
Anahí, tra sogni e tradizione
Serie: Di ombre e luce
- Episodio 1: Prologo
- Episodio 2: Premonizioni
- Episodio 3: L’addio a Milano
- Episodio 4: Dall’Europa all’America
- Episodio 5: Anahí, tra sogni e tradizione
- Episodio 6: Una bambina sotto la luna
- Episodio 7: Dove finisce il mare
- Episodio 8: Straniero tra fratelli
- Episodio 9: Quando il vento cambia
- Episodio 10: Il battito della città nuova
- Episodio 1: Una parte di me resta qui
- Episodio 2: Tra le righe del massacro (parte prima)
- Episodio 3: Tra le righe del massacro (parte seconda)
STAGIONE 1
STAGIONE 2
Anahí cresceva tra le voci famigliari degli abitanti del villaggio e il sussurro costante della foresta. L’insediamento guaranì, immerso nel verde del monte, era per lei un rifugio sicuro, dove il tempo scorreva al ritmo della natura, lento e ciclico. Le giornate erano scandite dal canto degli uccelli e dai richiami lontani degli animali.
La capanna in cui Anahí viveva con la famiglia era semplice, fatta di fango e canne e con un tetto di paglia che tremava al vento, ma resisteva ai temporali più impetuosi. All’interno, sua madre si muoveva con gesti sicuri, mentre preparava il mais e la manioca per essere cucinati; intanto le sorelle più piccole correvano scalze sull’erba umida del mattino, accompagnando il loro divertimento con grida e schiamazzi. Anahí le osservava con un sorriso, ma non si univa più ai loro giochi infantili. Ormai aveva dodici anni e imparava l’arte che le spettava in dono: aiutare a dare la vita.
Sua nonna, la curandera del villaggio, era una donna di poche parole e molti segreti. Abitava in una capanna poco distante, circondata da piante medicinali per i riti tradizionali. Ogni giorno, Anahí andava da lei, ma, nell’osservarla all’opera, nel suo cuore sentiva l’eco insistente di un richiamo diverso.
«Anahí, hai la testa tra le nuvole» diceva la nonna quando la trovava distratta. «Le donne guaranì hanno il compito sacro di continuare il ciclo della vita. Non dimenticarlo.»
Lei annuiva rispettosa, ma il suo cuore le sussurrava altro.
La vita del villaggio seguiva abitudini semplici. Gli uomini svolgevano le attività principali, quelle legate alla caccia e alla pesca. Le donne, invece, uscivano insieme all’alba per raccogliere frutti e radici nella foresta: un gesto quotidiano che univa nutrimento e legame. Anahí camminava con loro e ascoltava le risate leggere delle compagne.
Ogni tanto, quando il villaggio si addormentava sotto il cielo stellato, si sedeva fuori dalla capanna con le ginocchia strette al petto. Guardava la luna e le sussurrava pensieri e speranze.
Una sera, sua madre le si sedette accanto e cominciò a pettinarle i capelli con gesti lenti e pieni di tenerezza. Anahí tacque, ma quel sogno che portava dentro come un fuoco silenzioso non le dava tregua e tornò alla realtà.
«Mamá…» esitò per un attimo «Posso parlarti di una cosa?»
Sua madre si fermò e sollevò lo sguardo. I suoi occhi scuri, così simili a quelli della figlia, erano calmi e accanto a lei, Anahi provava quel senso di sicurezza che la faceva sentire ancora bambina.

«Certo, figlia mia. Cosa ti preoccupa?»
Anahí inspirò a fondo e strinse le mani nelle pieghe della gonna. Le parole faticavano a uscire. Temeva che la madre potesse non capire o, peggio, disapprovare.
«Ho pensato molto, mamá, a cosa farò da grande.» Cercava il modo giusto per dirlo. «So che la nonna vuole insegnarmi tutto, e io imparo in fretta. Ma c’è una cosa che desidero da tanto.»
