
A come Amicizia, come Amore
Serie: Abbecedario sentimentale
- Episodio 1: A come Abbandono, Abbraccio, Accettazione
- Episodio 2: A come Adorazione, come Alienazione
- Episodio 3: A come Ambizione
- Episodio 4: A come Amicizia, come Amore
- Episodio 5: A come amore eterno, amore impossibile, anelito, angoscia, ansia, anticipazione
STAGIONE 1
Amicizia
Chiara arrivò con una bottiglia di vino e un sacchetto di pane caldo. Sara aprì la porta con un sorriso stanco e la maglietta del pigiama ancora addosso. Si abbracciarono senza dire nulla, come avevano sempre fatto.
Non si vedevano da tre anni. E prima ancora, solo a sprazzi, come succede con le amiche che la vita trascina in città diverse, tra lavori esigenti e relazioni che reclamavano tempo e cuore.
Si erano conosciute al liceo. Sara era la ragazza silenziosa con l’eyeliner sbavato, Chiara quella che rideva forte e teneva le cuffiette sempre nelle orecchie. Diventarono coinquiline all’università: lasciavano i piatti nel lavello, fumavano sul balcone, si asciugavano le lacrime a vicenda con la manica del maglione. Quando una cadeva, l’altra la sorreggeva. E poi, a turno, si scambiavano i ruoli, come in una danza imparata col tempo.
Poi, come spesso accade, si persero. Non per un litigio. Solo per distrazione. Una volta fu Chiara a non richiamare. Un’altra, Sara a cancellare un messaggio che non trovò mai il coraggio di inviare.
Quella sera, però, sedute al tavolo della vecchia cucina illuminata da una lampada storta, sembrava che nulla fosse cambiato. I ricordi, le battute, persino i silenzi erano rimasti intatti. Brindarono senza parole, versando il vino come un’abitudine mai disimparata.
«Hai mai pensato a quanto è strano il tempo?» chiese Chiara.
«Sempre» rispose Sara, accarezzando il bordo del bicchiere.
Non si raccontarono tutto. Non ce n’era bisogno. Le parole mancanti furono colmate dagli sguardi, da un tocco leggero sulla mano, da gesti che riportavano alla mente le notti passate a sognare futuri diversi su un materasso sfondato.
Sara preparò due piatti di pasta in bianco, come ai tempi dell’università. Nessuna mise su musica. Il silenzio bastava. Era diventato familiare, come un vecchio plaid con l’odore di casa.
«Ti ricordi quando piangevo per quel cretino che non mi richiamava mai?» chiese Chiara, ridendo piano.
«E io ti dicevo che era un idiota, anche se sapevo che ci saresti tornata? Certo che me lo ricordo.»
Risero. Ma con la dolcezza di chi, col tempo, aveva imparato a perdonare anche i propri sbagli più ingenui.
Quando il vino finì, Chiara si tolse le scarpe e allungò le gambe sulla sedia accanto. Sara mise a bollire l’acqua per due tisane. Era come se il tempo si fosse annodato, riportandole allo stesso punto.
L’amicizia, pensò Sara, era proprio questo. Non chiedeva spiegazioni. Era un rifugio che restava lì, anche se smettevi di cercarlo. Una porta che potevi aprire dopo anni, trovando ancora una luce accesa.
Quella notte, Chiara dormì sul divano, avvolta nella coperta grigia che Sara aveva da sempre. Nessuna delle due disse “mi sei mancata”, ma lo sentirono chiaramente. Lo avvertirono tra i respiri lenti e i sogni che, forse, si incrociavano ancora.
E nel cuore silenzioso di quella casa, tra due donne cresciute insieme e poi separate dalla vita, l’amicizia riprese a parlare. Con lo stesso linguaggio di allora: fatto di gesti, silenzi e presenza.
Amore
Quando entrò nella libreria, cercava solo riparo. Pioveva da ore, una pioggia fine e insistente che le si era infilata nei pensieri. Vagò tra gli scaffali senza meta, sfiorando le copertine come si toccano le mani di sconosciuti in un sogno.
Poi sentì una voce, calma e profonda, dire: «Questo ti somiglia.»
Si voltò. Un uomo, capelli scuri, occhi chiari e una sciarpa bordeaux allentata sul collo, le porgeva un romanzo. Non aggiunse altro. Non chiese il nome, non fece domande. Scomparve tra le corsie come se sapesse che le cose importanti vanno lasciate accadere, senza trattenerle.
Lei acquistò il libro. Lo lesse tutto in una notte. Le parole sembravano scritte per lei, come se qualcuno avesse osservato la sua solitudine da dentro e ne avesse fatto poesia.
