Ahmet, il turco

Serie: Cavalieri Teutonici


Amedeo fu svegliato in malo modo da Aitone II.

«Cosa succede, fratello Giovanni?»

«Presto, dobbiamo andarcene. La tempesta li ha portati fin qui.»

«Li ha portati? Chi?»

«Gli ottomani.»

«Chi sarebbero?»

«Sono i seguaci di Osman, il beylik più pericoloso di tutti. Sta sottomettendo tutti gli altri beilicati sotto il suo dominio, creando un regno molto potente, presto avrà un impero ai suoi piedi.»

Amedeo raccolse le sue cose e seguì Aitone II lungo i tortuosi cunicoli delle segrete. Sbucarono da una botola in mezzo alla sabbia, fu necessaria tutta la loro forza per aprirla. Un suono di corno bloccò Amedeo, Aitone II, invece, continuò la sua claudicante corsa. Le sentinelle del beylik li avevano avvistati e in pochi attimi tre uomini a cavallo accerchiarono il povero paggio, che si buttò in ginocchio, distese busto e braccia in avanti, poi attese una mossa qualsiasi da parte degli ottomani.

Il vecchio fratello Giovanni, Aitone II, non si voltò, lasciando Amedeo a quegli uomini, a sua detta, spietati.

Amedeo non tremava, non aveva paura, il suo Dio era con lui, ne poteva sentire la presenza, un brivido correva lungo tutto il corpo, la pelle d’oca: quelli erano i segnali della Sua presenza.

Uno dei cavalieri smontò e con la punta della sciabola toccò la spalla del paggio templare. Amedeo alzò leggermente la testa, il sole non era alto ma la luce oscurava ugualmente il volto dell’uomo; il giovane portò con un lento movimento il palmo della mano sopra gli occhi e vide il cavaliere: il volto era nascosto dal turbante, gli occhi non erano truci, ma nemmeno troppo benevoli, con una mano faceva segno di alzarsi. Amedeo obbedì portandosi al collo la sua sacca. Il cavaliere poggiò una mano sulla spalla del giovane e con l’altra trascinò il cavallo per le briglie, camminarono a piedi fino al fortino, mentre gli altri due li scortavano da sopra le loro cavalcature.

Raggiunto il castello di Baghras, Amedeo fu portato fino alla tenda più grande, che stanziava al centro, il suo rapitore scostò il telo, infilò la testa e mormorò qualcosa nella sua lingua.

Poco dopo venne fuori un giovane uomo dalla pelle scura, profondi occhi color castagna, folta barba nera che scendeva fino alla giuntura del collo con il busto, la testa avvolta in un turbante bianco, indossava un gilet di pelle rosso dalle rifiniture dorate sopra una tunica senape lunga fino ai piedi. L’uomo fece due passi verso Amedeo, sorrise e poi, indicando la sua persona con le punta delle dita, di entrambe le mani, puntate verso di sé, disse: «Osman.»

Amedeo non era sicuro di aver capito, dunque incerto, portando la mano destra al cuore disse: «Amedeo.»

«Ahmet.» Sorrise Osman.

«A-me-de-o.» Sillabò il giovane dopo aver scosso la testa.

Osman non si scompose, si fece porgere una sciabola, la sguainò, la puntò al collo di Amedeo e senza nemmeno l’ombra di bonarietà disse: «Ahmet.»

Amedeo alzò le mani in segno di resa e ripeté: «Ahmet.»

Osman rinfoderò la sciabola, la restituì e iniziò a ridere. Passò un braccio dietro le spalle del templare e lo fece entrare nella sua tenda.

Amedeo ebbe come l’impressione di essere stato catapultato in un altro mondo: le pietre che pavimentavano quel posto erano state coperte da raffinati e morbidi tappeti, dei cuscini posti al centro ospitavano dei piatti argentati pieni di frutti, l’aria profumava di spezie ed era pervasa da una densa nebbia, anch’essa profumava e non era per nulla sgradevole. Quando prese posto, capì da cosa fosse provocato quel fumo: Osman afferrò un contenitore alto di vetro blu, pestò delle foglie miste a scorze di frutti in una piccola camera, che fungeva da caldaia, in quanto veniva bruciato il suo contenuto, in seguito tramite un tubo che originava dall’incollatura di quel recipiente, riempito d’acqua, succhiava molto forte, tratteneva il respiro per alcuni secondi e poi emetteva il fumo.

Il sultano gli porse il tubo. Amedeo aveva subito capito che il rifiuto o la contraddizione non erano ben accetti. Tuttavia il suo sguardo era titubante. Osman gli mostrò il procedimento da seguire, non era complicato. “Dio perdonami” pensò Amedeo prima di riempire i polmoni. Il fumo venne fuori a sbuffi, da solo, senza la minima volontà da parte del ragazzo, perché iniziò a tossire come mai in vita sua. Occhi, gola e petto bruciavano incredibilmente. Non aveva mai provato niente di più fastidioso.

Osman e i pochi uomini presenti iniziarono a ridere, poi gli colpì le spalle e gli porse una brocca piena d’acqua, facendogli segno di bere. Amedeo ci riuscì a fatica, il riflesso della tosse non era ancora del tutto scomparso.

Il sultano iniziò a parlare nella sua lingua, rivolto ad Amedeo, come se lui potesse comprendere. Quello che fu chiaro era la gravità o meno dell’argomento preso. Osman mutava repentino e di continuo tono della voce ed espressione, inoltre mimava le azioni con le mani, e Amedeo non poté non notare che il tono cupo e minaccioso combaciasse sempre con l’imitazione di una morte: per strangolamento, accoltellamento, o decapitazione che fosse.

Amedeo non si azzardava a dire nulla o a fare un qualsiasi movimento, tanto meno cambiare espressione, cercava di fingersi interessato, mentre nella sua mente c’era spazio solo per preghiere e canti.

Quando il racconto finì, Osman in persona guidò Amedeo presso una tenda e disse: «Ahmet, çadır.»

Il paggio templare intuì che gli stava offrendo una tenda, dove poter riposare. Amedeo annuì sorridendo ed entrò. Gli furono portati i pasti e qualcosa da fumare. Amedeo non sapeva come venire a capo di quella tremenda e assurda situazione, aprì la sua sacca e sfiorò le Sacre Reliquie. Preso in potenza dallo Spirito Santo iniziò a pregare fin quando non fu interrotto da uno degli uomini di Osman. Era arrivata l’ora di rimettersi in marcia. Le tende furono smontate, carri e cavalli caricati e il Sultano si mise a capo della carovana indicando loro la via.

Serie: Cavalieri Teutonici


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Discussioni

  1. “Amedeo non tremava, non aveva paura, il suo Dio era con lui, ne poteva sentire la presenza, un brivido correva lungo tutto il corpo, la pelle d’oca: quelli erano i segnali della Sua presenza.”
    Questo passaggio mi è piaciuto

  2. ” Preso in potenza dallo Spirito Santo iniziò a pregare fin quando non fu interrotto da uno degli uomini di Osman. Era arrivata l’ora di rimettersi in marcia. Le tende furono smontate, carri e cavalli caricati e il Sultano si mise “
    Questo passaggio mi è piaciuto