Cino

Serie: Le rose e le rouge


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Valentina incontra il professore, non più in stato di fermo, ma ancora in libertà vigilata, e capisce, ascoltando le sue parole, che l'uomo è stato accusato ingiustamente per la morte di suo cugino Pietro.

Il barboncino bianco, più sporco che candido, cercava di infilare la sua testa riccioluta sotto la rete metallica, per leccare la mano che continuava ad accarezzarlo. I loro occhi un po’ languidi si erano incrociati, piaciuti e forse riconosciuti a vicenda, come anime diversamente simili. Lei era lì da pochi minuti, seduta sull’erba, davanti al box, a gambe incrociate. A mano a mano che sfiorava quel cucciolo peloso, i lineamenti del suo viso apparivano meno contratti. Il piacere dell’uno riaccendeva un bagliore di gioia nello sguardo dell’altra. Era da tanto che non aveva più un cane. Il suo, un meticcio fulvo di piccola taglia, era già morto da tre anni e ancora le mancava. Negli ultimi tempi ciò che aveva in mente non era tanto di sostituire il suo bastardino con un altro cane, quanto il pensiero di non mangiare più, non bere più, non vivere più. Solo un punto e basta, sul mondo crudele che l’aveva percossa, brutalmente, dalla pelle all’anima. Nel buio pesto della voragine in cui era precipitata, non vedeva alcun barlume di luce. Non sentiva più alcun richiamo dall’esterno. Fosse stato per lei sarebbe stata sepolta già da un pezzo, ma c’era sua sorella che le stava addosso e non le dava scampo, finché non ingeriva almeno la metà del cibo che preparava in abbondanza. Ogni giorno cercava di stuzzicarla con gli odori e i sapori preferiti di quando il suo appetito era quello di una ragazza golosa e vogliosa di vita.

Anche quel pomeriggio sarebbe rimasta rintanata nel suo letto, semiviva, se sua sorella non l’avesse supplicata con una voce spezzata che, a stento, tratteneva il pianto.

«Non puoi farmi questo. Tu non stai buttando via soltanto la tua vita. Anch’io finirò per crollare, prima o poi, insieme a te. Non è giusto. Non è colpa mia. Io non posso cancellare ciò che ti hanno fatto. E tu non puoi condannarmi a vederti ogni giorno in questo stato.»

Alla fine l’aveva convinta. Senza lavarsi neppure il viso, con la cispa sugli occhi e una felpa ormai lurida, infilata sopra il pigiama, era salita sull’auto, insieme alle altre tre donne.

Quando erano arrivate al canile, era rimasta seduta in macchina, puntando i piedi e aggrappandosi al sedile, mentre sua sorella tentava di farla scendere. Un guaito nel box dei cuccioli aveva attratto la sua attenzione e poco dopo, gli occhietti vispi di quel groviglio lanoso di pelo sporco, l’avevano commossa. E quando, scodinzolando, si era avvicinato alla rete, lei aveva iniziato ad accarezzarlo. Gli occhi di lei avevano iniziato a lacrimare. Il groppo che le comprimeva il petto da troppo tempo, in pochi minuti aveva iniziato a sciogliersi.

«Rosa! Rosa! Dove sei?»

Viola, non trovandola in macchina, aveva iniziato a cercarla, correndo da una parte all’altra del canile, in preda al panico.

«Oh, Dio mio, finalmente! Sei qua.»

Appresso a lei Valentina e Clara che, vedendola, avevano emesso un grosso sospiro di sollievo.

Valentina aveva vinto la sua scommessa, al di sopra di ogni aspettativa. Quando aveva parlato con Viola, le aveva ripetuto, per l’ennesima volta, che sua sorella aveva bisogno di uscire, di stare all’aperto. Non poteva andare avanti così, come una sepolta viva. E conoscendo la sua passione per i cani, le aveva proposto di andare insieme al canile di Biagio, per cercare di distoglierla dai soliti mostri che attanagliavano la sua mente.

