
Venduta
Serie: La storia di Maddalena
- Episodio 1: La mia storia
- Episodio 2: La formazione
- Episodio 3: La strada
- Episodio 4: I clienti
- Episodio 5: Venduta
- Episodio 6: Il prezzo del sangue – prima parte
- Episodio 7: Il prezzo del sangue seconda parte
- Episodio 8: Impiegata del sesso
- Episodio 9: Un nuovo padrone
- Episodio 10: L’incontro con Rocco
- Episodio 1: La doppia vita
- Episodio 2: La fine della strada
STAGIONE 1
STAGIONE 2
Essere venduta non è una novità. La differenza sta nel prezzo e nel cliente. E quando il cliente ha troppi soldi e nessun limite, capisci che il peggio deve ancora venire.
Avevo appena compiuto diciassette anni quando il Lupo decise che ero pronta per qualcosa di più grande. Non si trattava più di marciapiedi o squallidi motel. Questa volta era una cosa diversa. Più soldi, più pericolo.
«Ho un affare per te» mi disse. «Un gruppo di ragazzi ricchi. Viziati. Ti vogliono per una settimana intera. Sei pronta per questo?»
Non mi diede il tempo di rispondere. Non avevo scelta. Non ce l’ho mai avuta.
«Farai quello che ti dicono. Senza fare storie. Loro pagano bene, e non voglio sentire lamentele.»
Mi ha guardata con quel suo solito ghigno, come se sapesse che non avrei potuto dire di no anche se avessi voluto. Mi ha infilato una banconota tra i seni, ridendo.
«Questo è l’anticipo. Il resto lo avrai dopo. Se torni viva.»
Quelle parole mi ronzavano in testa mentre venivo caricata su una macchina nera, lussuosa. Dentro c’erano due tizi che non avevo mai visto prima. Giovani, ben vestiti. Ma nei loro occhi c’era solo vuoto.
Mi hanno portata in una villa. Una di quelle che vedi solo nei film, con cancelli alti e giardini che sembrano non finire mai. Il tipo di casa che non ti aspetteresti mai di vedere dall’interno. Ma io non ero lì per godermi il panorama. E nemmeno loro erano lì per fare i padroni di casa.
Erano cinque. Cinque ragazzi che non avevano mai dovuto alzare un dito nella loro vita. Vestiti con abiti firmati, le mani curate e gli occhi che bruciavano di eccitazione malata. Ricchi bastardi annoiati.
Appena entrata, il più vecchio di loro, quello che sembrava il capo, si avvicinò a me. Mi girò intorno come se fossi un cavallo da valutare, poi afferrò il mio viso con una mano forte.
«Sì, andrà bene» disse, quasi parlando tra sé e sé.
Non mi dissero niente altro. Mi portarono in una stanza al piano superiore, una suite enorme, con un grande letto e finestre che davano su un giardino. Mi lasciarono lì, dicendo che sarebbero tornati presto.
Quando tornarono, erano già fatti. Cocaina, probabilmente. Lo vedevi nei loro occhi, nel modo in cui ridevano troppo forte, nel modo in cui non stavano mai fermi.
Mi circondarono, come un branco di lupi che ha appena trovato una preda. Mi guardarono, commentarono il mio corpo come se stessi lì solo per essere giudicata. E poi iniziarono. Uno alla volta.
Il primo mi afferrò i capelli, tirandomi giù sul pavimento di marmo freddo. Mi spinse a terra, senza preoccuparsi se mi faceva male. La sua mano mi stringeva il collo mentre mi entrava dentro con una violenza che non avevo mai sentito prima. Non c’era nessun controllo, solo desiderio animalesco.
«Stai ferma» mi disse, anche se non avevo neanche provato a muovermi. E io stavo ferma. Perché che altro puoi fare quando sei un oggetto?
Quella notte durò una vita. E non fu l’unica. Ogni sera era lo stesso: mi venivano a prendere, ubriachi o fatti, mi portavano in quella stanza e giocavano con me come se fossi un giocattolo. Non era solo sesso. Era umiliazione.
Una sera mi fecero mettere in ginocchio, nuda, al centro della stanza. Mi lanciarono addosso delle banconote, ridendo. Come se fossi una fottuta stripper.
«Raccogli i soldi» mi disse uno di loro, mentre mi fissava con un sorrisetto disgustoso.
Mi abbassai, raccogliendo i soldi come mi avevano ordinato. Mi tremavano le mani, ma loro ridevano ancora di più.
«Brava cagnolina» mi sussurrò uno di loro all’orecchio mentre mi spingeva ancora più a terra.
Ogni notte inventavano qualcosa di nuovo per farmi sentire ancora più piccola, ancora più insignificante. E ogni notte io obbedivo. Perché non avevo scelta.
Non mi davano da mangiare. Quando lo facevano, era solo per divertimento. Mi gettavano del cibo sul pavimento, dicendomi di mangiare come un animale. E io lo facevo, perché il mio stomaco bruciava dalla fame e perché sapevo che, se non avessi obbedito, le conseguenze sarebbero state peggiori.
