
Cosa fanno i vicini?
La poltrona da giardino scricchiolò mentre cambiava posizione. Leggeva Il terzo uomo di Graham Green. Gli era stato consigliato dal suo vicino di casa.
Sua moglie ascoltava le notizie del telegiornale, mentre rassettava la cucina. Dal balcone sentiva il rumore di piatti e stoviglie posate nel lavello.
La poltrona da giardino stava bene anche sul terrazzo. Virginie aveva detto che una poltrona da giardino sul terrazzo, centrava come i cavoli a merenda. Sarebbe servita molto di più una bistecchiera elettrica. Lui aveva risposto che se, per avere una poltrona da giardino, doveva aspettare di avere un giardino, sarebbero morto di vecchiaia.
Voltò pagina, ma smise di leggere. Dall’appartamento di fronte giunsero voci di un litigio. Cercò di non badarci, ma erano davvero una strana coppia, quei due.
– Saranno anche fatti loro. – Ritornò alla lettura.
Virginie aveva finito di lavare e uscì a prendere la scopa per spazzare.
– Che stai leggendo?
– Graham Green. Me l’ha consigliato il vicino… oh, non quei due che stanno litigando. Li senti anche tu, vero?
– Non sono certo affari tuoi, – disse, tirando l’orecchio.
– Lo credo bene. Solo… ti sei mai chiesta perché non hanno figli?
Virginie alzò le spalle.
– Non so proprio che dire, – concluse.
Tornò dentro scuotendo la testa, ma dopo un attimo rifece capolino.
– Anche noi non abbiamo figli. Ma non credo che a qualcuno importi un granché.
– Forse hai ragione.
– Come sempre, mio caro.
Le fece la linguaccia e ricominciò a leggere.
Intanto le urla si erano fatte più forti. Lui le rimproverava qualcosa sulla suocera. Lei rispose con certe insinuazioni su cosa facesse la sera, quando usciva con i suoi amici. Tutto come da copione.
Suonò il campanello. Virginie gridò che non poteva andare ad aprire.
Lui non si mosse, sospeso tra la lettura del romanzo e le urla dei vicini. Era troppo attratto dal litigio, il clima che si respirava dall’altra parte gli fece venire in mente l’ambientazione ideale di un omicidio.
La moglie che incalza l’uomo con le sue grida stridule. Non lo lascia parlare. Lui vorrebbe giustificarsi, spiegare le sue ragioni, ma lei sembra sorda. Finché gli rimprovera cose insignificanti, lui non reagisce. Scuote la testa, ripetendo in continuazione no, no, no, ma lei non ascolta. Può prendersela con me, pensa l’uomo, addirittura con mia madre, che in effetti è una gran rompipalle. Anche con mio padre, lo sanno tutti che va con le puttane e beve come una spugna.
Ma quando fa certe insinuazioni sulla sua virilità, che sarebbero la vera causa per la quale non hanno figli, il marito non ce la fa più. Si alza di scatto e prende la prima cosa che gli capita fra le mani. La stringe d’assedio, lei urla più forte, gli fa scoppiare la testa. Lui alza la mano pronto a colpirla…
– Mi tocca fare tutto a me in questa casa! – si lamentò Virginie, andando ad aprire.
Dopo poco uscì sul terrazzo con Ellen, la sorella.
– Ciao, cognatino preferito.
– Ciao, Elenuccia!
Lo chiamava così perché sapeva di mandarlo in bestia. E lui rispondeva per le rime.
– Lo fai apposta, allora!
– Certo.
– Che fai?
– Scusami, cognatina cara e rompipalle! Fai come me: fatti gli affari tuoi.
Non era proprio capace di farsi gli affari suoi, no. Che dire poi dei pettegolezzi. Sapeva tutto di tutti.
– Sorella, lascialo stare! È tutta sera che sta sulle sue.
Virginie diede di gomito alla sorella.
– Noi entriamo. Dobbiamo parlare di cose serie, – annunciò.
Fred sospirò. Già immaginava gli sputtanamenti vari. Quel che succedeva dai vicini, quella sì era una storia appassionante!
Sembrava che la lite fosse finita. Certo che erano proprio strani quei due. Avevano avuto a che dire con tutti nel palazzo, tranne con Fred e Virginia. Si erano parlati sì e no un paio di volte.
