ep. 10: Conversione all’ a-tè-ismo.
Serie: Il maledetto cacciatore di fantasmi - with Lorenzo R. Gennari
- Episodio 1: Ep 5: “C’è gente che dormono!”
- Episodio 2: Ep 6: il caffè non si nega.
- Episodio 3: Ep 7: L’haboob di caffé nero nerissimo
- Episodio 4: Ep 8: Per il buon nome del caffè.
- Episodio 5: Ep 9: Ti presento Vapor.
- Episodio 6: ep. 10: Conversione all’ a-tè-ismo.
STAGIONE 1
Fu allora che si levò un vento che trasportò via i mobili della cucina nella tempesta. Il Cucinazord, più simile ad una cheesecake, si smontò pezzo dopo pezzo. Eugenio venne investito da un’ultima ondata nero-caffè, e tutto divenne pece. Come il vento si fece più forte, sentì i guaiti del suo triste animale dal pelo a barboncino. Se qualcuno l’avesse visto in codesto stato, non l’avrebbe distinto da un uomo di sabbia.
Il nostro sventurato protagonista si issò quando il vento di tempesta virò verso il centro della stanza. Una colonna di caffè si plasmò, dando ad Eugenio ulteriori preoccupazioni circa lo stato della sua (inutilizzata) cucina. La caffettiera troneggiava in uno spazio indefinito, imboccando confezioni e sacchi di caffè in polvere.
Eugenio rimase imbambolato con i suoi criceti in funzione. Purtroppo essi vennero soppressi dalle grida soavi di una tenera nonnina:
– Maledetti neg*i! –
Come biasimarla, vista la gradevole situazione in cui l’ha cacciata quel buzzurro. Il fucile ormai scarico, simbolo di disperazione, era ancora puntato sulle proprie allucinazioni le quali prendevano forma di immig**ti africani in possesso di pieni diritti civili. Fu qualche secondo dopo che aprì gli occhi davvero, ritrovandosi di nuovo in piena coscienza del caos che albergava in quella che riteneva la propria cucina. I mobili erano tornati al loro posto l’uno sull’altro: cavi staccati e sparsi ovunque, eruzioni d’acqua misto a caffè, lavandini scardinati dal bancone, con sommo sgomento per l’idraulico, la cifra di riparazione continuava a salire.
Anche se il vuoto cominciava a riempire il suo portafoglio, il vuoto più grande era dovuto dalla non-presenza di Kadmon! Dov’era Kadmon? Che l’avesse mangiato la caffettiera? L’avessero rapito gli Illuminati? Risucchiato da una voragine spazio-temporale? O direttamente dal caos stesso? Solo Iddio poteva sapere cosa fosse mai successo a quella povera, povera creatura.
Non appena si rigirò, la Maria si era dileguata. Sentì la sua delicata voce inveire contro giornalisti e meteorologi, falchi dannati giunti sin sul posto in cerca di tragedie da annotare. La vide dalla finestra stupendosi della velocità fulminea con la quale aveva compiuto la discesa di sei piani di scale ciabatta alla mano.
– Tesoro… – mormorò l’idraulico all’improvviso con il cellulare all’orecchio – … voglio dirti che ti amo. –
Di lui, il vecchio, se ne era scordato, ed ora il pover’uomo strisciava dalla cucina con il telefono in mano, lacrime di gioia e paura navigarono sulle sue guance davanti allo sguardo misantropo.
– Appena torno a casa, te lo prometto, che mi converto… all’ateismo… no! Ma quale miscredente? Ho rischiato la morte per mano del caffè, Dio mi ha parlato chiaro, diventerò un monaco della tè-ocrazia! –
Con enorme umanità ed empatia, Eugenio, seppur disgustato dal suo essere poco uomo, si diede la briga di buttarlo fuori di casa a calci. Ma non me la sento di giudicarlo se aveva desiderio di stare da solo, tal misantropo qual’era. Dai colpi che arrivarono alle sue mute orecchie, si poteva dedurre che la cara nonna avesse ricaricato i suoi fucili, allo scopo di riportare ordine e disciplina nel suo quartiere.
Dopo qualche poco-timido sparo, cadde un silenzio di tomba. Eugenio immerso nel tanto atteso silenzio, cadde in un vortice di disperazione. Tutto taceva. I muri della cucina avevano più crepe e solchi del suo viso. Sembrava che un fantasioso giocoliere avesse mischiato l’ubicazione dei mobili ed elettrodomestici dell’abitazione. Una placida pozza melmosa scorreva ancora lungo i pavimenti e, dal bagno, un sottile gocciolare scandiva i secondi. Ma il silenzio lo colse in fallo nel momento in cui si ricordò del suo peloso coinquilino.
– Kadmon! – gridò impanicato.
Cominciò a cercarlo affannosamente: sotto al letto, nell’armadio, nella cuccia, nel forno, fuori dalla finestra, nel buco del camino, nel portaombrelli, nella buca delle lettere, persino nella busta dei croccantini… ma non c’era. La paura era angosciante, e la solitudine ancora di più. Così, sapendo di essere stato abbandonato da sua moglie, dal suo cane, dallo stato, dall’aldilà e dalla Morte stessa, cominciò a fare pensieri che oserei dire esistenziali se il livello di intelligenza fosse stato almeno nei prerequisiti per definirlo un essere cosciente.
Con la casa in queste condizioni, alzò gli occhi al firmamento del salotto gridando per un’ultima volta il nome terapeutico di sua moglie, e cadde in ginocchio rimanendo in stato catatonico per un tempo preoccupante.
Povero, povero Eugenio.
Serie: Il maledetto cacciatore di fantasmi - with Lorenzo R. Gennari
- Episodio 1: Ep 5: “C’è gente che dormono!”
- Episodio 2: Ep 6: il caffè non si nega.
- Episodio 3: Ep 7: L’haboob di caffé nero nerissimo
- Episodio 4: Ep 8: Per il buon nome del caffè.
- Episodio 5: Ep 9: Ti presento Vapor.
- Episodio 6: ep. 10: Conversione all’ a-tè-ismo.
La vita di Eugenio si snoda in un limbo tra la demenzialità ed il martirio.
In sintesi, una sorta di mezzo calvario
E visto che è anche mezzo pelato il termine “calvario” denota anche una doppia sofferenza.
La tua raffinata ed impietosa crudezza è spettacolare