Sua madre posò il pettine, intuendo la serietà del discorso, e osservò la figlia con un misto di curiosità e affetto.
«Cosa sogni, Anahí? aprimi il tuo cuore.»
La ragazza abbassò lo sguardo sulle mani abili e forti della madre. Poi, si fece coraggio e lo rialzò.
«Vorrei, un giorno, poter lasciare il villaggio e andare in una scuola dove insegnano a leggere e scrivere come sa fare papà. Tornerei per insegnare ai bambini. So che è diverso da quello che facciamo qui, ma sento che potrei fare di più. Vorrei poter cambiare qualcosa, aiutare il nostro popolo in un modo nuovo.»
Il silenzio calò tra loro, rotto solo dai suoni della foresta. Anahí temeva di aver detto troppo, di aver infranto una regola. Ma sua madre la guardò con una calma tale che la sorprese.
«Vuoi imparare a leggere e a scrivere?» Chiese, con una nota di stupore, ma senza alcun giudizio. La donna sapeva da sempre che Anahí era diversa dalle altre ragazze e quindi ne percepiva l’inquietudine. «Non è un desiderio comune tra le donne del nostro villaggio, figlia mia. Ma neppure qualcosa che io non possa capire.»
«Qui non sono del tutto felice, mamá. Non è che io non ami la nostra vita, la nostra gente, però sento che per me c’è qualcosa fuori dal villaggio, oltre la foresta.»
La madre annuì. «Il nostro popolo vive in armonia con la terra, con il ciclo della vita e della morte. E’ sempre stato così. Anche se a volte, qualcuno sente il bisogno di seguire una strada diversa. Forse la tua anima è una di quelle.»
Anahí rimase senza parole. Non riusciva a credere che sua madre avesse percepito il conflitto interiore che da tempo la tormentava. «Pensi davvero che io possa fare qualcosa di diverso, mamá?»
La donna la guardò con un sorriso malinconico e le accarezzò una ciocca di capelli. «Certo, figlia mia. A patto che non dimentichi mai chi sei e da dove vieni. Le tue radici ti tengono salda a questa terra, e la tua forza proviene da essa e dalle donne che ti hanno preceduta. Non lasciare che il mondo te lo faccia dimenticare.»
Anahí sentì un nodo alla gola e una nuova determinazione si fece strada dentro di lei. «Non lo dimenticherò mai, mamá. Lo prometto.»
La donna la strinse forte al petto e in quell’abbraccio Anahí comprese che non sarebbe stata mai sola. La sua famiglia, e soprattutto sua madre, avrebbero sempre fatto parte di lei, ovunque la vita l’avesse condotta.
Continuò a svolgere i suoi compiti all’interno della comunità con dedizione, imparando sempre di più dalla nonna, senza trascurare le proprie aspettative.
Così nei giorni in cui la pioggia tamburellava sul tetto di paglia, Anahí chiudeva gli occhi e vedeva se stessa camminare per una città sconosciuta con un paio di scarpette ai piedi e un quaderno stretto al petto. Continuava a vivere tra le radici del suo mondo, ma con il cuore rivolto ai rami alti. Cresceva come l’albero della ceiba: saldo nella terra dei suoi avi e con lo sguardo proteso verso il cielo. Non le bastavano più i racconti della nonna: voleva scriverne di nuovi, magari con inchiostro e carta, magari con parole che lei non conosceva ancora.
Serie: Di ombre e luce
- Episodio 1: Prologo
- Episodio 2: Premonizioni
- Episodio 3: L’addio a Milano
- Episodio 4: Dall’Europa all’America
- Episodio 5: Anahí, tra sogni e tradizione
- Episodio 6: Una bambina sotto la luna
- Episodio 7: Dove finisce il mare
- Episodio 8: Straniero tra fratelli
- Episodio 9: Quando il vento cambia
- Episodio 10: Il battito della città nuova
Ciao Cristiana, finalmente torno a leggerti, ed è sempre un piacere!
