
Colpa d’Albino
Serie: Le rose e le rouge
- Episodio 1: Le rose e le rouge
- Episodio 2: Jean
- Episodio 3: Tattoo
- Episodio 4: Il professore
- Episodio 5: Carletto
- Episodio 6: Il Cinese
- Episodio 7: Il giornalista
- Episodio 8: Clara
- Episodio 9: Le jacarande
- Episodio 10: Carmelo
- Episodio 1: Da Biagio
- Episodio 2: Rosso rubino
- Episodio 3: La signorina Bellini Sforza Contìni
- Episodio 4: Il maresciallo Ercole Lo Piccolo
- Episodio 5: Colpa d’Albino
STAGIONE 1
STAGIONE 2
Pietro e Clara si erano incontrati in una delle solite festicciole in casa di amici, per ballare, fumare all’insaputa dei genitori assenti, bere whisky e cola o vodka alla pesca con acqua tonica e ghiaccio, per lasciarsi stordire da bevande, musica e fumo.
Quando il primo lento della serata a luci spente aveva creato la giusta atmosfera, Pietro l’aveva invitata a ballare e, nel buio della stanza, l’aveva stretta così forte da toglierle il fiato. Lei aveva cercato di liberarsi dalle spire delle sue braccia. E subito dopo si era sentita infilare le mani sotto la maglietta, a sfiorarle la schiena per procurarle qualche brivido caldo. Clara era indecisa se lasciarlo fare o pestargli un piede. Poi la musica era finita, lui l’aveva presa per mano, conducendola fuori, tra i biancospini e le rose del giardino. Sfiorando un ramo pieno di spine si era procurata un graffio sul dorso della mano e mentre si asciugava la goccia del sangue con la lingua, lui senza alcun gesto, o sguardo o tono romantico, le aveva chiesto a bruciapelo: «Allora, ti vuoi mettere con me?»
Clara non aveva alcuna intenzione di stare con lui e neppure con un altro, a far la fine delle coppiette che si infrattavano, avvinghiate come polipi, negli angoli più squallidi e maleodoranti del paese. Lei sognava di andare a Perugia, all’università, per laurearsi e lavorare come medico-veterinario.
Aveva appena compiuto diciannove anni quando sua madre si era ammalata. Un ictus le aveva tolto l’autonomia, il sorriso e la voglia di vivere. Clara aveva rinunciato a proseguire gli studi per assisterla. Qualche volta usciva con Gemma, per un gelato, una pizzetta e quattro passi in corso Maria Goretti. Una sera, annoiata e delusa com’era, Pietro l’aveva convinta a fare un giro con la sua Cinquecento rossa, nuova fiammante. Si erano fermati in aperta campagna, nei pressi di un maneggio. Lui aveva insistito per farla salire in groppa a un vivace morello, lucido e grosso. Clara si era rifiutata, temeva che il cavallo fiutasse la sua paura e potesse buttarla giù di sella.
Accanto al maneggio c’era un allevamento di asinelli bianchi. Uno di loro si era avvicinato al recinto. Aveva uno sguardo mansueto. Clara gli aveva sfiorato la criniera e lui aveva abbassato la testa che sembrava un inchino o un invito a continuare. Era stato un incontro emozionante.
Il giorno del suo compleanno Pietro le aveva regalato quell’asinello bianco, albino, con un fiocco celeste sopra la testa. Dopo pochi giorni le aveva messo tra le braccia un cestino: dentro c’era una pallina di pelo morbido, con la coda, color miele, che aveva iniziato a miagolare. Di lì a poco era cascata anche lei tra le braccia del suo seduttore.
A distanza di qualche mese era già in attesa di un figlio. La madre, depressa per la sua condizione, piangeva a dirotto ogni volta che Clara ripeteva di non volersi sposare.
Si sentiva braccata e senza via d’uscita. Da una parte Pietro, dall’altra sua madre e in mezzo Albino, che a casa sua non poteva stare e lo teneva lui nella stalla. Quel ciuchino bianco l’aveva ammaliata.
Avevano celebrato il sacro rito del matrimonio la prima domenica di maggio: mese Mariano, mese delle rose, della mamma… E degli asinelli – aveva pensato mentre si avvicinava all’altare ─ che vanno in amore in primavera e soprattutto nel mese di maggio.
Il cortile della casa di Pietro, adiacente a quella dei suoceri, pullulava di bipedi ruspanti: galline, anatre e un tacchino che gloglottava dall’alba al tramonto, poi, all’imbrunire, si appollaiava sopra il ramo di un gelso e dormiva.
Clara li accudiva in tutto: distribuiva acqua e granaglie, raccoglieva le uova, raschiava il guano e spargeva la paglia nel riparo notturno delle galline.
Quando la suocera uccideva uno di quei pennuti, lei doveva immergerlo nell’acqua bollente, poi lo posava sul tavolo, per staccargli tutte le penne e le piume. La pelle surriscaldata emanava un odore sgradevole, reso ancora più intenso e nauseante dalla sua condizione olfattiva di gestante.
A sventrarli ci pensava Pietro. Apriva il pollo con un taglio netto, infilava la mano e toglieva le interiora. Intanto borbottava e qualche volta urlava che doveva essere lei a tirare il collo alle galline e non sua madre, che ormai era vecchia e non avrebbe dovuto faticare. E poi pretendeva che imparasse a sezionarlo. Le afferrava il polso dopo averle fatto impugnare il coltello, e le forzava la mano per incidere la carena del pollo. Infine la obbligava a svuotare l’intestino, inserendo un tubicino di gomma per far defluire l’acqua insieme alle feci. Tutte quelle interiora, ben ripulite, doveva avvolgerle insieme, col cuore, il fegato, i reni e alcuni pezzetti di lardo, infilzati in uno spiedino da far cuocere arrosto.