«Ti piace?» mi chiedevano, ridendo. «Ti piace fare la puttana per noi?»
Non rispondevo mai. Non c’era niente da dire.
Una notte, mentre uno di loro mi schiacciava contro il letto, sentii la rabbia salire dentro di me. Un’ondata di odio così forte che mi prese alla gola. Volevo ucciderlo. Volevo strappargli via la pelle, distruggerlo come lui stava facendo con me. Ma non lo feci. Non potevo farlo. Chi ero io per ribellarmi? E cosa avrei ottenuto? Niente. Solo altre botte, solo più violenza. Così chiusi gli occhi e lasciai che facesse quello che voleva. Come sempre.
L’ultima notte decisero che volevano fare qualcosa di speciale. Qualcosa che non avevano mai fatto prima.
Mi legarono al letto. Le caviglie e i polsi bloccati. Non potevo muovermi. Mi presero a turno, ognuno con la sua perversione, ognuno con la sua fottuta fantasia malata. E io rimasi lì, impotente, mentre loro ridevano e si passavano battute tra una penetrazione e l’altra.
Il capo, quello che aveva deciso tutto, si avvicinò alla fine. Mi guardò negli occhi mentre mi penetrava, la sua mano sul mio collo, come se stesse aspettando una reazione. Ma non ce n’era una. Ero vuota. Vuota come non ero mai stata prima.
Quando finirono, mi lasciarono lì, legata, nuda e piena del loro seme. Non si preoccuparono nemmeno di slegarmi. Non ero più nemmeno una persona, solo uno straccio da buttare.
La mattina dopo, uno di loro tornò. Mi sciolse le corde, mi mise addosso un vestito e mi accompagnò alla macchina. Non ci fu nessun saluto, nessun ringraziamento. Solo soldi. Sempre soldi.
Mi lasciarono davanti alla casa del Lupo. Quando entrai, lui mi guardò con un mezzo sorriso.
«Vedi? Te l’avevo detto che ce l’avresti fatta» disse.
Non risposi. Non c’era più niente da dire.
Serie: La storia di Maddalena
- Episodio 1: La mia storia
- Episodio 2: La formazione
- Episodio 3: La strada
- Episodio 4: I clienti
- Episodio 5: Venduta
- Episodio 6: Il prezzo del sangue – prima parte
- Episodio 7: Il prezzo del sangue seconda parte
- Episodio 8: Impiegata del sesso
- Episodio 9: Un nuovo padrone
- Episodio 10: L’incontro con Rocco
È una storia che è nata così e non può che andare avanti così, con la sua crudezza e le sue immagini vivide, potenti e che creano, perché no, anche un filo di ribrezzo nel lettore.
È una storia che, per sua natura, non ammette vie di mezzo: o piace o non piace.
Sei stato anche molto coraggioso ad affrontarla. Continuo a leggere.
Sinceramente apprezzo molto, molto di più altri tuoi scritti. Non critico la narrazione che è impeccabile ma è proprio la cattiveria quasi gratuita di tutti i maschi che non sopporto. Mi chiedo anche se è un modo di sentirsi in colpa, come maschio questo mio rifiuto psicologico a questa serie, ma più di tanto non ha importanza, la trovo eccessiva, non nelle mie corde. Sorry.
Caro Giuseppe, la storia di Maddalena è molto comune e non sono neanche il primo che la racconta. Capisco però il tuo punto di vista. Anche io ho avuto il dubbio di aver esagerato. Grazie per il tuo commento.
Devo essere sincero, nonostante mi stia piacendo molto si percepisce che molti dei pensieri di lei così come vari dettagli, si sente che sono scritti da un uomo. O almeno, questo è quello che percepisco io. Capisco il tema e le scene, in cui ti destreggi a dir poco bene, ma questo mascolino rimane sempre marcato. Volo, a leggere I prossimi due episodi usciti proprio poco fa
Effettivamente è Rocco che scrive la storia di Maddalena e quindi è corretto dire che la scrittura è mascolina. Credo sia un limite difficilmente superabile.
Sai scrivere molto bene, secondo me avresti bisogno di un po’ di depersonalizzazione. Basta improvvisare, provare a pensare come farebbe o direbbe una donna una qualche determinata cosa. Un pizzico di femminile ci vuole, è una storia molto toccante e ne ha bisogno. Non che non c’è ne sia nulla, sia chiaro. Son solo sicuro che ne sapresti produrre di più, tutto qui
Proverò a seguire il tuo suggerimento.grazie
Ok, letto oggi tutti gli episodi pubblicati finora. È una storia difficile da leggere con distacco, è impossibile non empatizzate con Maddalena. Non è solo per la scelta del POV in prima persona, è la storia in sé ad essere talmente forte da suscitare rabbia e disgusto. Non resta che andare avanti
Grazie Tiziano dei commenti.