizione comoda e chiuse gli occhi. Dormire l’avrebbe tenuta lontana dall’imbarazzo del viaggio; di conversazioni imbarazzanti e difficili ne avevano già avute troppe.

Basterebbe non frequentarlo al di fuori del lavoro, non sapere niente di lui, né avergli raccontato di me. Ma lei era sia una falena incapace di resistere alla luce, sia la luce stessa, quella che attira e brucia. Alex e suo marito ne erano la prova.

Adele venne sostituita dalle prime note di Photograph.

Di male in peggio. Un ricordo le si materializzò davanti. Lei e Seba a ballare sulla spiaggia dove lui le aveva appena chiesto di sposarla, quel maledetto Ed Sheeran in sottofondo.

Le canzoni avevano lo strano potere di sintonizzarsi con i pensieri, di rispondere quando nessun altro poteva farlo.

“Wait for me to come home” cantò a bassa voce Andrew.

Lei rimase con gli occhi chiusi. Sentì lo scatto dall’accendino e l’odore di fumo iniziò a solleticarle il naso.

“Aspetta che ritorni a casa. Dovrebbe essere più difficile.”

Annalisa lo guardò di sbieco. Non stava parlando della canzone. “Più difficile di cosa?”

Lui si spostò sulla corsia di sorpasso. “Aspettare invece che tornare.”

“Hai mai provato?” Le uscì un tono più provocatorio di quanto avrebbe voluto.

Andrew soffiò il fumo piano. “Ho passato parte della mia adolescenza a sentire mia madre lamentarsi di mio padre, della casa che avevamo, di come l’Europa fosse meglio di queste isole ridicole. E io avrei dovuto schifare tutto come lei, in particolare mio padre.” Gli spuntò un sorriso amaro. Il contachilometri digitale toccò i centoventi, nonostante un cartello indicasse il limite a cento. “Stavo il più possibile fuori, con loro parlavo a monosillabi. Alla fine mi facevano incazzare entrambi. Ma quando ci ha lasciato non è andata meglio, non come avrei immaginato.”

Annalisa prese il pacchetto di sigarette sopra il cruscotto e ne tirò fuori una. “Una volta hai detto che la loro storia era una bella fiaba finita male. Che cosa è successo?”

“Parlare di un matrimonio che è andato a rotoli ti aiuta a capire cosa non va nel tuo?” Non c’era sarcasmo, sembrava quasi un tono dispiaciuto.

“Nel mio sono solo io che non vado bene.” Allungò il palmo per farsi dare l’accendino.

“È nella tasca dei jeans.” Lui buttò la cenere dal finestrino.

“Appunto, passamelo.”

“Hai paura a toccarmi?” Socchiuse gli occhi divertito.

“E tu hai bisogno di fare dei giochetti da tredicenne? Stavamo parlando di un argomento serio.”

Andrew cedette e tirò fuori il solito accendino con il fiore di loto e gli ideogrammi.

“Mia madre arrivò in Giappone a sedici anni, quando mio nonno venne trasferito dall’India all’ambasciata inglese di Tokyo. Conosceva tre lingue e aveva già vissuto in varie parti del mondo, era bella e sapeva di esserlo. Quando decideva di ottenere qualcosa, in qualche modo ci riusciva sempre.”

“Mi ricorda qualcuno.”

A differenza del solito, lui non rispose a tono e proseguì il racconto, quel che restava della sigaretta tra indice e medio. “Mio padre, invece, non aveva quasi messo piede fuori dal villaggio di pescatori dove aveva sempre vissuto e a Tokyo era arrivato da meno di un anno per lavorare. Era di poche parole, un po’ si vergognava della sua scarsa istruzione e di ragazze non ne capiva nulla, non ne aveva neanche mai baciata una.”

Dalle casse uscì un brano dal sapore metal. Andrew regolò il volume. “I Loudness, la nostra alternativa agli Iron Maiden.”

“Non è il mio genere.” Ma Alex era riuscito a farle apprezzare qualcuna delle loro canzoni.

Sull’asfalto comparvero degli ideogrammi bianchi e, in lontananza, un cavalcavia con nuove indicazioni.

“Quindi i tuoi si sono conosciuti all’ambasciata?”

“Sì, lui lavorava lì come giardiniere. Mia madre poteva parlare con il personale solo se aveva esigenze specifiche, non certo per socializzare. Iniziò a leggere in giardino, a fare domande su piante e le potature anche se non l’avevano mai interessata. Comunicavano a gesti e mio padre con i fiori. Regalarle una Tsubaki fu la sua grande dichiarazione d’amore.”

“Che cosa sarebbe?”

