
Voleva solo essere una passeggiata
Camminando sull’asciutto letto di un fiume, accanto a me un airone cacciava sull’erba bassa. Somigliava ad un vecchio signore imbacuccato, privo di collo, in attesa del suo turno alle poste. Era quasi l’alba e neanche un’ombra al di fuori me e lui. La nebbia era fittissima, come cotone avvolgeva l’aria e probabilmente ci nascondeva dagli altri e gli altri da noi. Il fango aveva impiastricciato le mie scarpe ed ogni passo che osavo fare peggiorava la situazione, ma non me ne importava granché, cosa me ne faccio di scarpe pulite? Dove le potrò usare? Era più ricco quel paludoso istante di qualunque ora passata chissà dove assieme a chissà chi con delle bellissime e nuovissime scarpe pulite. Volevo solo stare lì, a guardare quel vecchio senza collo. concentratissimo nel suo da fare.
“Molti lussi e molte delle cosiddette comodità della vita sono non solo inutili ma addirittura effettivi intralci alla elevazione morale dell’uomo” (Walden. Vita nei Boschi, Thoreau Henry David, 1854, p.59, ed. italiana, Rizzoli, 2012 ).
Il ritorno a casa delle volte è traumatico. La mente non ti permette di fare viaggi fantastici con mete lussureggianti se imperversano pensieri d’ansia per il domani, di timore per l’ignoto, di chiusura verso la novità. Seduto davanti al computer, cerco per ore ed ore emozioni, ma quali emozioni dovrò aspettarmi da una scatola? Una compatta scatola di metalli vari e plastica. Se esistesse ancora l’animismo, ci dormirei assieme sperando in una compassionevole relazione (ovviamente da parte del computer), ma seppure ogni tanto sento voci che mi chiedono «Come posso aiutarti?», dubito che potrò mai ricavarne dell’affetto, tanto meno dell’aiuto.
«Internet è fatto di persone» sento riecheggiare nella mia mente questa frase come se qualcuno me l’avesse detta, ma la realtà è che si tratta di una di quelle frasi fatte, frasi da copertina, frasi da slogan pubblicitario. Il problema non è di cosa è fatto internet, ma come sono fatte le persone che lo popolano. Non le reputo poi così diverse dal mio computer. Fredda pelle, dietro a schermi e connessioni wi-fi che limitano qualunque tipo di naturalezza. Come potrei mai trovare emozione in questo caos di plastica?
C’è troppa plastica, così tanta che ormai ha sostituito il nostro cuore.
Dentro quella nebbia, insieme a me e all’airone, chi mai si aggregherà?
Avete messo Mi Piace1 apprezzamentoPubblicato in Narrativa, Amore
Non ho compreso bene il racconto
Ciao Eleonora, sono pienamente d’accordo con te. Purtroppo oggi abbiamo perso il contatto con la realtà, quella vera, fatta di interazioni reali, di contatti immersivi con ciò che ci circonda, non osserviamo più il lento scorrere della vita attraverso i riverberi della natura. Ormai invecchiamo stando incollati allo schermo, e i piccoli nascono già con uno smartphone in mano. La tecnologia è utile, Internet è utile, ma noi abbiamo dimenticato chi siamo, cosa siamo, ossia essere viventi, ossia vita, interazione diretta, contatto. Non assaporiamo più la semplicità di una passeggiata ad osservare la natura in movimento, no, ormai siamo, da tempo, schiavi di un mondo senz’anima e senza emozioni. Eppure, ecco che può venirci incontro la scrittura, la condivisione di racconti, riflessioni, emozioni, proprio come hai fatto tu, e da lettore ti ringrazio per questo libriCK appassionato, pieno d’amarezza, ma che lascia in fondo la speranza di attraversare la nebbia che ci rende ciechi e raggiungerti e godere della semplicità di un airone a caccia e della magnificenza della natura. Un saluto, alla prossima!