Chiamati per nome

Serie: I cani della Valle del Pastore


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: A bordo di una vecchia 500 il signor Grassetti si dirige verso la Valle del Pastore. Con lui due cuccioli attendono di conoscere il loro futuro.

La Valle era un piccolo lembo di terra verde i cui prati sembravano quasi danzare al soffio del vento che scendeva dalle montagne. Qui e là torrenti d’argento si tuffavano da ripide cascate in laghetti bianchi e azzurri come il cielo.

La 500 del signor Grassetti seguì lo stretto sentiero che procedeva ai piedi delle colline dove un grande gregge di pecore si muoveva come frammenti di nuvole sui pascoli. I due cagnolini erano affacciati al finestrino e le guardavano con gli occhi sgranati. Da lontano sembravano centinaia di piume bianche sparse sull’erba. Uno dei due cominciò ad abbaiare quando vide alcuni cani muoversi in mezzo al gregge.

«Quelli sono i cani del Pastore» disse il signor Grassetti, quasi volesse rispondere al cucciolo. «Alcuni di loro li ho portati quassù io stesso quando erano solo dei piccoletti come voi. Erano seduti nella stessa cesta dove siete voi ora.»

Un grande cane pastore con il manto nero teneva alcuni agnellini lontani dagli alberi alti e grigi di una foresta al margine dei prati, mentre altri tre guidavano un gruppo di pecore oltre un torrente. Uno di questi abbaiò allegro alla vista della piccola macchina, le corse incontro e cominciò a girarle attorno. Aveva la pelliccia bianca come la neve.

«Gioele, vecchio mio» salutò il signor Grassetti allungando una mano fuori dal finestrino per accarezzarlo. «È passato un po’ di tempo dall’ultima volta, eh.»

Anche i due cuccioli erano usciti dalla loro cesta e guardavano il giovane cane che continuava ad abbaiare euforico.

La strada proseguiva su per un’alta collina che dominava su tutta la Valle, sopra la quale sorgeva una casa di legno e mattoni. La parte est saliva dolcemente lungo un prato, mentre a ovest scendeva a strapiombo sul pascolo attraverso una parete di rocce grigie coperte di muschio.

Il signor Grassetti guidò fino al piazzale davanti alla casa. Spense il motore, scese dall’auto e si mise ad accarezzare il cane di nome Gioele. «Ma guardati, ti sei fatto proprio grande.»

«Buongiorno, signor Grassetti», si udì una voce. Oltre il piazzale in un piccolo orto rigoglioso era in piedi una donna. Aveva i capelli come onde di un castano lucente raccolti dietro il collo. Portava un vestito leggero e un grembiule sporco di terra. In una mano teneva degli attrezzi di giardinaggio e con l’altra si faceva ombra sul volto radioso e sorridente.

«Buongiorno, cara», salutò festoso il signor Grassetti. «Come sta andando l’orto quest’anno? Produce i frutti sperati?»

«Con pazienza. La terra ha i suoi tempi. Cercate mio marito, immagino.»

«Si, in verità. Immagino sia con il gregge.»

«l’ho visto che saliva dal pascolo» disse la donna in un tenero sorriso.

«Signor Grassetti. Ben trovato» disse una voce lontana alle loro spalle.

Il signor Grassetti si voltò e vide un uomo venire avanti da un campo ai confini della casa. Camminava alto in un mare di erba spazzato dal vento, e il sole alle sue spalle illuminava di rosso i suoi capelli. Affianco a lui camminava fiero un cane pastore dal manto nero e oro.

«Ciao, ragazzo mio!» esclamò il signor Grassetti con voce gentile. «Sempre indaffarato con le pecore, vedo.»

L’uomo rise con una voce bella e squillante. «Sono il loro pastore» concluse.

Gioele intanto era in piedi su due zampe, appoggiato alla portiera della 500, e con il muso giocava con i due cuccioli, che abbaiavano felici.

«Sbaglio o ne sento più di uno» disse il Pastore alzando lo sguardo verso l’auto.

