4 – Luci e ombre
Serie: Obbedienza
- Episodio 1: 1 – Arrivo
- Episodio 2: 2 – La luce del mattino
- Episodio 3: 3 – La casa di notte
- Episodio 4: 4 – Luci e ombre
STAGIONE 1
La casa si apre lentamente alla luce del mattino. La porta d’ingresso si richiude dietro Riccardo con un suono metallico che attraversa il corridoio ed entra nelle stanze. L’eco rimane sospesa per alcuni secondi. Felicia è ferma vicino al lavello, la mano ancora sollevata dopo aver asciugato un bicchiere. L’aria conserva il calore lasciato da lui, una traccia impercettibile del suo profumo le invade ancora le narici. Il pavimento, levigato e lucente, riflette una striscia di luce lattiginosa proveniente dalla finestra.
Il telefono vibra contro la stoffa del grembiule. Una vibrazione decisa che interrompe il rumore tenue delle stoviglie. Felicia lo estrae e si siede. La madre appare sullo schermo, il volto attraversato da micro-interruzioni della connessione, gli occhi colmi di contentezza.
«Ho poco tempo» dice la madre, la voce spezzata da piccoli scatti digitali.
Felicia stringe il telefono con entrambe le mani.
«Sto bene, Mama.»
La madre chiede se mangia, se dorme, se si sente al sicuro nella casa in cui vive ora. Le parole avanzano con lentezza, quasi provenissero da una distanza remota. Felicia risponde con frasi brevi, scolpite. Mangio. Dormo. Lavoro. Imparo. Ogni risposta contiene un frammento di verità e un frammento di prudenza. La madre annuisce. Gli zigomi, più pronunciati del solito, appaiono stanchi. Una vibrazione del segnale spezza il suo volto per un attimo.
«Chiamami quando puoi.»
Felicia avverte un calore improvviso alla gola.
«Sì.»
La chiamata svanisce, lasciando una quiete densa. Felicia ripone il telefono, poi torna verso il lavello. Le mani tremano leggermente. Appoggia i polpastrelli al bordo freddo dell’acciaio e lascia scorrere l’acqua per un istante. Il suono le stabilizza il respiro.
Apre le finestre una dopo l’altra. L’aria del mattino entra nella casa in modo netto e taglia il tepore notturno. Il tavolo del salotto diffonde un odore di legno oliato. La scala rivela un corridoio chiaro che si arrampica verso il piano superiore.
Felicia posa il piede sul primo gradino. La ringhiera le offre una sensazione di solidità. Sale senza fretta. Ogni gradino produce un suono differente. L’aria del piano superiore possiede una densità più silenziosa.
La porta dello studio è accostata. Una fessura lascia filtrare una lama sottile di luce. Felicia avvicina la mano, sfiora il legno, poi spinge l’anta quel tanto che basta per entrare. Luce tenue, ordine geometrico e un odore asciutto di carta e pelle lavorata.
Sul tavolo spicca una fotografia. È posata con cura, isolata, circondata da superfici perfettamente libere. Felicia la sfiora con un polpastrello. Nella foto un bambino sorride. Due mani adulte gli sorreggono il busto. La finestra alle sue spalle proietta un fascio luminoso sul volto del piccolo. Felicia osserva gli occhi felici del bambino e sorride anche lei. Ritrae la mano. Esce. Chiude la porta con delicatezza.
Rientra nella lavanderia. La biancheria offre consistenze diverse: il cotone umido, il tessuto spesso degli asciugamani, il profumo del bucato pulito. Felicia procede con precisione. Piega, liscia, sovrappone. Il corpo ritrova calma nei gesti.
La porta d’ingresso si apre. Un suono secco attraversa la casa e spezza l’aria immobile. Riccardo entra. Le scarpe colpiscono il parquet con un ritmo stabile. Felicia solleva la testa. L’uomo si toglie la giacca e la deposita sulla sedia. Le sue dita si infilano nella tasca interna, tastano un oggetto rigido, verificano la posizione. La fibbia dell’orologio sfiora il bordo della manica e produce un tic breve.
Felicia avanza in corridoio, il grembiule che le sfiora le ginocchia.
Riccardo la osserva. L’attenzione scivola dalle sue mani al suo collo, poi alla linea del busto. Un controllo silenzioso.
«Sei già a questo punto?»
La sua voce attraversa la stanza con una stabilità che esclude dubbi.
«Sì, signore.»
Felicia percepisce l’effetto del suo tono sulle costole, un lieve irrigidimento.
Riccardo oltrepassa la soglia della cucina. Apre un pensile. I polpastrelli scorrono sul ripiano. Il corpo si inclina leggermente. Le spalle disegnano un arco.
«Molto bene. Da quanto lavori così?»
Felicia inspira.
«Da molti anni.»
Nessuna reazione visibile. Riccardo afferra un bicchiere e lo appoggia nel lavello. Il vetro urta il metallo con un colpo pieno.
Più tardi lei apparecchia la tavola. Le posate in posizione con allineamenti millimetrici. Il bicchiere cattura la luce e la trasforma in un riflesso liquido sul tavolo. La tovaglietta aderisce al bordo con un margine netto. Le mani di Felicia modulano ogni gesto con una cura crescente, mentre avverte lo sguardo di Riccardo.
Uno sguardo che tocca la pelle. Uno sguardo che riconosce il suo corpo.
«Hai mangiato?»
Felicia solleva il viso.
«Sì.»
Lui si sposta verso il lavandino. L’acqua scorre sulle sue mani. Le vene emergono con un rilievo marcato. Le dita si intrecciano nel gesto di lavarsi. Asciuga le mani con un movimento rapido, poi la guarda.
«Puoi terminare domani.»
La frase entra nel corpo di Felicia con un’intensità calda, diversa da ogni parola ricevuta fino a quel momento.
«Grazie, signore.»
Felicia rientra nella sua stanza. La lampada diffonde una luce morbida che disegna una zona chiara sul lenzuolo. Felicia si siede sul bordo del letto. Le mani scivolano sulle cosce. L’aria possiede una densità nuova. Una vibrazione interna riempie il torace.
Il silenzio le offre uno spazio interiore. Un’apertura. Una soglia. Si distende. La luce rimane accesa. Il respiro si allunga.
Qualcosa dentro di lei adesso avanza. La vita futura assume consistenza.
Serie: Obbedienza
- Episodio 1: 1 – Arrivo
- Episodio 2: 2 – La luce del mattino
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