
Zurigo rosso sangue
Il Dottor Caligary non portava mai i guanti, neanche in inverno. Diceva che le mani fredde mantenevano la mente calda. A Zurigo, nel gennaio del 1953, l’inverno era tagliente e la città un’orchestra silenziosa di spie, banchieri e bugiardi professionisti. Caligary era tutte e tre le cose.
Ex spia austro-ungarica, ufficialmente consulente per l’antispionaggio elvetico, di fatto un doppiogiochista col vizio dell’arte, del traffico d’informazioni e della filantropia selettiva. Aveva un attico sul lago, una collezione di pipe Meerschaum e un debole per i cavalli.
Quella mattina, mentre sorseggiava assenzio e leggeva Neue Zürcher Zeitung, si presentò alla sua porta Aldo “la Ventresca”, un ladro di gioielli italiano con le mani d’oro e la fedina nera come l’inchiostro di Bombay.
«Caligary, mi serve aiuto. Ho un problema grosso come il Cervino.» Caligary sollevò un sopracciglio.
«Sei venuto a confessarti o a rovinarmi la giornata?»
Aldo gli mostrò una custodia da violino. Dentro, incastonati su velluto cremisi, brillavano sei diamanti grezzi, blu come il ghiaccio.
«Li ho presi al generale Valderrama. Cileno. Era in visita alla figlia, quella che studia a Kreuzlingen, vicino a Costanza. Non ho fatto male a nessuno. Ma ora mi seguono.»
Caligary socchiuse gli occhi. I diamanti erano sudafricani, taglio raro, provenienza nota solo a chi sapeva leggere nei fondi di caffè della geopolitica.
«E chi ti segue? La scorta del generale o qualcun altro?»
«Tutti. Anche una donna. Alta, capelli rossi. Letale come un bisturi in mano a uno scimpanzé.»
«Ah.» Caligary si accese la pipa. «Quella lavora solo su contratto. Se l’hanno mandata, il cileno ti vuole morto.»
«Per questo sei il primo della lista.»
«E io non faccio nulla per nulla, Aldo.»
La Ventresca annuì.
«Una parte dei diamanti è tua. Ma tirami fuori da questo casino.»
Tre giorni dopo, erano nascosti in un rifugio sopra Davos, circondati da neve e silenzi alpini. La Volpe Rossa li seguiva, lo sapevano. L’avevano vista in fondo alla pista, elegante nei suoi sci, con un fucile smontabile nello zaino.
La scorta del generale li intercettò all’imbarco della funivia. Quattro uomini in abiti civili, con occhi da militari e pistole sotto i cappotti. Caligary, con freddezza chirurgica, gettò una bomba incendiaria in un bidone dei rifiuti. La piccola esplosione fu sufficiente per il diversivo. Aldo ne approfittò per far fuori uno degli uomini con un colpo secco di spranga da ghiaccio.
Si rifugiarono in una baita in rovina. Caligary sapeva che era questione di ore. Telefonò. Una linea protetta, un numero svizzero, ma la chiamata andò a Parigi.
«Serve un cambio di programma. L’obiettivo è il cileno.»
Dall’altra parte, un silenzio breve. Poi una voce femminile.
«Ordine confermato.»
Lo scontro finale avvenne tra le curve di neve a St. Moritz. Una gara di slalom faceva da copertura al piano. La Volpe Rossa apparve tra la folla, mescolata ai turisti, ma gli occhi erano quelli di una lince affamata.
Quando il generale Valderrama, con il suo bastone da maresciallo e i baffi perfetti, fece il suo ingresso sul terrazzo panoramico dell’albergo Kulm, una pallottola precisa e silenziosa gli attraversò la tempia sinistra. Morì in piedi, con gli occhi ancora puntati sul traguardo.
Caligary e Aldo si defilarono. Nessuno li notò.
«Hai fatto uccidere il generale?» mormorò Aldo, sconcertato.
«Uccidere è un verbo volgare. Diciamo che ho semplificato la situazione geopolitica.»
«E ora? Che ne facciamo dei diamanti?»
Caligary sorrise.
«Ho già in mente il collo per quella paroure.»
Aldo scosse la testa, incredulo.
«E io?»
«Tu? Tu sei vivo. E questo, caro mio, è il mio regalo per te.»
Una settimana dopo, sulle pagine del Daily Telegraph, tra la cronaca rosa e l’equitazione, comparve una foto: Eleanor Belmont, avvolta in una pelliccia d’ermellino, mostrava una parure di diamanti blu tra lo scintillio dei flash. Accanto a lei, un uomo elegante, con un fiore all’occhiello e un ghigno ironico.
Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Narrativa
Bellissimo il tuo racconto, costruito su base solida e condotto con un ritmo notevole, che non ti fa staccare. La pretesa, di fronte a questo genere di storie, è quella di vederne nascere una serie.
Che meraviglia!Questo brano sembra uscito da un film di spionaggio d’altri tempi, ma con un ritmo narrativo moderno e personaggi che restano impressi nella mente di chi legge. Il Dottor Caligary è affascinante, ambiguo, tagliente. La costruzione è impeccabile: elegante, ricca di dettagli evocativi, ma mai ridondante. Il tono ironico, ti strappa un sorriso ad ogni passaggio.
Complimenti davvero. Una storia che si legge tutta d’un fiato.
È un racconto solido, ben scritto e con uno stile definito. Ha atmosfera, ritmo e personaggi credibili nel loro esistere sopra le righe. Non cade mai nel banale né nell’autocompiacimento.