Una piccola ribelle

Serie: La bambina che non sapeva amare


Nella piazza principale il mercato è luogo di allegria, di grida e di profumi; è l’unico svago per gli abitanti di Mezzoborgo. Case che si assomigliano troppo, persone che si assomigliano troppo. La vita è grigia, ma il grigio può essere un buon colore, un buon modo di essere, basta solo l’abitudine e un pizzico di buona volontà.

«Signora Elisabetta.» Una voce grossolana giunge dal banco opposto a quello in cui si è fermata la famiglia Zeloni al gran completo.

«Non girarti!» Emanuele dà una leggera gomitata nel fianco della moglie.

«Cerca di stare tranquillo, caro» replica lei. «Diremo che è la figlia di un mio parente venuta dalla città.»

L’uomo si rilassa; solo un poco, ma è sufficiente.

Elisabetta, un sorriso splendente stampato in faccia, va verso il donnone che l’ha chiamata. «Rita Bulino! Tutto bene?»

Questa sorride a sua volta, come in una gara a chi sfoggia il miglior sorriso falso. «Ora sì, grazie a Dio!»

Elisabetta annuisce. «Ne sono lieta. Eravamo tutte preoccupate al circolo di preghiera, non vedendoti arrivare mercoledì scorso.»

Il sorriso di Rita sembra espandersi all’inverosimile, tanto che Elisabetta teme le si stacchi la mandibola; è un pensiero negativo e più tardi avrebbe dovuto chiedere perdono al Signore.

«Una maledetta influenza mi ha tenuto lontano dalle cose importanti, ma non sono mai mancata alla Santa Messa.»

«Noi donne pie non possiamo assolutamente mancarvi» concorda Elisabetta.

Lo sguardo di Rita si posa sulla bambina accanto a Emanuele. – Ecco che arrivano le domande scomode- pensa Elisabetta.

«Ed ecco la tua bella famigliola!» Con passi pesanti sposta l’ingombrante corpo in direzione di Emanuele. «Il nostro burbero uomo di casa.»

Il burbero uomo di casa non sorride, non è mai riuscito a sopportare l’irruenza di Rita Bulino. Questa non sembra farci troppo caso e rivolge l’attenzione alla piccola.

– Eccoci al dunque. –

«Ed ecco qui la bellissima Carolina!»

Bellissima Carolina?!

«Quanti anni hai adesso?»

Elisabetta sa che la bambina non risponderà. Sono trascorsi quattro giorni dal momento in cui l’uomo misterioso l’ha portata da loro e l’unica parola che ha detto è stata “mamma”. Invece…

«Quattro anni, sei mesi e tre giorni.»

Il sorriso del donnone si tramuta in una risata roboante. «Precisa come al solito!»

Sia Emanuele che Elisabetta rimangono con la bocca spalancata: chi è veramente quella bambina che Dio ha voluto mandar loro?

***

Una volta tornati a casa, Elisabetta appoggia la spesa sul tavolo della cucina e si rivolge alla piccola: «Non mi avevi detto che ti chiami Carolina!»

Quest’ultima scrolla le spalle.

«Ti sembra questo il modo di rivolgerti a tua madre?»

Madre?! Lo è veramente?

La donna sospira sconsolata. «La signora al mercato sembrava conoscerti molto bene.»

«Infatti mi conosce» replica la bambina. «Sono tua figlia, perché non dovrebbe?»

Il corpo della donna comincia a tremare. «Tu sai che questo non è possibile.»

La figlia rivolge alla madre uno sguardo vacuo.

Emanuele, che in silenzio aveva ascoltato il dialogo delle due, non riesce a far pace con i propri dubbi: poteva una bambina di quattro anni parlare in quel modo?

***

La domenica è il giorno del Signore. Non che gli altri non lo siano; ogni giorno è il Suo giorno, ma la domenica…Beh! La domenica è il giorno della Santa Messa.

La piccola chiesa è gremita di gente. «Dovevamo arrivare prima!» si lamenta Elisabetta.

«Vanno bene anche gli ultimi banchi» afferma il marito. « Ricordati che gli ultimi saranno i primi.»

Giunti in prossimità del banco, la bambina si siede immediatamente, ricavandone uno schiaffo da parte di Elisabetta.

«Che combini?» la redarguisce il marito. «Ci stanno guardando tutti!»

La donna, il viso infuocato, afferra la piccola per un braccio e la strattona, costringendola ad alzarsi.

