Una notte di fuoco

Serie: La divina bellezza


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Dopo aver raggiunto il B

Martedì ore otto e quindici. Ho fatto colazione, divorando rapidamente tutto quello che c’era sulla tavola, come un banco di pesci piranha famelici. Nello zaino ho messo da parte una banana e una vaschetta di crema al cioccolato.

Ho ripreso il cammino e, da Monzuno, ho percorso una ripida salita, per raggiungere il castagneto di cui mi avevano parlato Laura e Federico, ieri sera, mentre mangiavo con loro alla Dimora dei folletti. Ora mi godo il paesaggio, scelgo un castagno che mi ispira e faccio un po’ di meditazione, per affrontare meglio la giornata. Stare sotto un albero così imponente, circondata da tanti altri esemplari simili, è come immergersi in un mare di foglie, che formano un tappeto friabile sul fondo, mentre le onde leggere delle fronde mosse da un alito di vento, oscillano dall’alto verso il basso.

Da qui mi sposto per andare fino a Madonna dei ForneIli. Il nome di questa località è curioso. Mi sono informata prima di partire e ho scoperto che deriva dalla presenza dei carbonai, che tagliavano la legna, facevano i cumuli e li accendevano per produrre carbone. Credo, però, che questa attività, ormai, sia in via di estinzione.

Dopo un breve tragitto in salita, forse di un chilometro, la strada è tutta in discesa. Per arrivare a Madonna dei Fornelli ho impiegato poche ore, nonostante il tempo dedicato alla meditazione, che mi ha messo le ali ai piedi.

Mentre mi guardo intorno, per decidere da che parte andare, si avvicina un uomo: è trafelato, indossa un saio marrone, sicuramente è un frate. Mi porge un santino: è l’immagine di San Francesco con il lupo. Sul retro è stampato il Cantico delle Creature “Lodato sii mio Signore, insieme a tutte le creature; specialmente per il signor fratello sole […], per la sorella luna e le stelle: in cielo le hai create, chiare, preziose e belle…”

Lo ringrazio. Ho amato tanto, da bambina, la storia di San Francesco. Da adulta sono stata ad Assisi più volte e vorrei riuscire a percorrere, prima o poi, tutta la Via Francigena. La prima volta che ho visitato la Basilica di San Francesco, non solo ho respirato l’atmosfera mistica che aleggiava dentro e fuori, ma – non esagero – era quasi palpabile. Le volte successive, dopo il terremoto e la ricostruzione, non l’ho più avvertita. Non so se dipendesse da me o se l’aria del luogo fosse più “contaminata”.

Un altro Francesco che stimo è il nostro amatissimo Papa Bergoglio. Ammiro il suo coraggio, la sua coerenza, la sua volontà di abbandonare tante cose superflue imposte dalla tradizione del Vaticano. Ora sta male, lo vedo molto sofferente e mi dispiace; credo che sia anche per colpa delle suore di Santa Marta, che gli danno da mangiare. Lo hanno rimpinzato di cibo. Ma porca miseria dell’ Africa centrale, non si rendono conto che le articolazioni delle ginocchia, a lungo andare, non reggono più? Soprattutto quando c’è un aumento importante del peso corporeo.

Immagino la scena, mentre gli servono i pasti. “Mangi, Santo Padre, mangi.” E un’altra: “Assaggi questo Sua Santità, assaggi”. E poi: “Come, non lo finisce? Perché? Non le piace?”. “No, no, è tutto buonissimo”, risponde il Papa, per non ferire la loro sensibilità. “Non possiamo buttare il cibo, Santo Padre – è un peccato – dispiace anche a Dio.” E Papa Francesco, per non dare un dispiacere alle suore (non a Dio, perché lui è dalla sua parte), fa l’ennesimo sacrificio e finisce di consumare la porzione abbondante che gli hanno versato nel piatto. Intanto pensa “Signore abbi pietà di me e abbi misericordia di suor Natalina, di suor Pasqualina, di suor Angelina e di suor Maria. Loro non sanno quello che fanno”.

Prima che il frate si allontani, lo raggiungo e gli chiedo se per caso, in questa zona, si è verificata la fuga di un leone o di una tigre da qualche circo. Lui mi guarda, sorride e con voce serafica mi risponde che ci sono gli animali della fauna esotica nella riserva di monte Adone. Certe volte, con il vento, il loro verso si diffonde anche in lontananza.