Intanto si era fatto scuro sul terrazzo, ma c’era fresco, così decise di restarci ancora un po’. Poi non gli interessavano le chiacchiere delle due sorelle.
In quella tranquillità, la lite si riaccese furibonda. Virginie e Ellen uscirono di corsa dalla cucina.
– Cosa fanno i vicini? – chiese la sorella.
– Non lo senti, stanno litigando, – rispose Fred, sbuffando.
– Questo lo avevo capito, babbeo, ma cosa si dicono?
– Non sono certo affari miei.
– Ah no? – intervenne Virginie. – È tutta sera che ficchi il naso!
Ellen si avvicinò alla balaustra, tendendo l’orecchio.
– Eccola lì, brutta curiosona!
– Shhh! Vuoi farmi scoprire, Fred?
– Ti starebbe proprio bene!
Gli fece una pernacchia.
– Tornate pure dentro a sparlare delle vostre cose. Qui non c’è niente da vedere!
Rientrarono, offese. Intanto i vicini si erano spostati in un’altra stanza, perché le voci giungevano più lontane. Fred scosse la testa, ma poi pensò all’ultima volta in cui aveva litigato con Virginie. Era stato certamente per una sciocchezza. Lei era attenta più alle cose futili, che al senso della vita.
Ripose il libro. Si alzò e si avvicinò alla balaustra del terrazzo. Le voci di nuovo forti. Lei minacciava di tornarsene dalla madre. Lui si dichiarò felice che non avessero figli.
– Sarebbero diventati acidi come te, ancora prima di nascere!
– Ah sì? Sarà merito del tuo spermatozoo andato a male!
Fred si portò una mano alla bocca. Questa era proprio grossa!
Per un istante si fece silenzio. Poi qualcosa andò in frantumi.
– Sei proprio un bastardo, Mike Armond! La prima cosa che dirò a mia madre, è che hai spaccato il suo regalo di nozze!
– Sì, sì, diglielo pure! Avete gli stessi gusti di merda!
– Infatti ho sposato te!
Poi la porta, chiudendosi, fece tremare tutto il palazzo.
Vide la moglie uscire dall’ingresso e percorrere il vialetto come una furia.
Mike uscì sul balcone, alzando la bottiglia di birra e brindando alla libertà ritrovata. Si voltò verso di lui, con sguardo vuoto, ma sufficiente a imbarazzarlo.
Fred batté in ritirata. Magari pensava che si facesse i fatti suoi.
*
Tre giorni dopo, al funerale, camminava accanto a una donna che piangeva molto. Poteva essere benissimo la moglie, ma non la riconobbe. Un volto anonimo. Stava in disparte, lontana dal feretro. Sembrava un pianto sincero.
Mike Armond quella sera festeggiò troppo, si sporse dal balcone e cadde di sotto.
Non c’era molta gente in corteo, segno che non si era mai fatto volere troppo bene. Fred trovò un certo disagio, a stare in mezzo a gente che non rispondeva alle formule del sacerdote.
Scappò in un bar sul percorso, senza farsi notare, lasciando la donna a piangere sommessamente.
– Chi è morto? – gli domandò il barista.
Fred fece spallucce. – Boh. Che ne so! Non sono certo fatti miei.
Avete messo Mi Piace1 apprezzamentoPubblicato in Narrativa, Umoristico / Grottesco
Posso chiedervi anche cosa pensate delle copertine? Grazie.
In questo racconto non hai messo la copertina, ma le precedenti mi sono piaciute?
Ciao Emanuele, concordo con Antonino. Hai dato al racconto una giusta punta di cinismo purtroppo fin troppo realistica. Molti sono pronti a farsi “gli affari degli altri” quando non ce n’è bisogno e ad ignorarli nei momenti di difficoltà.
Grazie anche a te, Micol.
Grazie a entrambi per l’apprezzamento.
Ciao Emanuele, ironia e amarezza si abbracciano attorno ai pensieri del tuo protagonista, una fantasia thriller sfociata comunque in un finale non certo sorridente. E la battuta finale, carica di cinismo, è stato un tocco di classe! Un bel racconto davvero! Alla prossima!
Interessanti i dialoghi serrati, anche con quella voluta inesattezza grammaticale. Che thriller!