
Chindits Burma
Erano ridotti come spaventapasseri, ma l’orgoglio abbondava.
Zaini, gavette, maschere antigas, le pale per scavare le trincee, le armi, le munizioni… però le uniformi erano ridotte a stracci.
Avanzavano nella giungla di Burma e i giapponesi erano come i germani a Teutoburgo, i chindits i romani.
I soldati nemici scorrazzavano per la foresta con le biciclette piegabili, tendevano imboscate, il tempo di decapitare uno o due chindits e ritornavano nella vegetazione lasciandosi dietro un presagio di distruzione e disperazione.
Nonostante tutto, Carl pensava che fosse possibile vincere.
Le notizie di Pearl Harbor, l’isola di Wake, Hong Kong si diffondevano come un’epidemia che fiaccava gli animi, ma Carl era convinto di farcela.
Lo spirito britannico era indomito.
Sin dai tempi di Francis Drake il nemico aveva voluto abbattere il dominio dell’Inghilterra sul mondo. Non era mai successo.
Scacciò un insetto dallo Sten Mk II e si rivolse al resto della truppa. «Coraggio! Venti miglia, e siamo alla base».
La truppa fece delle smorfie. «Sergente, lo sa bene che una volta arrivati lì troveremo i giapponesi che hanno distrutto tutto e dovremo continuare la marcia…». A parlare era stato un gurkha che si era unito ai chindits.
«Non mi interessa» sbraitò Carl. «Questi sono gli ordini: dobbiamo obbedire e tu per primo».
L’annuire fu generale.
«Facciamolo per il nostro Orde» continuò.
Orde: Orde Charles Wingate, maggior generale dell’artiglieria, aveva fondato i chindits. Tutti lo amavano e lui li ricompensava con missioni a lungo raggio ad alto tasso di pericolosità.
«Ricordiamoci che noi siamo i chindits, e i chindits ai giapponesi li mangiano a colazione». Carl ghignò.
Forse le sue parole ebbero un effetto: i soldati si scambiarono delle occhiate di complicità.
Proseguirono nella marcia finché Carl notò un dettaglio: il silenzio era più profondo del solito.
Bloccò la marcia alzando il braccio e ignorando l’impaccio dell’equipaggiamento prese la mira con lo Sten Mk II.
Tirò il grilletto.
Le pallottole si infilarono nella boscaglia e si udì un urlo.
Un giapponese si rovesciò a terra, altri balzarono all’attacco. «Banzai» urlarono all’unisono.
I chindits: esperti della guerriglia, ma negli ultimi tempi erano i giapponesi a superarli; Carl si stava dando alla controguerriglia.
«All’attacco!» ululò.
Carl fece fuoco con lo Sten Mk II, sguainò la baionetta con una sola mano e tagliò la gola con un fendente a un nipponico.
I chindits lo seguirono.
Carl lo sapeva: l’avrebbero seguito perfino all’inferno, ma Burma era l’inferno, i chindits i demoni.
Avete messo Mi Piace4 apprezzamentiPubblicato in Narrativa
Bella l’ambientazione e i rimandi a un pezzo di storia che mi affascina. Uno stile un po’ diverso dal tuo solito, direi maggiormente didascalico.
Spero non sia una brutta cosa che dici che è “didascalico”. Grazie per il tuo intervento!
No! Certo che no. Non fraintendermi. Lo intendo semplicemente come uno stile più asciutto, quasi giornalistico. Anche io a volte lo uso e torna molto utile. Il racconto mi è piaciuto 😊
Capisco. No, non mi sono offeso, volevo solo sapere. Di nuovo grazie!
I tuoi racconti mi fanno spesso andare alla ricerca di episodi storici che non conoscevo 🙂
Sono contento! Grazie per avermi scritto
Bello!
Grazie Stefano!