Lo rivide il sabato successivo, sempre lì. Non parlarono del libro. Parlarono di città mai visitate, di tè speziati e di come certi giorni sembrino più lunghi di altri. Iniziarono a incontrarsi così: senza appuntamenti, ma con una strana regolarità che sembrava destino.
Non si promisero niente. Nessun futuro. Nessun giuramento. Condividevano attimi: una fetta di torta divisa male, un vecchio film in bianco e nero in un cinema d’essai, passeggiate lente sotto gli alberi che perdevano le foglie.
Lui le toccava il polso per darle attenzione. Lei gli scriveva piccole frasi su foglietti infilati nei libri. Nessuno pronunciò mai “ti amo”. Ma c’erano gesti che lo dicevano meglio.
Una sera lui non si presentò. Né il giorno dopo. Né quello dopo ancora. Le settimane si accumularono come piatti non lavati. Alla fine, arrivò una busta, senza mittente. Dentro, una sola frase:
“Perdonami.”
Non c’era altro. Nessuna spiegazione, nessuna pista da seguire. Sparito come era apparso.
Per molto tempo lei evitò quella libreria. Non riusciva a passarci davanti senza sentirsi derubata. Ma col tempo tornò. Prima una volta soltanto, poi più spesso. Entrava, girava senza meta, a volte usciva senza comprare nulla.
Un giorno trovò un mazzo di fiori freschi posato sull’uscio della porta di casa. Nessuno aveva suonato. Accanto, un libro che non aveva mai visto. Tra le pagine, un biglietto vergato a mano:
«L’amore non ha bisogno di parole. Basta restare dove l’altro può trovarci.»
Rimase ferma, il cuore lento ma presente. Non pianse. Non sorrise. Si sedette e lesse qualche pagina. Era un romanzo dolce, pieno di frasi brevi e leggere, come passi sulla neve.
Da allora, ogni tanto, torna nella stessa libreria. Lascia biglietti dentro i libri. Scrive frasi come: “Le cose più vere non fanno rumore”, oppure “Qualcuno ti sta pensando”.
Non sa se lui sia ancora in città, né se abbia letto tutto quello che lei non ha mai detto. Ma ha smesso di cercarlo. Perché qualcosa di lui è rimasto.
E nelle pieghe silenziose delle pagine, sente ancora un respiro accanto al suo.
Perché l’amore, quello vero, non si spiega. Si riconosce. E resta.
Serie: Abbecedario sentimentale
- Episodio 1: A come Abbandono, Abbraccio, Accettazione
- Episodio 2: A come Adorazione, come Alienazione
- Episodio 3: A come Ambizione
- Episodio 4: A come Amicizia, come Amore
- Episodio 5: A come amore eterno, amore impossibile, anelito, angoscia, ansia, anticipazione
Mi colpisce molto, in questa serie, la tua capacità di descrivere l’universo femminile. In certi passaggi mi dico: ma come fa? Come li sa i nostri segreti?
Bravissimo.
Grazie Irene. Devo confessarti che anche io a volte mi stupisco. Sono brani che scrivo di getto. Penso a storie che ho letto, che ho ascoltato e provo a immedesimarmi tirando fuori l’anima, il fulcro della storia. Devo anche ringraziare le donne della mia vita chi leggono e suggeriscono modifiche importanti.
Anche a me piacerebbe che qualcuno, porgendomi un libro, mi dicesse:” Questo ti somiglia “. Non riesco ad immaginare niente di più romantico 🙂
Grazie a tutti per aver letto e commentato. Mi fa molto piacere.
Amore, è il mio preferito! Non poteva essere altrimenti, sono una romanticona!!!!Bravo👏👏👏
“«L’amore non ha bisogno di parole. Basta restare dove l’altro può trovarci.»”
Mi piace❤️
AMORE: grazie Rocco per questo racconto, mi ha emozionato e mi ha fatto sognare. Lo rileggerò ancora altre volte. Davvero bello, scritto con grande ispirazione.
AMICIZIA: questo é il tuo racconto di questa serie che, finora, mi ha coinvolto più di tutti. Ha sfiorato le corde del mio cuore facendole vibrare dolcemente. Ha st
risvegliato nella mia mente, ricordi piacevoli. Mi ha dato la sensazione di ritrovarmi lì con la mia amica più cara e mi ha provocato la pelle d’oca.
Due racconti semplici, teneri e belli. Come due fotografie scattate per caso nella vita di tutti i giorni di qualcuno. Bravo Rocco