Emily
Serie: WAKE UP
- Episodio 1: Un volo amaro
- Episodio 2: Il risveglio
- Episodio 3: Emily
STAGIONE 1
Mentre Dave, in mansarda, si contava i lividi, la Vauxhall Astra arrancava tra le pozzanghere di Woodhouse Lane.
La pioggia si era fatta più forte. John Callaghan teneva le mani rigide sul volante. Gli occhi, fissi sulla strada, tradivano però un pensiero che girava su sé stesso come un disco graffiato. A ogni semaforo rosso, lo sguardo gli cadeva su quel giornale piegato.
Lucas, in silenzio, guardava i marciapiedi di Chapeltown Allerton. Erano in una delle zone più alte di Leeds. Da lassù si vedeva tutta la città . Sulla destra, l’enorme distesa verde del campo da gioco del Caribbean Cricket Club. Sulla sinistra, si susseguivano le case a due piani di Potternewton, con i tetti spioventi, i comignoli come pennacchi e le siepi ben curate.
Lungo il grande viale, vide Emily, la vicina di casa. Andava a scuola con due compagne.
Alzò il braccio per salutarla, ma il gesto rimase solo un riflesso. Cavolo, è proprio carina. Lucas la conosceva bene. Era una ragazzina con la carnagione chiara, i capelli lunghi e così lisci che le pendevano come un sipario. Le labbra piene e il nasino all’insù. Però farsi troppe fantasie su una ragazzina quattro anni più piccola di lui lo faceva sentire un viscido.
La Vauxhall Astra era ormai lontana. Neanche mi avrà visto, pensò Lucas.
Emily camminava ridendo, i gomiti intrecciati con quelli delle sue amiche. Jess era la più esuberante, Sarah la più timida. Tutte e tre in giacca a vento e gambe scoperte.
La pioggia si era fatta fastidiosa. Avevano appena raggiunto l’incrocio tra Chapeltown Road e Harehills Lane quando un’auto sportiva si accostò al marciapiede, spruzzando acqua da una pozzanghera.
«Guarda questo stronzo,» esclamò Jess. «Già siamo zuppe.»
Nell’auto c’erano tre ragazzi. Il conducente aveva un taglio alla moda e un sorriso sfrontato. «Ehi, reginette! Lo volete un passaggio?»
Le ragazzine li squadrarono. Erano grandi. Forse dell’ultimo anno delle superiori. Oppure a scuola non ci andavano affatto. Meglio. Erano decisamente cool.
«Una manna dal cielo. Così facciamo prima,» disse Jess alle altre due.
Emily e Sarah si scambiarono un’occhiata veloce. Emily sentì l’adrenalina della proibizione. Salire in macchina con dei ragazzi più grandi e carini? Era la cosa più emozionante che avessero mai fatto.
«Ma vi siete bevute il cervello? Chi li conosce?» disse Sarah.
«Che palle che sei,» sbuffò Jess. «Sempre la solita santarellina.»
A Sarah non piaceva l’idea di salire in macchina con degli sconosciuti, e poi la scuola non era lontana. Sono solo cinque minuti a piedi. Alzò le spalle e le mollò lì.
«Dai, lasciala perdere. Che ti frega.» Jess aprì lo sportello e spinse Emily dentro.
Già si immaginava il figurone. Sai che invidia! Tutta la scuola l’avrebbe vista scendere dall’auto con quei ragazzi più grandi.
La macchina partì, quelli seduti davanti, parlavano sottovoce mentre l’altro di dietro fece spazio alle due, mettendo un braccio sulle spalle di Emily.
Poco dopo, Sarah vide l’auto svoltare bruscamente verso i cancelli di ferro battuto del parco pubblico. «Ma dove vanno quelle due? Faranno tardi a scuola.»
«Ehi, dovete andare dritti. La scuola è poco più avanti.» Fece notare Emily, togliendosi di dosso il braccio del ragazzo.
«Non ti preoccupare, conosco un posto carino, è proprio qui vicino.» rispose il conducente. «Scommetto che vi piacerà . Solo cinque minuti. Promesso.»
Jess guardò Emily, cercando la sua approvazione. «Dai, quando ci ricapita?» gli sussurrò all’orecchio.
«Cinque minuti, però! Altrimenti facciamo tardi,» disse Emily.
Sarah si era fermata a guardare la macchina che, in lontananza, aveva parcheggiato in fondo al viale. Quelle due non mi danno mai retta. Si era pentita di averle lasciate andare da sole.
I ragazzi fecero scendere le due ragazzine e le portarono dentro un boschetto. La pioggia ora era più sottile.
«Adesso ci divertiamo un po’,» disse il più alto dei tre.
