Vai Valentina
Serie: Cinquanta Racconti
- Episodio 1: L’idraulico
- Episodio 2: Telefono erotico
- Episodio 3: La risata
- Episodio 4: UNA PASSEGGIATA SUL LATO SBAGLIATO DELLA NOTTE
- Episodio 5: Due solitudini
- Episodio 6: Novantanove palloncini rossi I
- Episodio 7: Novantanove palloncini rossi II
- Episodio 8: Novantanove palloncini III
- Episodio 9: Novantanove palloncini rossi IV
- Episodio 10: Vai Valentina
STAGIONE 1
Valentina non ricordava più quando aveva iniziato a scappare. Forse nel retro dei teatri fumosi, dove le prove finivano sempre tardi e le canzoni restavano sospese tra le assi del palcoscenico senza trovare un produttore disposto a rischiare. Camminava con le scarpe consumate e una risata che apriva spiragli inattesi. Oppure la fuga era nata prima, dentro la voce stessa, in quel graffio naturale che nessun esercizio era riuscito a levigare.
Aveva lasciato Milano all’alba, con l’odore del Naviglio ancora attaccato alla pelle. La notte precedente era scivolata in una discussione tesa, precipizio improvviso di un amore stonato. Prima un abbraccio caldo, poi un gesto maldestro, una carezza deviata che aveva lasciato una spina sulla pelle. Nessuna violenza, solo un istante che cambiava tutto. Tanto bastava. Valentina aveva infilato i pochi abiti in una borsa, si era guardata allo specchio senza trucco e aveva lasciato scorrere il respiro corto fino all’uscita di casa.
Ora avanzava lungo una provinciale bagnata dalla pioggia. Nessuna meta concreta. Solo il bisogno di mettere distanza tra sé e il caos. Le case basse del paese apparvero oltre una curva: un bar con l’insegna blu, un cancello arrugginito che oscillava nel vento, una piazza silenziosa.
Spinse la porta del bar. Il rumore interruppe il torpore della sala. Il barista, un uomo dai capelli grigi, sollevò lo sguardo. Rimase sospeso un attimo davanti a quella figura sottile, nota e non nota. Gli occhi di Valentina avevano una profondità stanca, un’ombra che attirava più del trucco assente.
«Caffè?»
Annuì. Non aveva voglia di parole.
Il caffè le scaldò la gola. Il sapore della notte agitata tornò in un lampo. Si sfiorò il polso arrossato, quasi impercettibile agli occhi di chiunque. A lei bastava per ricordare tutto.
Aveva attraversato palcoscenici, camerini, relazioni che si erano consumate tra luci troppo forti e promesse che non reggevano un’alba. Gli uomini che l’avevano cercata da vicino avevano provato a cucirle ruoli addosso. Lei aveva strappato ogni filo. Sapeva sparire all’ultimo istante. Sapeva rinascere nello stesso modo.
Pagò e uscì.
Il paese si muoveva con lentezza. Una bambina tracciava forme sull’asfalto con un gessetto viola. Un cane dormiva sotto l’edicola. Poco distante, una pensione con le imposte verdi offriva il rifugio essenziale: un tetto, un piatto caldo, un angolo d’ombra.
Entrò. La porta cigolò. Una donna bionda, robusta, asciugava piatti dietro il bancone.
«Cerchi una stanza?»
«Cerco un lavoro.»
La donna la guardò con una calma sveglia. In quella pelle chiara c’era un’eco di palchi e cicatrici. La riconobbe senza far domande.
«Sono Dora. Cerco aiuto in cucina. Il lavoro richiede forza, ma qui si mangia bene e la paga arriva quando deve. Accetti?»
Valentina rispose solo con un sorriso.
Dora le mostrò una stanza al primo piano: un letto pulito, un armadio aperto, una finestra affacciata su un mare di granturco. Il silenzio le avvolse il petto. Un silenzio vivo, che non pesava.
Posò la borsa, si lasciò cadere sul materasso fresco. Il tremito le risaliva le braccia in piccole scosse. Inspirò piano finché il corpo non trovò un equilibrio.
Il pomeriggio trascorse tra stoviglie, pentole calde, tovaglie stese al sole. Il lavoro ripetitivo aveva un effetto balsamico: ogni piatto lavato portava via un pensiero, ogni gesto costruiva una nuova identità .
Dora cucinava mentre canticchiava una melodia familiare. Una canzone su una donna dagli amori fragili e dalle fughe improvvise. Una donna che bruciava la vita negli occhi.
Valentina si unì al canto con discrezione.