Emanuele si guarda attorno; l’attenzione dei presenti è catalizzata dal loro triste teatrino, a tal punto che don Anselmo fatica a nascondere un crescente disagio.

Carolina, sempre che questo sia il suo vero nome, si lascia trascinare dalla presa di Elisabetta senza opporre alcuna resistenza. Una bambola, questo appare agli occhi di Emanuele Zeloni, una piccola bambola di porcellana dall’espressione indecifrabile.

La donna, invece, gli appare simile a un demone, figura improbabile nell’edificio in cui si trovano. «Inchinati davanti al Signore, bambina!»

Il volto della piccola rimane impassibile: non l’accenno di una lacrima, non l’ombra di un sorriso.

«Guarda davanti a te, figlia ingrata! Ti ho detto di inchinati al cospetto del Salvatore.»

Un grosso crocefisso troneggia in fondo all’altare; gli occhi di Carolina sono rivolti in quella direzione, ma sembra che lo sguardo prosegua oltre, in un luogo che solo lei può scorgere.

La pazienza di don Anselmo comincia a vacillare: che cosa stanno combinando quei tre? Sanno di essere al cospetto del Signore? Un potente colpo di tosse vuole essere un avvertimento.

Emanuele si rivolge alla moglie: «Basta adesso! Sediamoci.»

«Non finché questa piccola ribelle non si deciderà ad inchinarsi.»

Agli occhi dell’uomo sembra tutt’altro che ribelle: non riesce a togliersi dalla testa l’immagine della bambola di porcellana.

Assurda e quasi ridicola è la scena nella quale Elisabetta Zeloni afferra il minuscolo capo della figlia e lo spinge verso il basso. «Inchinati, maledizione!»

Eppure, nonostante usi tutta la forza che ha in corpo, il capo non si abbassa di un solo centimetro.

Emanuele agguanta un braccio della consorte, così come poco prima aveva fatto lei stessa con Carolina. La famiglia Zeloni si appresta a uscire e don Anselmo è finalmente libero di dare inizio alla Santa Messa.

Nell’attraversare la soglia della casa del Signore, Emanuele Zeloni si domanda se quella misteriosa bambina sia davvero un dono del Cielo. Si stavano forse ingannando?

Tendendo l’orecchio gli sembra quasi di sentire il sommesso sghignazzare del demonio.

Serie: La bambina che non sapeva amare


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Discussioni

  1. Bravissimo Dario un racconto molto interessante, scritto da Dio -o forse da Satana- che incuriosisce e appassiona. I personaggi sono caratterizzati benissimo e l’ambientazione da provincia italiana funziona alla grande

    1. Come sempre troppo gentile. Quando avrai finito di leggere questa storia, ti chiederò il motivo per cui Carolina non s’ inchina di fronte al crocefisso. Ahahah, penso che non l’abbia capito nessuno, ma è piuttosto logico…

  2. Ohh, che finale! Sei sempre il solito, pronto a destare curiosità a mille. 🙂 Che sono “carini, simpatici e coccolosi” i due con la bambini. Quanto li sto amando, guarda! Ahahahah. Vediamo cosa mi riserva il prossimo episodio.

  3. Dario, sei davvero diabolico!!! La vera natura di questa bambina rimane un’affascinante mistero, non so cosa pensare, sulle prime il lettore potrebbe subito pensare a una figura demoniaca, ma… c’è qualcosa che non mi quadra… questo episodio mette veramente la voglia di continuare, e il terzo episodio mi aspetta…

  4. Premesso che una bambina di quattro anni solitamente parla perfetta ne se frequenta asilo, ecc, a parte questa parte che consiglierei di rivedere, il racconto come il precedente arriva come un dardo dritto al lettore. Bravo. Anche se credo che insinuare dubbi su angeli o demoni, è uno schema che và giocato con attenzione e conoscenza. Un demone nella credenza comune non può accedere ad un luogo sacro se consacrato, come altri essere malefici(vampiri e co), sia secondo religione cristiana che credenze popolari e fantasy. Un dono dal diavolo quindi non potrebbe accedere in teoria alla messa domenicale, se non mezzo sangue. Cmq entriamo troppo nello specifico. Cmq il testo mi è piaciuto, proseguo la lettura.

  5. La curiositá riguardo la vera identità di Carolina cresce. Nonostante la storia sia ancora in una fase introduttiva cominciano a delinearsi alcuni contorni chiari che mi hanno catturato. A quando il terzo episodio? 🙂