Clara si rifugiava nella stalla e accarezzava la criniera di Albino. Le sembrava che quel somarello, col suo sguardo languido, fosse l’unico essere vivente, vicino a lei, capace di sentire il suo malessere.
A tavola faceva finta di mangiare tutto, anche la carne, per evitare altri malumori. E quando lui la teneva d’occhio, lei tratteneva quel cibo in bocca, poi con qualche scusa andava in cucina, apriva la finestra e lo sputava fuori, ai gatti o alle galline, onnivore, che mangiavano lombrichi, insetti, lucertole, topi e persino le pietre. E non rifiutavano neppure la carne della loro carne.
Certe volte vomitava prima di riuscire ad arrivare in cucina. Non stava bene, aveva dolori intensi al basso ventre e l’ultima domenica di maggio, dopo poche settimane dal giorno delle nozze, si era risvegliata in un mare di sangue.
Valentina aveva riletto tre volte quel racconto di Clara, scritto in fretta e con la testa altrove. Non poteva fare a meno di pensare a Rosa. Era sicura, ormai, che la sua amica fosse in casa. Quel pomeriggio, mentre era ferma davanti all’uscio della sua abitazione, aveva sentito lo scroscio dell’acqua e attraverso la persiana aveva intravisto una flebile luce che proveniva da qualche altra parte della casa.
Aveva provato a richiamarla e, ancora una volta, il solito messaggio: “Il numero da lei selezionato è inesistente o momentaneamente irraggiungibile”.
Serie: Le rose e le rouge
- Episodio 1: Da Biagio
- Episodio 2: Rosso rubino
- Episodio 3: La signorina Bellini Sforza Contìni
- Episodio 4: Il maresciallo Ercole Lo Piccolo
- Episodio 5: Colpa d’Albino
Quello che mi ha colpito di questa storia d’amore che somiglia molto più a una storia di prigionia (dove basta proprio un niente per cadere, e purtroppo a volte il resto della vita per provare ad uscire) è stato Albino. Pietro è sbrigativo, asciutto, incapace di tenersi Clara con un amore che non sa dare. E lo sa. Così le regala due cuccioli. Ma commette un errore. Per attirarla nella sua gabbia regala a Clara la via d’uscita: Albino. Il modo in cui la donna proietta amore, solitudine, dolore sull’animale, è il modo in cui riuscirà a tenere viva la forza, un giorno, per scappare. Senza Albino si sarebbe spenta completamente. Forse è un ‘interpretazione azzardata, e l’ho vista solo io, ma mi è piaciuta tantissimo e mi è arrivata così 🙂
Ciao Irene, la tua idea mi piace e sarei quasi tentata di modificare l’ultimo fatto che accadrà in seguito e spingerá Clara a fuggire. Posso anticiparti che sarà proprio Albino la causa determinante.
Intanto, peró, come dici tu, l’animale le dá la forza per andare avanti, di trovare consolazione: una sorta di pet terapy.
Grazie Irene, un abbraccio.
Ops! Pet therapy, con th. Avevo il dubbio: verificato e corretto. Questo inglese mi fa impazzire.
Povera Clara, che incubo vivere lì 🫣 Sarei scappata anch’io! Complimenti per questa storia, al momento una tra le mie preferite qui su Edizioni Open 🤗
Ciao Arianna, che gioia leggere il tuo commento in questa mattina umida e grigia, col cielo che minaccia pioggia e il mio umore che un po’ risente degli umori climatici.
Le tue parole sono raggi di sole che danno luce e conforto. Grazie 🙏 un abbraccio.
Sono d’accordo con Tiziana quando parla di ‘gabbia’. Ammetto che leggere questo episodio mi ha veramente fatta sentire in una sorta di prigione da cui non si riesce a uscire. Lo stile che hai scelto per raccontarci l’innamoramento, il corteggiamento, il matrimonio, la tragedia, è asciutto, sbrigativo, quasi infastidito esso stesso. Credo sia la scelta giusta per parlare di una vita che purtroppo di romantico non ha nulla. Sarebbe stato bello anche leggerlo in prima persona, dalla voce stessa di Clara, come se fosse lei a raccontarci della propria vita. Devo ammettere che ho un debole per questo personaggio che, a mio avviso, stai delineando particolarmente bene.
Resta il mistero sulla ‘sparizione’ di Rosa. I rumori in casa, il cellulare spento, i sospetti di Valentina…
La gabbia é probabilmente uno dei motivi che hanno indotto Clara alla fuga, ma non é tutto. La sua storia che inizialmente doveva servire per scrivere un breve articolo sulla rivista Kubrik, sta diventando qualcosa di diverso e ancora ci sono alcuni fatti da svelare. L’ultima parte degli appunti é un po’ stringata, perché scritta in fretta e con poca concentrazione da Valentina,
che non può fare a meno di pensare a Rosa. E, tra non molto, sapremo qualcosa di più anche su di lei, ma… non molto.
Grazie Cristiana, un abbraccio.
Valentina, è andata via senza buttare giù la porta!
Leggere i due episodi di fila scatena una tensione ancora più bruciante. Un capitolo duro, che mostra la ferocia dell’abbandono di sé per compiacere gli altri. La scrittura, a tratti poetica, amplifica la tragedia, mentre l’ambientazione rurale diventa una gabbia invisibile.
La porta della casa di Rosa sarà di nuovo presente nel prossimo episodio. Valentina non si arrenderà facilmente. Se non sarà abbastanza forte da buttarla giù a spallate, dovrà escogitare qualcos’altro.
Grazie Tiziana per le tue considerazioni, a presto.