«Ti piace questo cucciolo?» Rosa aveva acconsentito con un cenno del capo. «Vado a prendere le chiavi del box» aveva continuato Clara, mentre si avviava verso il deposito degli attrezzi.

«Dovrai tenerlo in braccio, finché arriviamo a casa. Il trasportino non ce l’abbiamo. Se dovesse farti la pipì addosso, l’unica soluzione sarà che… che dovrai tenertela» aveva concluso Viola, in tono scherzoso.

Rosa non diceva niente, la sua espressione, però, appariva diversa: lo sguardo più luminoso, i lineamenti addolciti dal pensiero di quel fagotto morbido, raggomitolato sulle sue gambe. Anche le gote, in un quarto d’ora, tra sole e ossigeno, aveva ripreso colore.

In macchina, dopo aver acceso la radio, la voce di Cremonini sulle note di Buon Viaggio, si era diffusa dentro l’abitacolo e nell’aria, fuori dai finestrini. Clara aveva iniziato a cantare per prima: «Il mondo è solo un mare di parole/ e come un pesce puoi nuotare/ solamente quando le onde sono buone/».

E Valentina insieme a Clara subito dopo: «E per quanto sia difficile spiegare/ Non è importante dove, conta solamente andare/».

Infine anche Viola si era unita a quel coro a tre, stridulo e stonato: «Comunque vada, per quanta strada ancora c’è da fare»; mentre Rosa si tappava le orecchie.

«Basta! Cantate peggio di tre cornacchie quando sta per piovere.»

Subito dopo Clara aveva abbassato il volume della radio, chiedendole se avesse già in mente un nome per il cane. Rosa aveva risposto con un’oscillazione del capo. Non ci aveva ancora pensato. E mentre Viola proponeva un invito a cena in casa loro, a base di pasta e basta, Rosa aveva pronunciato quel nome ad alta voce: «Cino».

«Cino?» avevano chiesto Viola, perplessa.

E Clara, voltandosi a guardarla, mentre Valentina la osservava dallo specchietto retrovisore, «Cino chi?».

Rosa aveva indicato il cucciolo addormentato sopra le sue gambe: «lui».

Il nome era stato accolto all’unanimità con un applauso; mentre Valentina, con la mano sinistra sul volante, faceva OK, col pollice destro su. «Bene, mi piace. Cino il barboncino, direi che gli sta bene.»

«Ed è pure piccino, aveva aggiunto Clara. Ha solo quattro mesi e deve fare il…»

«Vaccino!» aveva esclamato Viola.

«Non può mangiare dolciumi, cioccolato, aglio, cipolla e…»

«Peperoncino?» aveva chiesto Valentina, per continuare quel piccolo divertimento di parole in rima.

«E poi niente carne con…»

«L’ossicino» aveva risposto Rosa, partecipando anche lei, con un sorriso, a quel giochino infantile.

A quel punto Cino si era svegliato e dopo uno sbadiglio aveva iniziato a leccare le mani di Rosa, poi il collo e la faccia, ancora con la cispa sugli occhi.

«Bravo Cino! Dalle una bella lavata. Anche se, guardandoti bene, non sei proprio lindo e profumato neanche tu. Bisognerà tenerti a mollo in acqua calda e sgrassatore e strigliarti a lungo» aveva infierito Viola, accarezzando il cane.  

Continua...

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Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. I cani sono angeli senza ali mandati sulla Terra per custodire l’anima dei padroni, anche se per un tempo troppo limitato.
    Io ne ho persi tre in un anno per raggiunti limiti di età e la loro assenza ha aperto una voragine.
    Racconto emotivamente intenso.
    Brava!
    Tanti auguri M. Luisa!

    1. Grazie Gabriele per queste tue parole di condivisione sulle anime canine. E grazie per aver definito il racconto “emotivamente intenso”. Mi chiedevo se fossi riuscita a trasmettere, almeno in parte, ciò che sento davvero per i nostri amati amici a quattro zampe.