
Viaggio dentro l’anima
E’ l’alba. L’ultima stella del cielo sta tramontando: potresti non crederci, ma tra un po’ la sua luce verrà fagocitata da quella possente del sole che illuminerà il mondo, scacciando le tenebre per un altro giorno ancora.Il cielo è sereno,l’orizzonte terso,la temperatura si aggira già intorno ai trenta gradi.Sono quasi le sei del mattino.Le strade sono ancora deserte e non è cominciato l’andirivieni di chi si recherà al lavoro.I sogni svaniti all’alba hanno lasciato il posto ai desideri e oggi, più che mai, voglio che mi porti al mare.Preparo il caffè; lo preparo sempre io.E’ un rituale che ripeto ogni giorno, più volte al giorno da più di quarant’anni.L’ho servito per anni ai miei genitori in tazzine decorate con l’opera dei pupi siciliani: in una Orlando,nell’altra Angelica. Adesso lo preparo per te, per noi. Il suo profumo caldo abbraccia tutta la casa.Lo adoro,sa di familiare e mi dà conforto, allegria.Sorseggiamo il caffè insieme come sempre, ci raccontiamo i sogni della notte e programmiamo i buoni propositi per il giorno.Voglio andare al mare, voglio sentire il rumore delle onde, la voce dei pesci,il canto delle alghe e vedere gli occhi azzurri del cielo.Al mare mi piace andare solo per questo e per stare con te il più possibile: tu lo sai.I vapori del caffè salgono come effluvi divini vicino ai tuoi occhi, regalando loro un aspetto trasognato.Ti guardo e mi perdo in un tempo senza tempo. Voglio andare al mare.La strada comincia a riempirsi di persone,di odori,di colori.Il mondo si è svegliato, grida adesso mercanzie a squarciagola o sussurra melodie d’amore;vive comunque e benedico questa terra che mi ha fatta nascere e che accoglie ancora paziente i miei passi. Portami al mare.Mettiamo in macchina le nostre poche cose;il mare ha tutto e ogni altra cosa risulterebbe superflua.Lì c’è tutto ciò che ci occorre:l’aria buona e libera,il canto dei gabbiani, le melodie serene del mare in bonaccia.E poi tu ed io La strada che percorriamo è un lungo e stretto nastro grigio e tortuoso, incrostato di buche che facciamo fatica a scansare: ma questo è il prezzo da pagare.Quando arriveremo a destinazione, non penseremo più alle buche: il mare ci stregherà col suo immenso turchese striato qua e là del blu del cielo e del bianco della spuma delle onde. In aperta campagna vedo le enormi rocce a forma di dorso di dinosauro, costellate di alberi ed erbe. So che hanno un nome, ma non mi importa ricordarlo.Voglio ancora immaginarle come enormi e grigie schiene di dinosauri diventati di roccia per aver disobbedito agli dei e mi auguro che nessuno dica mai diversamente. Sorridi. E nel tuo sorriso intravedo già il mare e la spiaggia e le sirene dalle lunghe chiome di alghe intrecciate. Arriviamo.La brezza ci accoglie come vecchi amici e ci invita a scegliere il posto che preferiamo. Non c’è ancora nessuno in spiaggia, lo spazio è tutto nostro.Seguiamo la traccia lasciata da uno scarabeo che si arrampica sugli sterpi come meglio può e scivola velocemente sulla sabbia per scappare da noi.Lo prendo, la sabbia scivola tra le dita e lui continua la sua corsa sulle mie mani,solleticandone i palmi.Lo depongo a terra e lui sguscia via.Riprendiamo a camminare sulla sabbia, abbiamo perso totalmente la cognizione del tempo: forse saranno trascorsi minuti o forse ore. Non siamo ancora stanchi; le alghe che si attorcigliano ai nostri piedi sembrano cavigliere fatte dalle fate come per incantesimo;si dissolvono mentre i nostri passi si susseguono uno dietro l’altro.Camminiamo ancora.Lo sguardo si posa sui tesori che il mare generoso riversa di continuo sulla spiaggia: conchiglie striate di rosa, verde e di azzurro, brandelli di reti disseminati qua e là come frammenti di tela di ragno.Mi fermo e volto le spalle al vento che finora ha sferzato il mio viso e fatto danzare i miei capelli quasi a simulare delle onde: porta con sé l’odore salmastro del mare, il profumo penetrante delle alghe e dei carboni spenti, ricordo di un falò ormai consumato, di canzoni urlate alle stelle e di preghiere rimaste nel cuore.Una nota di caffè appena fatto solletica i miei sensi; forse proviene da quella casetta bianca con le finestre color della porpora a pochi metri dalla spiaggia. Qualcuno si sarà svegliato e si accinge a vivere la sua vita sulla riva del mare.Chiudo gli occhi:mi par quasi di sentire per un momento il gorgoglio impetuoso della moka,di vedere la mano che versa nella tazzina il liquido di un nero intenso, come una colata di lava, di scorgere delle violette selvatiche sistemate in un piccolo vaso di cristallo vicino al davanzale: lo riconosco, è il rito quotidiano del buon risveglio, dello stare insieme, dl raccontarsi i sogni della notte, del raccontare sé stessi a chi si sveglia con noi ed esprime il desiderio di rimanervi per tutta la vita. Immagino di assaporare