“La chiamano rosa del Giappone, c’è una leggenda legata al dio del vento e a un terribile serpente ma, in breve, è un fiore che significa amore eterno.”

“Oh e lei lo ricambiava?”

“Sì, era innamorata. Suo padre minacciò di rispedirla in Inghilterra, di toglierle i soldi, di non considerarla più come figlia, ma alla fine dovette rassegnarsi e accettare il matrimonio, almeno sulla carta.” Il volto di Andrew si scurì. “Per la famiglia di mia madre quel matrimonio aveva una scadenza e mio padre è sempre rimasto il giardiniere ignorante da cui liberarsi.” Le labbra si piegarono all’ingiù e la Toyota accelerò. “Io ero accettabile perché per metà inglese.”

Serie: Lascia che passi la notte


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Discussioni

  1. Ciao Melania, hai raccontato un viaggio in auto davvero emozionante, ricco di aneddoti e spiegazioni varie arricchite dalle canzoni di svariati artisti. La scelta del tir, della macchina a centoventi kilometri orari e altri piccoli dettagli legati al pericolo sono stati voluti ai fini del racconto? A me hanno dato questa impressione, forse sbaglio. Comunque sia, un racconto molto interessante, complimenti!! 👏 👏👏

  2. Questo episodio mi ha trasmesso una strana sensazione, una tensione crescente,’durante il lungo viaggio in macchina, tra alta velocità, nonostante i cartelli, il tir, il sorpasso, le distrazioni nel parlare e guidare e nuove accelerazioni. Come se stesse per succedere un incidente da un momento all’ altro. Mi hai tenuto col fiato sospeso. E meno mi sbagliavo.

  3. Bello. A me Andrew sta anche simpatico. Fa quello che farei io (se avessi decenni in meno): rende meno pesante il soggiorno giapponese di Annalisa… e finora è stato un Signore, avercene! Lo vedo come uno specchio, dove lei, osservando bene, può trovare ciò che va e ciò che non va nella sua vita. Funzionale. Efficace. Quasi necessario. Sempre piacevole questa storia. Mi intriga però sapere che starà accadendo in Italia… attendo sviluppi.

  4. C’è sempre tanta musica in questa tua serie. Alcuni brani li conosco, altri no, altri ancora mi hanno spesso incuriosita da andarmeli a cercare. Potresti farne una compilation!
    A parte questo, leggerti è sempre molto piacevole. La tua scrittura scivola a volte rallentando, altre accelerando grazie alla tua capacità di giocare con le parole e la storia dei genitori di Andrew è affascinante.
    Concludo che, trovarmi in un abitacolo con due fumatori è stato un piacevole diversivo 🙂

    1. Ciao Cristiana, inizio con un grande grazie❤️La musica e la scrittura sono molte collegate, almeno per come la vedo io; a volte mi capita di scrivere con le mie canzoni preferite in sottofondo. Mi fa molto piacere, quindi, che tu abbia notato i brani che inserisco qua e là e che ne sia stata incuriosita.
      In merito al fumo, forse ho un po’ esagerato😅 Da non fumatrice non potrei mai affrontare un viaggio del genere.
      Un abbraccio!

  5. Ciao Melania, questo episodio è molto introspettivo. Scava dentro le emozioni di Annalisa e Andrew, rivelando personalità complesse, tutte da scoprire. L’escamotage delle canzoni che rivelano e chiariscono, è geniale. Ogni volta che leggo la tua storia ho voglia di prendere un aereo e partire in Giappone. Le descrizioni sono chiare e evocative. Il finale poi è da sogno. Bravissima 💕

  6. “Basterebbe non frequentarlo al di fuori del lavoro, non sapere niente di lui, né avergli raccontato di me. Ma lei era sia una falena incapace di resistere alla luce, sia la luce stessa, quella che attira e brucia. Alex e suo marito ne erano la prova.”Parto con il segnalare il passaggio che mi ha colpito più di tutti… Stupendo 💞

  7. Ogni volta che inizio a leggere un nuovo episodio di questa serie, dico: “Ok Melania, fammi sognare”, e accade sempre! Ho avuto la sensazione di esserci io in auto con Andrew😁 Hai creato un personaggio talmente affascinante che tra un po’ inizio a sognarlo! Bravissima💕

  8. bellissima la parte finale, la leggenda del fiore regalato mi ha incuriosita, mi piacerebbe saperne di più. Ho avuto la sensazione che Andrew stia mostrando un lato di sè che fino ad ora ha tenuto in disparte. Mentre racconta della madre appare senza difese, come se si fosse tolto le maschere. Lui e Annalisa si stanno aprendo, si sta creando un’intimità sotto tutti gli aspetti.