Un’unghia di racconto

L’altro giorno mi sono scheggiato un’unghia. Niente di che, cercando di liberare il mondo da una fastidiosa zanzara ho strisciato la mano contro il muro e l’unghia del medio ha fatto crac. Nulla di grave, il dolore è stato immediatamente sopito dal piacere di ritrovare il fastidioso insetto spiaccicato nella mano.

Proprio non le sopporto con il loro ronzare che ricorda alla mia pelle tutte le precedenti punture e conseguenti tonfi, bonfi, bozzi o come cavolo si chiamano quelle “marandule” che si gonfiano come noci nei punti in cui, vigliacche, hanno succhiato il mio sangue. Prima le sentivo a distanza, ma ora con i miei problemi di udito le sento solo quando sono in prossimità delle mie orecchie; mi rifilo certi ceffoni che neppure Don Casu, il parroco della mia infanzia che aveva le mani che parevano badili, sarebbe stato in grado di mollare.

È sufficiente che ne veda passare una che subito mi riviene il prurito sulle precedenti punture ed allora parte la caccia. Armato della prodigiosa racchetta elettrofulminante, onore e merito della tecnologia cinese, vado al suo inseguimento fendendo l’aria come e meglio di Sinner. La speranza è quella di riuscire a fare strike; mi spiego, quando incenerisco la zanzara si sente il crepitio della scarica elettrica che a seconda dei casi può avere uno o più schiocchi. Lo strike avviene quando l’insetto resta incastrato nella racchetta ed il crepitio assume la sequenza di una raffica. Un vero inno alla vittoria.

Ritornando all’unghia, lo strisciare contro il muro ha prodotto una piccola scheggia di lato, poco più di un triangolino acuminato che sistematicamente va ad agganciarsi alle calze, fazzoletto, maglietta e qualsiasi cosa che abbia la consistenza di un tessuto. Ho pensato di tagliar via quello scomodo arpioncino ma, quando ti serve urgentemente, il tagliaunghie non lo si trova mai. Di usare le forbicine non se ne parla neppure, la scheggia spinosa è nella mano destra ed io con la sinistra non sono in grado di usare nessun attrezzo, limiti congeniti, così mi tengo l’unghia con il brandello e cerco di non pensarci.

Non pensarci, fosse semplice! Qualunque cosa stia facendo o pensando, il pollice della stessa mano va, in completa autonomia, a stuzzicare il frammento. Sia il pollice che l’anulare utilizzano quella piccola e dura punta per farsi una grattatina dapprima leggera e poi via via più intensa. In poco tempo diventa una droga, più ti riprometti di non tormentarti l’unghia e più il movimento diventa compulsivo gettandoti in preda ai tuoi tic e manie ossessive. Cerchi allora di porre rimedio e con l’altra mano provi a tirare leggermente quella punta. Niente da fare, le dita della mano sinistra non riescono a far presa anche perché, nel frattempo ed a furia di smuoverla, tutto il lato dell’unghia si è gonfiato. Provi allora ad afferrarla con i denti ma prima ti viene da mordicchiare la pelliccina intorno, cosa che nei momenti di tensione hai sempre fatto ma di cui ora avresti volentieri fatto a meno, e come se non bastasse dai una passatina anche a quella del pollice che negli ultimi giorni avevi un po’ trascurato. Ritorni poi all’unghia rotta, hai deciso, l’afferrerai con i denti e la strapperai. No, che non lo fai, o meglio non riesci a completare l’opera perché ora l’unghia ti fa un male boia e l’aver tirato un poco il brandello lo ha reso ancor più sensibile al dolore ed ora stai lì, con la parte terminale del dito oramai gonfia e violacea così che l’intera mano destra è inutilizzabile. Maledette zanzare.

Per lenire il dolore cerco di distrarmi pensando ad altro ed infatti rifletto ignominiosamente sulla utilità delle unghie nel contesto moderno e nell’ambito del loro uso quotidiano.

In fondo se prima erano utili per artigliare la preda, e di tali trascorsi ne abbiamo ancora traccia nelle unghie femminili ben più toste ed aguzze di quelle maschili, oggi servono solo ad indicare dove terminano le dita nonché a dare terreno di coltura a diverse micosi. In taluni casi servono a darci sopra con delle martellate, oppure, se dei piedi, a cozzare contro spigoli ed asperità varie. Inoltre, sono oggetto di passatempi masticatori nonché mezzo su cui scaricare le nostre ansie. È pur vero che senza, diversi uomini avrebbero difficoltà ad attendere sfaccendati il verde dei semafori ed alcune donne a nettarsi di quell’angolino di rossetto finito nella commensura degli incisivi, così come è vero che ne abbiamo assoluto bisogno nella maggior parte dei pruriti, ma tutto ciò non attenua i problemi che di volta in volta ci creano.

Ma poi, in fondo riflettendoci bene, le unghie sono parte di noi, anche con i loro fastidiosi frammenti e complicanze, anche con le loro asperità e rabbia, le loro piccole manie e strambe compulsioni. Che sarebbero le nostre mani senza di loro. Sì, sarebbero lisce, atte a morbide carezze, tondeggianti, però ahimè, purtroppo senza mordente e senza quella punta di asperità che rende più consapevole e desiderabile la scorrevolezza, e per di più, senza quel metro di paragone che ci permette di distinguere il carezzevole dal rugoso. Cos’è il bello se non una linea continua ed uniforme interrotta però da un sussulto improvviso, direi quasi un graffio, un impeto di vita su quella immobile uniformità? Abbiamo bisogno di questi salti improvvisi, di queste sferzate che ci spronano, che fanno affluire il sangue fin sulla superficie pelle dandoci il colore ed il pulsare della vita.

Abbiamo bisogno di contrasti, della luce per conoscere il buio e di quest’ultimo per apprezzare appieno la luce. Questo non significa che dobbiamo vivere il bene ed il male in egual misura, non credo sia una buona cosa. Direi che certi contrari nella loro contenuta dimensione, vedi ad esempio le nostre unghie e nei loro ancor più minuti frammenti, siano utili proprio perché ci ricordano che tutto il resto, insieme a loro, non è né uniforme né scontato ma tutto da scoprire.

Abbi pazienza, ora ti debbo lasciare, un’altra zanzara è entrata in camera, a me la racchetta.

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Discussioni

  1. Una lunga riflessione sul senso dell’ unghia e l’apparente inutilità della zanzara, eliminata senza esitazione dalla “racchetta elettrofulminante, onore e merito della tecnologia cinese”. Una via di mezzo tra l’elucubrazione mentale e l’esecuzione materiale, con accenni filosofici e antropologici e tanta ironia che rende piacevole la lettura.

  2. Dall’unghia alla zanzara all’unghia. Poi la digressione darwiniana e un accenno al fenomeno mediale del momento (il tennis). Che dire: un notevole esempio di flusso di pensiero.