io quel caffè, profumato come la corteccia del carrubo, le viole di campo, il miele di zagara e gelsomino e immagino di fartene dono come ho già fatto tante altre volte da quando stiamo insieme. I miei occhi si posano adesso sulla spiaggia color del grano quando è maturo: le orme che abbiamo lasciato camminando, sembrano nicchie d’oro dove gli dei si apprestano a nascondere la loro ambrosia. La sabbia luccica come i nostri occhi, mentre le rondini e i gabbiani si contendono il turchese delle onde, sfiorandole coi loro corpi leggeri e impavidi. Guarda! Ci sono ancora i fichidindia: formano un lungo nastro verde, colorato qua e là da frutti carnosi rossi e gialli; in lontananza scorgo il maniero di Falconara appollaiato sul mare come un’aquila paziente; sembra in attesa di nuove navi, di buone nuove, di dei che escano dalle onde e benedicano quest’isola magica, dove mille genti hanno trovato ristoro, cantato le loro nenie alla pioggia e al vento, al sole e alla luna e tramandato la bellezza di quest’isola sacra di generazione in generazione. Volgo lo sguardo verso sud: il vento porta leggero fino ai nostri orecchi le preghiere dei tanti popoli del Mediterraneo; il mare invece sospira e riflette il cielo in tutti i toni dell’azzurro.Continuiamo a camminare mano nella mano, mente nella mente. Non ho bisogno che tu parli, non hai bisogno che io parli. Sentiamo sulla nostra pelle, nelle nostre anime, le armonie dell’estate, i suoni e i profumi profondi del mare, il battito del tempo che si unisce a quello dei nostri cuori e tutto diventa una sola cosa.La sera sta per calare e scende su di noi come una danza ancestrale; il tripudio dei colori del sole lascia lentamente il posto ai toni di zaffiro della notte. Vediamo in lontananza le luci dei pescherecci che senza saperlo, ci tengono compagnia, indicandoci dov’è l’orizzonte e l’armonia dei fischiettii dei pescatori culla i nostri pensieri e accoglie le ombre che stendono il loro manto sul cielo. Finché ci saranno i pescherecci, credo che l’orizzonte esisterà ancora. Accarezzo i tuoi capelli, mi sembra di accarezzare il mondo e leggo nei tuoi occhi che non esisterà morte, ma solo questa terra e le nostre vite unite dal filo che tesserà la nostra storia. La sera finalmente, con la sua bacchetta di fata, ci nasconde ormai da tutto e la sua coltre ci copre col suo velo blu intenso. Qualcuno ha montato una piccola tenda dove la spiaggia si ritira in una dolce insenatura e ha acceso un falò che sembra un occhio brillante dall’iride rossa e gialla; il profumo dei pesci arrostiti su un barbecue improvvisato e del passito, galleggia nell’aria e arriva fino a noi, stuzzicando le nostre narici. In lontananza sulla costa, si accendono migliaia di luci dorate sospese come piccole lucciole e si scorge adesso il faro, guardiano intermittente sempre acceso sulla notte. E’ la città: anch’essa ammira il mare, distesa ai suoi piedi come una dea luminosa e gli racconta del giorno che è stato, delle preghiere portate dal vento, dei vocii della gente rubati nei vicoli, dove il profumo dei gerani si mescola all’odore del basilico ben sistemato nei vasi di terracotta rossa. Cerco la luna, dov’è? Ah, eccola, sta sorgendo sul mare che la riflette, beato, in tutto il suo splendore. Il mare le sussurra parole magnifiche e il profumo dei suoi fondali si fa più intenso per il tripudio d’amore. La luna si accende di un argento intenso, quasi accecante e il suo faccione tondo si dipinge sul mare. Capiamo che adesso siamo veramente di troppo. Nella nostra lunga e intensa giornata d’estate, questo ci ha rivelato il mare: ogni uomo è solo con sé stesso, compagno di tutta la natura e del creato e nessuno di fronte alla potenza dell’universo. Buonanotte mare, buonanotte luna; li lasceremo soli a parlare del cielo, degli uomini e degli dei. Noi torneremo a casa attraversando la notte che ha nascosto il grano, le colline, il nastro d’asfalto della strada. Buonanotte rondini e gabbiani; siete andati a dormire: non disturberemo ancora il vostro sonno con i nostri sussurri da innamorati e le risate che scoppiano ingenue e sincere. Buonanotte sabbia, buonanotte estate, buonanotte.
Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Narrativa
Hai scritto dettagli così intimi e profondi che stimo vivamente siano reali, che tu davvero via questa quotidianità, così com’è intima e splendidamente reale il doversi reincontrare al mattino davanti a una tazza di caffè per scambiarsi i propri sogni. Non esiste realtà più bella di questa.
Ti sono grata per il commento. La realtà a volte supera il migliore dei sogni.
Grazie del tuo bellissimo commento, Marta. Sono contenta che il racconto abbia suscitato in te tali emozioni!
Una narrazione fittissima, di una bellezza che sorprende, dentro, ancor più sapientemente, riflessioni di vita fragili e tenere insieme. BRAVA!!!