Venti Centimetri di Cielo

Serie: A piedi controcorrente -Cronache semiserie di un fuggitivo pandemico-


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Dani affronta una notte inquieta in una stanza gelida e piena di ricordi che gli appartengono.

La stanza era fredda. Non per la temperatura. Sembrava una vecchia stanza di qualche suora, pensai. Pareti basse, colonne di mattoni che salivano fino ai travi scuri del soffitto.

Il letto sulla destra: quattro tavole grosse ai lati e un’unica asse centrale al posto della rete. Senza materasso. Sulla parete, un crocifisso enorme, secondo me messo li per proteggere o spaventare.

Piu avanti una rientranza che formava un piccolo bagno aperto: un lavandino e una turca. Non il massimo. Sembrava un luogo fermo nel tempo, dove, se ascolti bene, senti ancora passi, preghiere, respiri che non sono piu li.

Poi un armadio scurissimo sulla sinistra e una finestra alta al centro.

No! C’e anche una finestra!

Appoggio lo zaino vicino al letto e mi avvicino alla finestra.

Affacciava sul chiostro, ma la stanza doveva essere interrata: vedevo solo le mattonelle del pavimento, un pezzo di muretto, una colonna e uno spicchio di cielo viola scuro con sfumature arancioni. Nuvole scure coprivano e sfumavano tutto intorno ai suoi venti centimetri quadrati di spazio.

Forse i centimetri quadrati piu belli che ricordo.

Ma la vista dalla casa del vecchio era nettamente superiore. Si, nettamente. E anche l’accoglienza. Anche quella, nettamente.

Eppure, quei colori avevano qualcosa di rassicurante. Dopo la giornata che avevo passato, quel cielo sembrava piu vivo di me. E qualcosa, mentre ero li fermo a guardarlo, si era mosso.

Quando mi girai di nuovo, la stanza sembrava meno fredda. Piu accogliente. Come se quello spicchio di cielo avesse scaldato anche lei.

Mi sdraiai sul letto. Stanco e calmo. Unione perfetta per un ingresso immediato nel mondo dei sogni. Il legno scricchiolava sotto la schiena e pensai:

“Speriamo che si rompa mentre dormo. Almeno il risveglio, gia traumatico di suo, con la botta della caduta fa confusione nel cervello e mi rituffo a dormire!”

Sorrisi e chiusi il sacco a pelo.

In quel buio, con il cocktail di sensazioni che si amplificava, il sogno di prima era tornato a farmi visita.

Pasolini, la cena, le battute, il disagio.

In quel monastero avevo ritrovato lo stesso gelo. La stessa recita. La stessa paura travestita da fede.

Forse era solo la mia, che cercava un posto in cui parlare.

Forse quel sogno non era solo un sogno.

Forse era un avvertimento.

O un riflesso di qualcosa che avevo gia dentro, che tenevo chiuso da troppo.

Mi voltai verso la finestra.

Il cielo era ancora li, viola e arancio. Immobile.

E io, sotto quello spicchio di cielo, mi sentivo piu sveglio che mai.

Serie: A piedi controcorrente -Cronache semiserie di un fuggitivo pandemico-


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