«Hai una voce che scalda» disse Dora senza girarsi.
«È l’unica parte di me che non ho perso.»
«Che cosa si è perso?»
Valentina sollevò lo sguardo.
«La mia strada.»
Dora annuì. Nessuna sorpresa, nessuna pietà . Versò un bicchiere di vino bianco.
«Rimani qualche giorno. A volte basta quello per ritrovarla.»
Quando il lavoro finì, Valentina uscì sul retro. L’aria odorava di fieno tagliato. Il sole era un disco rosso dietro le colline. Un ragazzo magro stava portando una cassetta di verdure. Vide Valentina, si fermò.
«Tu sei quella nuova.»
Annuì.
«Io sono Nino. Mio padre cura l’orto laggiù. Porto le verdure a Dora.»
La osservava con un interesse sincero, non invadente. Nessun tentativo di penetrare la sua storia. Una curiosità pulita.
«Hai occhi che puntano lontano.»
«Forse è solo stanchezza.»
«Può darsi. Però hai il passo di una che non si ferma in un solo posto.»
Ogni parola le scendeva dentro senza far male.
Camminarono fino al fiume. L’acqua scorreva con calma. Nino lanciò un sasso che ruppe la superficie in cerchi ordinati.
«Milano ti manca?»
Valentina strinse le spalle.
«Non so se mi manca oppure pesa.»
Nino ridacchiò. «Capita anche con certe persone.»
Lei lo fissò.
«Perché lo dici?»
«Perché ti vedo.»
«Cosa vedi?»
«Una donna che ha dato tutto e ora vuole solo respirare.»
L’immagine della notte tornò veloce: una festa calda, un bicchiere in mano, un abbraccio, una frase dolce, un momento di disordine, una spina sulla pelle. Un ti amo sbagliato, aveva detto lui.
Lei aveva scelto la fuga.
«Resterai?» chiese Nino.
«Non lo so.»
La sera la accolse con morbidezza. Nella stanza sul campo, Valentina stese le mani sul lenzuolo e sentì un’energia nuova, una possibilità che non prendeva ancora forma. Non era rinascita, non era pace. Un principio diverso. Il primo accenno di una voce libera.
Chiuse gli occhi. Il ricordo della spina sfiorò la pelle e poi svanì.
Quella notte sognò un palco con lei al centro, luci calde, un microfono acceso, la platea gremita.
E lei lì, ferma, pronta a respirare prima di cantare.
Non più per fuggire. Per restare viva.
Serie: Cinquanta Racconti
- Episodio 1: L’idraulico
- Episodio 2: Telefono erotico
- Episodio 3: La risata
- Episodio 4: UNA PASSEGGIATA SUL LATO SBAGLIATO DELLA NOTTE
- Episodio 5: Due solitudini
- Episodio 6: Novantanove palloncini rossi I
- Episodio 7: Novantanove palloncini rossi II
- Episodio 8: Novantanove palloncini III
- Episodio 9: Novantanove palloncini rossi IV
- Episodio 10: Vai Valentina
Meraviglioso “doppio omaggio” a due favolosi artisti. E un buon racconto, scritto bene, dosato il giusto. Uno sguardo sull’universo femminile limpido e preciso. Quel “io ti vedo”, detto dall’ennesimo uomo, nel dialogo finale, mi è suonato ambiguo. Spero sia una rinascita, e non una ricaduta.
“Gli uomini che l’avevano cercata da vicino avevano provato a cucirle ruoli addosso.”
questa frase, come l’intero passaggio, è bellissima e significativa. Nelle relazioni, troppo spesso, si innesca la trappola del cucire un ruolo, con il rischio di restarne vittime fino a scordarsi chi si è davvero. È una cosa che annienta e non è facile liberarsi. Un applauso a lei che ce la fa.
Mi sono piaciute moltissimo le ambientazioni, l’atmosfera sonnacchiosa (che io amo particolarmente) l’hai resa alla perfezione, la pausa dal frastuono della città , una decisione sospesa. Mi sarebbe piaciuto essere in quel bar e in quella cucina. Ho trovato credibile ed accompagnatorio il dialogo seppur breve fra Dora e Valentina, meno quello fra Valentina e Nino, mi è sembrato un pelo artificioso, quasi come se le parole pronunciate fosse state incastrate lì a forza per sortire un qualche effetto meraviglia nel lettore. Detto questo, ho trovato il racconto più che gradevole.
fossero
Grazie Roberto. Il tuo giudizio sempre puntuale è molto utile per migliorare.
Wow, che bello!