Dopo essermi inerpicata su una ripida salita arrivo a monte Gozzano. In una piccola struttura in pietra, ho trovato un contenitore di metallo che custodisce il “Libro vetta”: un quaderno per lasciare qualche traccia scritta del cammino. Incuriosita, inizio a sfogliare e a leggere.

“Nel sentiero luminoso, tra boschi, rupi e croci, il pensiero è gioioso; mentre tacciono le voci, sotto un cielo sconfinato, candido, azzurro e un po’ scarlatto. Ascolto il sussurro del vento che mi sfiora, e mi sento beato in questa magica ora.”

Una delle croci di cui parlano questi pochi versi, è altissima; si trova proprio qui, davanti a me. La piccola struttura in pietra che custodisce i “Libro vetta”, che ho tra le mani, è stata costruita ai piedi della croce.

Ho voglia di scrivere qualcosa anch’io su questo registro del colle. Sono indecisa se usare caratteri in stampatello o scrivere in corsivo, con la mia grafia irregolare.

Mi impegno al massimo, che sia almeno decifrabile.

In questo luogo così ameno, non so più chi sono; se son più forte o stanca; se son desta o sogno. Non c’è nulla che mi manca; di niente ho più bisogno. E la pace che respiro, aprendo in alto le mie braccia, verso il cielo che ammiro, per chi è in lotta, in guerra o a caccia, vorrei soltanto, da sopra queste vette, col cuore in mano e col pensiero, un lungo soffio che si espanda leggero. E donare al mondo un po’ di quiete.

Ho proseguito il mio cammino e mi accingo a raggiungere il passo dell’Osteria Bruciata. Si racconta che lì sorgesse una locanda, dove la specialità della casa era la carne umana degli ospiti ubriachi, che il proprietario derubava, uccideva e cucinava per altri clienti.

 Credo che per oggi potrei accontentarmi di pranzare con la banana e la crema al cioccolato che ho preso al B&B. Non vorrei che il vizio  di cucinare carne umana si fosse diffuso nuovamente in qualche altra trattoria, al posto del cinghiale. La vecchia locanda, dopo la macabra scoperta, dovuta a un frate, sui veri ingredienti dello spezzatino, pare che l’avessero incendiata.

Dopo una breve sosta per rifocillarmi, ho ripreso il cammino in direzione di Sant’Agata del Mugello. Il borgo è molto caratteristico –  dice la guida – come se si varcasse l’ingresso di un’altra epoca.

Infine ho seguito il suggerimento del mio Cicerone di carta: ho deciso di prendere la deviazione per visitare il Convento di Bosco ai Frati, per vedere il Cristo ligneo di Donatello.

Appena sono arrivata ho ritrovato il frate che mi ha accolto con un caloroso “pace e bene”; poi mi ha fatto da guida all’interno del museo.

Davanti al Cristo in croce, fra Lorenzo mi ha lasciato da sola ad ammirare, contemplare o pregare, al cospetto di quell’opera d’arte sacra molto suggestiva.

Fuori, poco dopo, nel piazzale vicino alla chiesa, ho notato un tipo in pantaloncini corti marroni e con la maglietta e i sandali dello stesso colore. Mi è sembrato un giardiniere, perché in mano aveva la pompa per innaffiare. Quando si è voltato verso di me, ci siamo guardati sbalorditi e subito riconosciuti.

“Matteo!”

“Lisa!”

“Non posso crederci. Come stai?” ho chiesto al compagno di scuola del liceo che non vedevo da vent’anni. Avevo un debole per lui, che aveva preso una cotta per una compagna di classe, innamorata di un altro: il suo attuale marito.

Marco mi ha accompagnato a visitare la chiesa, poi mi ha detto di sedermi ad aspettarlo in un giardino sul retro dell’imponente struttura, che comprende il convento, la chiesa e il museo.

Quando è tornato aveva in mano una tazza e un piatto con pane, formaggio e un tovagliolo. Ho bevuto la tisana alle erbe, tiepida, che sapeva di miele. Un miele con un retrogusto leggermente amaro, prodotto sicuramente tra i boschi della montagna; forse di castagno. Era un elisir delizioso, mi ha ristorato come nessun’altra bevanda alle erbe bevuta prima.