Non vedo l’ora di scoprire come le vite di Anahì e Pietro si intrecceranno 🙂
Ci vorrà ancora un po’. Parecchie avventure e intoppi lungo la strada. Ma poi ce la fanno!
Grazie Nicola 🙂
Che bel pezzo, direi poetico. Perciò pensa se tu eliminassi tutti quei fastidiosissimi avverbi di modo in mente e i gerundi… il tutto diventerebbe pura poesia. 🙂
Ciao Silvio e grazie per i tuoi preziosi suggerimenti che sempre apprezzo. Nello specifico caso di questo brano, io conto otto forme al gerundio che mi servono per esprimere concordanza temporale fra due azioni svolte dal medesimo personaggio e contemporaneamente. Forse ne potrei limare un paio.
Per quanto riguarda gli avverbi, mi pare di averne usati di luogo e tempo che sono funzionali e non vedrei come sostituirli. Ti do ragione sul ‘più’ che è ridondante. Per il resto non mi pare proprio ce ne siano di quelli che suonano male. Eventualmente (tipo questo), dammi tu qualche indicazione aggiuntiva. Grazie.
Sì. Lo farò con il rivedere tutto il pezzo e te lo mando poi in privato. 🙂
Le vite di Anahì e Pietro sono opposte (i luoghi, i contesti e gli obbiettivi sociali), eppure condividono quella sensazione di essere in qualche modo destinati a qualcosa di più grande e l’inizio di un viaggio.
Sono rimasta colpita dalla madre di Anahì: conosce la figlia in modo tanto profondo che quando le ha esternato il suo sogno è stato come se sapesse già che, prima o poi, quel momento sarebbe arrivato. L’ha osservata da lontano, senza mai essere invadente, e forse anche per questo Anahì si è sentita libera di aprire il cuore e sua madre le ha dato fiducia nel suo desiderio di voler intraprendere un percorso diverso.
In questo episodio ci ho sentito il caldo abbraccio di una madre e l’amore incondizionato che prova per i figli. 💖
Grazie Mary. Di solito pesco dalla realtà e dal vissuto. In questo caso, ammetto, quel genitore l’ho un pochino idealizzato…Nel senso che, stilisticamente mi serviva una sponda di appoggio per giustificare il desiderio di fuga di una ragazzina nata e vissuta in un villaggio indigeno a inizio secolo scorso; ma soprattutto faceva bene a me. Una sorta di lezione privata.
Un forte abbraccio 🙂
Ciao Cristiana, ti sto leggendo a blocchi, per il momento sono arrivato qui. Vedi, al di là dell’interesse per la storia in sé, che è fuori dubbio, la cosa che mi colpisce sempre nella tua scrittura leggera ma incisiva è che ogni volta che termino la lettura ho sempre la certezza che sia stato tempo speso bene.
Grazie Roberto. Innanzitutto, come ci siamo detti sempre, leggere è un passatempo bello, utile, piacevole e così sempre deve restare. E poi, un complimento fatto da chi sa scrivere come sai scrivere tu, fa volare a mille 🙂
Infine, ma non ultimo, ti scriverò presto su whatsapp per quella famosa striscia bianca che, se la si sfila un po’, si riesce a leggere quello che c’è scritto sopra…(non mi fa dormire!)
Un abbraccio 🙂
<3 maravillosa interpretación.. <3
Gracias siempre a vos ☺️
♂♪♥♦☺☻♣♠♫♀
https://www.youtube.com/watch?v=GdAC1xo8ONM
Antes no lo conocìa, ahora lo escucho cada dìa! 🙂
wow.. maravilloso q asi sea Cris.. son Pietro&Anahí
(https://www.youtube.com/watch?v=GdAC1xo8ONM)
Ciao Cristiana! Bella questa scrittura parallela, con due destini che si rincorrono, senza ancora saperlo. Ed è sempre molto attuale anche il confronto tra il “civilissimo” occidente, lacerato da guerre e fughe di massa, e gli “incivili” villaggi periferici, con i suoi popoli semplici e ancora in armonia con la natura e col proprio sentire.
Grazie Nicholas. Correremo in parallelo ancora per qualche capitolo. Dalla regia mi dicono che non c’è fretta 🙂
Se qualcosa non cambia, credo che il civilissimo Occidente andrà poco a poco spopolandosi per guerre e povertà. Vogliamo prevedere un nuovo flusso migratorio da est verso ovest? Ci spareranno dalla costa quando arriveremo sui barconi? Chi lo sa…Lasciamo aperte tutte le possibilità. Un abbraccio
“A patto che non dimentichi mai chi sei e da dove vieni. Le tue radici ti tengono salda”
Questo è un insegnamento universale, che dovrebbe valere per tutti ❤️
Si chiamano ‘valori’. Un termine che forse è caduto in disuso.
“el suo cuore sentiva l’eco insistente di un richiamo diverso.”
Incredibile quanto dica, trasmetta questa frase in poche semplici parole.
Forse questa eco diventa il motore che non dovremmo mai smettere di ascoltare quando ruggisce. Grazie Sergio per la tua lettura.
Un mondo lontano dal nostro, al di là dell’oceano, abitudini e credenze completamente diverse. Eppure il sogno coraggioso di questa giovane donna annienta tempo, diversità e distanze. Anahí diventa tutte le donne, le loro lotte, le speranze, il coraggio di scoprirsi diverse e cambiare le cose. Si immagina con i libri sotto braccio, è un’immagine potentissima, mentre lo pensa è già lì. La sua storia diventa un messaggio universale. Mi è piaciuta la gentilezza, l’accoglienza della madre. Mi sono sentita accolta a mia volta, dentro questa storia che ha molto più di una semplice storia da narrare.
Impareremo molto da Anahí, ne sono certa.
Grazie Cristiana, perche conosco bene la sensibilità della tua anima, ma ogni volta riesci a incantarmi ❤️
Grazie a te Irene per aver colto questo particolare dei libri sotto braccio. Anahi imparerà davvero a leggere, ma non sarà la scuola a insegnarglielo (troppo presto e troppo donna lei, troppo povera e troppo indigena. Tanti, tanti troppo). Però avrà un maestro davvero speciale. Diciamo, uno scambio di ‘conoscenze’ e ‘sapere’. La gentilezza di sua madre, invece, è una nota che mi è piaciuto inserire. Sarebbe bellissimo se ogni genitore avesse questa forza. Grazie ancora e un abbraccio
Non posso non provare simpatia e tenerezza per Anahí. Questo “vivere tra le radici del suo mondo, ma con il cuore rivolto ai rami alti” è qualcosa che ho provato anch’io. Dunque, farò il tifo per lei! Spero che realizzi il suo sogni. Brava Cristiana, questa storia mi piace sempre più.
È il sogno di tutti quelli che sentono, in un certo senso, il terreno scivolare sotto ai piedi e vorrebbero, con quelle stesse suole, calpestare terreni sempre nuovi. Il sogno di chi continua a sognare, nonostante le difficoltà. Sono felicissima che tu ti sia in un certo senso, immedesimata in lei. Grazie Arianna.
“Sua madre posò il pettine, intuendo la serietà del discorso, e osservò la figlia con un misto di curiosità e affetto.”
Questa immagine è molto forte. Stupendo! Dice molto sul rapporto tra madre e figlia. Traspare l’affetto che le lega, la complicità, il supporto. In poche parole riesci a ricreare un’ alchimia di emozioni
Ogni volta che scrivo un commento legato a una citazione sul cellulare, mi parte senza che abbia il tempo di rileggerlo, o come in questo caso, di terminarlo. 🤦♀️ Comunque, amo le tue descrizione. Mi trasportano sempre dentro la storia👏
Ho risposto due volte a questo commento e nessuna al primo. Considera le mie risposte come equamente distribuite! Grazie ancora 🙂
🧡
Grazie Tiziana. Volevo in un certo senso, creare un rapporto genitore-figlio particolarmente magico, cosa che, presumibilmente, in un’epoca e condizioni come quelle in cui il racconto è ambientato, non è del tutto verosimile. Tuttavia mi serviva una sorta di ‘spinta del cuore’ per rendere il personaggio più potente. Per quanto riguarda il pettine, confesso che ci avevo messo una spazzola e che mia figlia mi ha fatto notare quanto probabilmente fosse difficile possedere una spazzola per capelli per una ragazza come Anahi 🙂
Un altro bellissimo episodio che mi ha fatto immergere in una realtà lontana e molto diversa dalla nostra.
Mi piace soprattutto la descrizione della figura materna: la sua calma, la sua capacità di leggere l’inquietudine interiore di Hanahi e il sostegno offerto a sua figlia nell’ assecondare le sue aspirazioni, pur non rispecchiando le aspettative della nonna e dell’intero villaggio.
Anahi mi appare come una giovane adulta con una maturità superiore rispetto alla sua età, e una
consapevolezza che manca, spesso, in tanti suoi coetanei cresciuti in altri periodi realtà diverse.
Merito, forse, dell’affetto rassicurante di sua madre, protettiva e comprensiva, che spinge Hanahi, nonostante qualche esitazione, a osare di più, nel desiderare e nell’esprimere apertamente il suo desiderio di voler percorrere una strada nuova, che travalica la tradizione.
Anahi, per come me la descrivono, è davvero stata una donna molto forte, con una mente vivace e spinta dal desiderio di conoscenza, curiosa e spesso testarda. Sono contenta che arrivi così a te che leggi la sua storia. Per quanto riguarda sua madre, ho invece puntato a una sorta di ‘idealizzazione’ della figura genitoriale, immaginando quanto importante sarebbe avere questa attitudine nei confronti di un figlio e quanto sarebbe importante per lui ricevere un tale supporto. Non credo, purtroppo, che per l’epoca e le condizioni, questa figura possa essere verosimile. A me, però, è piaciuto immaginarla così. Grazie Maria Luisa 🙂
Un racconto molto dolce e poetico, pure se a ridosso della natura selvaggia.. piano piano si prepara l’incontro tra due lontane esistenze credo..
Grazie Furio 🙂
Hai detto bene, piano, piano. Perché prima ci sono ancora un po’ di cosine da raccontare e da mettere a posto. Ma ci arriveremo. Un abbraccio
Grande la mamma che capisce le aspirazioni della sua piccola e non le tarpa le ali. Grande anche Anahì che non ha paura nell’immaginarsi, sola e non più scalza, tra le vie di una città sconosciuta. Scelte che a noi sembrano normali ma che nell’ambito di un piccolo villaggio non erano semplici nè da comprendere nè da concedere. Grazie Cristiana!
Esatto Giuseppe e soprattutto a inizio secolo. Anahi è una donna realmente vissuta e mi è abbastanza facile immaginarla, così forte come era lei. La madre, diciamo, l’ho invece ‘desiderata’, nel senso che è il tipo di genitore che bisognerebbe provare a essere e il tipo di genitore che un figlio meriterebbe. Lei, ammetto, l’ho un pochino idealizzata. Un abbraccio
Bellissimo il finale e questo desiderio di spiccare il volo, desiderando comunque aiutare la sua comunità. Ci voleva tornare con l’attenzione su Anahí. Brava Cristiana!
Grazie Melania per la tua lettura 🙂
Diciamo che continuerò a saltellare un po’ di qua e un po’ di la ancora per qualche capitolo che le cose da sistemare sono ancora tante 🙂