«Si, ne ho portati due questa volta» confermò il signor Grassetti. Si avvicinò alla macchina, aprì la portiera e prese in braccio i due cuccioli. Se prima erano euforici e allegri, ora erano completamente rapiti dallo sguardo del Pastore. Riuscivano solo ad ammirarlo conquistati dai suoi occhi.

Il Pastore li fissò attentamente senza dire una parola. Gioele e il grande cane con il manto nero e oro si sedettero affianco a lui anche loro in silenzio, poiché sapevano che quello era un momento molto speciale.

Il Pastore prese il cucciolo con il pelo castano dalle braccia del signor Grassetti. Lo accarezzò e con i suoi intensi occhi fissò i suoi. Allora con la sua bella voce sussurrò un lieve canto:

«Aveva gli occhi di nubi, alberi e montagne.

In essi erano i colori delle campagne.

Vedeva gli ori luminosi del grano

Della terra d’inverno segreto arcano.

Vedeva le tinte di ogni singolo fiore

ancora sogno dormiente senza alcun sentore.»

Il cagnolino abbaiò scodinzolando felice. Allora il Pastore rise. «Hai una voce squillante» disse. Il cucciolo abbaiò ancora e ancora. Il Pastore lo fissò e sorrise.

«Ti chiamerò Samuele» disse infine.

Poi prese il cucciolo color miele e lo guardò profondamente. I due restarono così immobili e in silenzio, scrutandosi l’un l’altro, e dopo qualche istante riprese a sussurrare il canto:

«Aveva occhi profondi, lesti a leggere il cuor,

Sapeva scrutare l’anima, oltre ogni timor.

In lui c’era un rifugio, un porto franco e schietto,

Un luogo ove l’affanno cedeva al dolce aspetto.

E lui, piccolino, era quel muro che vive,

Ove l’eco del mare per sempre si iscrive.

Ti chiamerò Manuele.»

Avvicinò il suo naso fino a toccare quello del piccolo che non smise di fissarlo con i suoi grandi occhi. Il Pastore li tenne in braccio e li strinse teneramente al petto. E i due cuccioli erano felici perché in cuor loro sapevano che da quel momento entrambi avevano un nome e un padrone. 

Serie: I cani della Valle del Pastore


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Discussioni

  1. Descrizioni accurate e gentili. Splendida l’immagine della donna, i suoi capelli e la mano a proteggere gli occhi dalla luce del sole. La scelta dei nomi fa venire i brividi e certamente non è un caso che siano entrambi nomi biblici.

  2. Ciao Guglielmo! Come ha ben detto Irene, questo episodio ha un forte significato simbolico. Assegnare un nome, infatti, non è mai cosa da poco: il nome rafforza un’appartenenza, più mentale che fisica, e il Pastore lo sa! Bellissimo👏🏻

  3. Questo episodio mi ha ricordato il valore e la fortuna di “appartenere” a qualcuno, dove il verbo appartenere significa appunto essere amati, avere una dimora, nel caso dei due cuccioli trovare un padrone. Accogliere, scegliere un nome, prendersi cura di chi accettiamo nella nostra dimora…sono i gesti d’amore più solidi, la base di partenza per ogni vita insieme. I cuccioli si sentono felici e accuditi, e hanno ragione. Bellissimo.

    1. Carissima Irene, potrei quasi dire che il tema dell’ “appartenere” è il filo rosso che legherà l’intera favola. Ogni cosa che accadrà, ogni scelta dei personaggi, sarà sostanzialmente decidere a chi appartenere.

    1. Gianluca, ho Googolato Zone. Splendido. Mentre scrivevo il racconto avevo negli occhi le valli che si aprono tra le dolomiti. Mai visto verde più intenso di quello dei prati lassù.

  4. “I due cagnolini erano affacciati al finestrino e le guardavano con gli occhi sgranati. Da lontano sembravano centinaia di piume bianche sparse sull’erba. Uno dei due cominciò ad abbaiare quando vide alcuni cani muoversi in mezzo al gregge.”
    Molto evocativo. Non ho potuto evidenziare tutto il paragrafo, ma tutta la descrizione merita di essere menzionata👏