Ansia, esci dalla mia stanza!

Non ho fratelli, sono figlia unica. Credo che i miei genitori non avrebbero avuto la pazienza di gestire due figli, perché anche se avessero avuto la forza avrebbero commesso un omicidio.

Ma questo non significa che io sia sola, no. Ho una compagna di vita, se vogliamo chiamarla così, che crede di saperla lunga su di me. Sì, sembra mi conosca meglio di me stessa, lei, l’Ansia, una sorella maggiore e un mostro sotto al letto fusi insieme in una chimera dalle indefinite proporzioni, dalla capacità di adattarsi alle situazioni più piccole, quanto una scatoletta di fiammiferi, per renderle degli ostacoli insormontabili. Da bambina provavo una paura quasi reverenziale nei suoi riguardi. Da adolescente, fingevo che non esistesse, e in tutta risposta si mimetizzava anche nei miei angoli più sicuri in cui ero senza difese per tendermi la giusta imboscata. Spesso e volentieri, mi somiglia e parla con la mia voce, mi guarda attraverso lo specchio con un sorriso di scherno.

«Sei nei guai, adesso» canticchia lei.

«Stai zitta»

La tentazione di rompere lo specchio è forte, un giorno più di un altro, ma cerco di tenermi occupata, di non ascoltarla. Eppure, il suo sussurro mi raggiunge sempre con la forza di un ruggito.

«Oh, io potrò anche stare zitta, ma tu che farai?»

«In che senso?»

«Beh, te ne starai lì seduta a non fare nulla?»

«No, certo che no»

«Sembra proprio così. Non che tu possa fare qualcosa, il danno è fatto»

«Ci deve essere una soluzione»

«C’è davvero?»

Sempre a mettere in dubbio ogni mia parola, sempre a controbattere.

«Sì, c’è»

«Allora vai, no?»

Vado. Ma eccola, a pochi metri da me. È uno di quei giorni in cui sembra una montagna e io, in confronto, sono un chicco di riso.

«Ci sei tu che mi blocchi la strada»

Lei si guarda intorno, come se non si fosse resa conto di essermi d’intralcio, al varco della porta che devo attraversare. «Puoi aggirarmi. Non sono così grande come pensi»

Resisto all’impulso di indietreggiare. «Ma mi seguirai…»

«Certo, devo vedere come va a finire!»

«Vuoi vedermi fallire» affermo, cupa.

«Voglio vederti fallire e provarci. Di continuo» risponde lei, in un tono che non riesco a decifrare.

Forse, la mia Ansia, come ogni sorella maggiore, non è poi così male, quando smetti di guardarla come se fosse un mostro sotto al letto. Certo, potrebbe rubarti le magliette, invece che indurti in uno stato mentale per il quale sembra tu stia per morire. Potrebbe fare la spia ai tuoi genitori su qualche tua malefatta, ma ti prenderà in contropiede, facendoti dubitare del tuo valore. Ma forse, come in ogni litigio tra fratelli, puoi dimostrarle quanto si sbaglia, e lei ti guarderà con rispetto.

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Discussioni

  1. “Spesso e volentieri, mi somiglia e parla con la mia voce, mi guarda attraverso lo specchio con un sorriso di scherno.”
    Questa descrizione mi è familiare. Complimenti, mi piace molto il tuo stile. Scrivi molto bene

  2. “«Oh, io potrò anche stare zitta, ma tu che farai?»”
    Rappresenta perfettamente lo stato di ansia. Prima credi che possa stare in silenzio e subito dopo di pone subito una domanda, che smentisce quello che voleva farti credere.
    In poche parole l’ansia.
    Molto realista!

  3. Bel monologo, ben scritto e accattivante. Hai descritto l’ansia in modo originale eppure tanto familiare. E giustissimo è il suggerimento per abituarcisi, magari farci anche amicizia. perché l’ansia, alla fine, diventi prudenza, contendendosi la tua attenzione con la sicurezza di te.
    Brava, mi è piaciuto.