Improvvisamente l’aria si fece gelida. Emily si voltò verso Jess, ma negli occhi dell’amica ora c’era solo smarrimento. Capirono troppo tardi che quei cinque minuti non sarebbero finiti tanto presto.
Emily sentì le mani dei ragazzi afferrarla. Poi la spinsero sotto un grande albero.
Jess cercava di sfuggire da uno dei tre che le teneva le mani bloccate dietro la schiena.
Afferrata per le braccia, Emily si ritrovò stesa a terra. Sentì le dita fredde di uno di loro palpeggiarle i piccoli seni appuntiti. Un altro, a gambe divaricate, si era abbassato i pantaloni e le mostrava il pene, sventolandolo come una piccola proboscide raggrinzita.
«Stai buona, non ti agitare. Vedrai che ti piacerà e domani ti troveremo qui ad aspettarci,» le sussurrò il ragazzo che le teneva i polsi.
Gli altri ridevano.
Emily era paralizzata. Sentiva cento mani addosso. Nelle parti più intime, dove neanche lei aveva mai osato accarezzarsi. Pensava di non avere più scampo. Sarebbe morta lì, a due passi da casa. Non sentì più nulla e smise di dimenarsi.
I ragazzi incitavano l’amico a sbrigarsi: «Dai che ce la vogliamo fare pure noi! Non perdere tempo!»
Emily, distesa sotto la grande quercia, guardava il cielo attraverso una trama di lacrime e foglie appena scosse dal vento. In quell’istante, un’ombra massiccia le si parò davanti. E poi, una grossa lingua calda le leccò la faccia.
Per fortuna, Sarah aveva intuito che non si stava mettendo bene per le amiche. Chiese aiuto al primo signore che aveva incontrato. Era a spasso con un grosso mastino che, una volta sguinzagliato, aveva messo in fuga i ragazzi.
Emily rimase a terra con il cuore che batteva contro le costole. Jess piangeva, rannicchiata. Sarah, non si avvicinò, rimase immobile mentre l’auto spariva in fondo al viale.
Mentre il signore prestava aiuto alle ragazzine, oltre il parco, Lucas in macchina ogni tanto tossiva. Poi si schiariva la gola, come per rompere il silenzio. «Fredda, ‘sta mattina,» disse infine, abbozzando un sorriso.
John non rispose subito. «Già .» Poi, con la voce bassa, aggiunse: «Hai sentito le notizie?»
Lucas si irrigidì appena. «No, perché?»
John mosse la testa lentamente, senza guardarlo. «Perché c’è stata una rapina sulla Call Lane. Non ne sai niente?»
Continua…
Serie: WAKE UP
- Episodio 1: Un volo amaro
- Episodio 2: Il risveglio
- Episodio 3: Emily
Mi è piaciuto. Secondo me funzione. La parte dell’aggressione è credibile, il ritmo incalzante. Aspetto il prossimo episodio.
Ciao Ginaluca, in effetti, c’è qualcosa che non torna nella parte del racconto dell’aggressione; provo a spiegarmi. Premesso che, correttamente, la ragazzina resta ammutolita e si nasconde dietro la madre, è quest’ultima che inizia a raccontare l’accaduto, poi c’è un momento in cui la piccola rivede la scena nella sua mente ed è come se proseguisse il racconto da lì, attraverso la voce narrante in terza persona. Questa cosa, secondo me, funziona poco, penso che il racconto debba restare in carico alla madre, che riporterà ciò che la figlia le ha detto, a scapito di maggiori dettagli, ma in modo più realistico. Sarà possibile, intentanto che la madre parla, alternare i pensieri della piccola, ma tenedo presente che potranno essere ascoltati dal lettore, ma non dal protagonista. L’unica alternativa è che sia Emily stessa a raccontare, ma forse è più realistico che sia scossa, si vergogni e non fiati; come avevi impostato tu. Insomma: una discreta gatta da pelare… Grazie per la lettura
Grazie mille per aver letto e commentato. Alla fine ho cambiato tutto sperando di aver risolto così…
Hai capovolto l’inquadratura e penso che così la narrazione funzioni meglio. ciao
Ciao Gianluca, non rileggere troppo o, perlomeno, fai passare del tempo prima di farlo, l’insoddisfazione sarà minore e, qualche volta, sarai contento di quanto scritto. Quest’ultimo episodio non è per niente male: buona la presentazione di Dave, buono il dialogo e buona la narrazione delle intenzioni punitive (sana giustizia proletaria). Nel complesso un ottimo lavoro, bravo!
Ciao Giuseppe. Grazie per il consiglio e per aver lasciato il tuo commento. Approfitto per rinnovarti le mie congratulazioni per la tua presentazione.
Sono entrato in un loop. Leggo e rileggo, senza essere mai soddisfatto. