ARRIVANO I LUPI IN FATTORIA

Serie: IL MIO CANE BOROTALCO


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Teresa e Luigino, facendo esplorazione in fattoria, entrano in uno stabbiolo dove si trovano faccia a faccia con un maiale, a sentir loro gigante, ma che in realtà è un maiale normale che il signor Milesi chiama affettuosamente Diego.

Forse dormivo o forse no, nel sogno sentivo un latrato di cani. Mi svegliai all’improvviso e sentivo ancora cani ringhiare e strani ululati.

Si sentiva anche il gatto che miagolava con insistenza, come impaurito da qualcosa che stava fuori casa.

Corsi nella stanza dei miei genitori per svegliarli, ma trovai solamente mia madre sveglia che guardava dalla finestra.

Mio padre era andato fuori col signor Milesi, erano usciti entrambi con i fucili in mano, c’erano i lupi.

Si sentirono un paio di colpi di fucile ed io ero molto spaventata, ma anche mia madre lo era e per fortuna Luigino dormiva ancora e non si era accorto di nulla. Ero preoccupata per mio padre, ma anche per Borotalco che era troppo piccolo e forse era stato sbranato dai lupi.

Avevo sentito bene che sarebbe stato meglio portare Borotalco in camera con me, ma ormai non mi restava che sperare e pregare che tornassero sani e salvi. Mia madre continuava a guardare dalla finestra e io stavo stretta a lei, con le orecchie tese ad ascoltare, quando all’improvviso cominciammo a sentire delle voci e vedemmo due ombre avvicinarsi alla casa. Riconobbi subito la voce di mio padre e l’altra voce era quella del signor Milesi. Grazie a Dio stavano tornando e sembravano sani e salvi.

Scendemmo giù nel soggiorno ad accoglierli, c’era anche la signora Adele ad aspettare suo marito.

Dalla finestra li vedemmo avvicinarsi alla porta, la signora Adele aprì l’uscio di casa e li fece entrare.

Entrarono con due cuccioli, uno era Borotalco col suo ciondolino appeso al collo e l’altra era Neve. Vento, Bianca e il cucciolo senza nome furono uccisi dai lupi. “Oh no! Che brutta notte!” Pensai nella mia mente.

Erano le quattro del mattino, tornammo in camera per dormire, ma questa volta Borotalco era in camera con me e questo mi faceva stare più serena.

Come faceva sempre quando era in mia compagnia, si distese, allungò il muso tra le zampette anteriori, ma questa volta non riusciva ad addormentarsi. Batteva le palpebre e nel fondo delle sue iridi scure si leggeva tutto lo spavento vissuto. In verità non riuscii a dormire nemmeno io. Rimasi sveglia fino all’alba a guardare il soffitto, mentre ogni tanto scendevo dal letto e mi affacciavo alla finestra per aspettare che facesse giorno.

Quando si ha l’animo spaventato, di notte, ogni rumore fa paura, persino le forme più normali fanno paura. Gli alberi, nel buio cupo della notte, scossi dal vento, sembravano mostri giganti che agitavano minacciosamente le braccia.

La mattina seguente, appena svegli ci recammo sul posto e trovammo un vero scempio. C’erano per terra tre lupi uccisi da Vento e Bianca prima che fossero a loro volta uccisi da altri lupi, e c’era un quarto lupo, poco distante dagli altri, ucciso a colpi di fucile da mio padre o dal signor Milesi.

Del piccolo maremmano con la macchia nera sulla testa non c’era alcuna traccia. Ma dove era finito?

«Cerchiamo Macchianera! Deve essersi nascosto da qualche parte!» Esclamò il signor Milesi.

«Credi che sia ancora vivo?» Chiese mio padre. 

«Oh, Dio lo volesse!» Disse, «Dio lo volesse!»

Il signor Milesi aveva perso tutti i suoi cani e ora desiderava trovare quel cucciolo più di ogni altra cosa. 

Lo cercammo per un po’, dietro alberi e ai cespugli, ma nulla. Forse i lupi l’avevano mangiato.

«Macchianera, dove sei?!» Esclamò il signor Milesi col cuore stretto in una morsa.

Eravamo rassegnati, quando all’improvviso, con grande stupore lo vedemmo uscire da sotto la pancia della madre. Bianca aveva difeso il suo cucciolo chiudendolo a protezione tra le sue quattro zampe, mentre a colpi di canini azzannava i lupi che volevano attentare alla vita del figlio.

Il cucciolo era impaurito, tirò fuori solo la testa da sotto la pancia della madre e poi si accucciò con il muso tra le zampe. Il signor Milesi lo tirò fuori, lo prese tra le mani contento e dopo averlo avvicinato affettuosamente al proprio viso, disse con gli occhi pieni di gioia: «Hai vinto i lupi, piccolo mio. Ti chiamerò Lupo e prenderai il posto di tuo padre Vento in questa fattoria.»

Eravamo tutti molto felici che il ritrovamento del cucciolo con la macchia nera sulla testa si fosse concluso positivamente. Avevamo passato veramente una brutta nottata e decidemmo di partire presto, senza nemmeno fare colazione. Erano le otto del mattino e la nebbia si era quasi completamente diradata. Restavano solo pochi ghirigori di fumi bianchi accesi dalla luce dorata del sorgere del sole che somigliava a un’arancia rossa matura. Il signor Milesi aveva munto un po’ di latte caldo da una delle sue mucche e ci invitò a berne un bicchiere prima di partire, ma solo Luigino ne prese e dopo averlo bevuto salimmo tutti in macchina per lasciare la fattoria e tornare finalmente a casa.

«Arrivederci Felice e grazie dell’ospitalità» disse mio padre stringendo la mano al suo vecchio amico.

«Arrivederci Mattia, spero di rivederti presto» rispose il signor Milesi, aggiungendo la sua seconda mano sulla mano di mio padre.

Quella fu l’ultima volta che si videro. Dopo un anno, da quella visita in fattoria, mio padre seppe da un altro suo amico che il suo vecchio compagno del servizio militare era morto d’infarto.

Quando mio padre ci comunicò la notizia della morte del signor Felice Milesi, il mio cuore divenne scuro, dalla tristezza, come quando fa buio. Me lo figuravo davanti agli occhi con quel suo sorriso, la sua grossa mano sulla mia testa che mi accarezzava, il suo dolce giocare col maiale, il suo abbraccio al cagnolino macchia nera. Recitai in cuor mio una preghiera a Dio, raccomandandogli la sua anima buona. 

Serie: IL MIO CANE BOROTALCO


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