Sono grata  e felice di trovarmi in questo luogo così speciale, dopo aver ritrovato il mio caro compagno di scuola, ormai quarantenne, un po’ stempiato, ma sempre bello nei lineamenti e con lo sguardo più incantevole che mai.

Marco   mi ha chiesto di fermarmi: questa notte ci sarà una festa, non lontano dal convento. Mi ha suggerito di alloggiare a “La tenuta delle tre virtù”, a un chilometro di distanza dal monastero.

Ho accettato subito, al volo. Per niente al mondo mi perderei questa seconda possibilità che la vita mi sta offrendo. Immagino già la musica, i canti, i balli e il vino buono dei frati. Una notte di festa e poi, chissà… potrebbe diventare una notte di fuoco.

ATTENZIONE: questa Serie è stata scelta dalla redazione di Edizioni Open per diventare una pubblicazione cartacea. Continuate a seguirci per tutti gli aggiornamenti.

Serie: La divina bellezza


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    Discussioni

    1. Giuro che sto davvero meditando di lasciare più spazio a questa dimensione. Leggo il tuo racconto e qualcosa dentro di me scalpita: non so da quanti anni non mi concedo il lusso di sedere sotto un albero, concedermi una spiritualità istintiva che ogni Dio comprende. Fare qualcosa di concreto per poter “lavare” la mente. Già lo sogno in ciò che scrivo (forse richiami di una vita passata, come hai accennato tu in un precedente episodio), forse è tempo di agire.

      1. Che bello trovare una persona che non solo capisce e condivide ciò in cui credo (anche quando è pura invenzione),e cerco, con piacere e a volte con affanno, di scrivere. Se poi funziona anche come stimolo positivo, è come raggiungere un obiettivo insperato. Grazie Micol, un abbraccio.

    2. “mmagino la scena, mentre gli servono i pasti. “Mangi, Santo Padre, mangi.” E un’altra: “Assaggi questo Sua Santità, assaggi”. E poi: “Come, non lo finisce? Perché? Non le piace?”. “
      Mia nonna era identica! 😂

      1. Grazie Alessandro. Mi fa piacere che, pur essendo un po’ sfigata, possa essere a mio/suo (?) favore. Un po’ di solidarieta` non guasta; anzi… trasmette vibrazioni positive che favoriscono un positivo andamento degli eventi.

    3. Laudato sii Signore, per la sorella Manca / per i versi di pace, gioiosi toccanti e belli / il viaggio è lungo, e il cammino per le salite stanca / Fermati un attimo qui, a Madonna dei Fornelli / se ora salto un verso, son sicuro che poi mi manca / e non me lo “Perdono”, come la canzone della Caselli / lo rileggo dal tablet, seduto su di una panca / con grande attenzione sì, prima che un hacker lo cancelli.

      1. Grazie gentile fratello Fabius: sono commossa. Nonostante la mia eta`, ancora mi commuo facilmente, o forse e´ proprio un segno della mia vecchiaia incipiente.
        Comunque sia, mentre io provo a strappare ai lettori anche qualche sorriso, tu, fratello Fabius, mi stai diventando poeta.

    4. Davvero un racconto ben scritto! Brava!!!!
      Mi piace come la storia raggiunga una dimensione mistica per poi tornare coi piedi sulla terra, con la cotta che tutti abbiamo avuto al liceo e di cui non ci siamo mai liberati, come aspettando che ritorni nella nostra vita… anche solo per bere una tisana insieme o dividere un pezzo di pane col formaggio. Ho provato tantissima tenerezza leggendo quella scena.

      1. Grazie!!! E` bello sognare. E` bello viaggiare, con le gambe e con la mente, ma bisogna pure atterrare. Qualche volta, per i sognatori, ci vorrebbe anche un po’ di zavorra per non stare troppo con la testa tra le nuvole e precipitare senza paracadute.

    5. Tanta roba! La prima parte è stata quasi mistica, immagine del Papa ingozzato dalle suore a parte che è una scena degna di Fabius 😂 ma il messaggio,o meglio la poesia lasciata come testimonianza non poteva essere più adeguata per il luogo e il momento. La seconda parte, con questo incontro inatteso…promette scintille! Spero che alla mattina ci sia una bella colazione ricca eh eh 😂

      1. Grazie mille. Un sacco di belle considerazioni. Credi che voglia competere anche io con i bravi autori di libriCK del genere erotico? Spero di riuscire a sorprendervi. Un abbraccio.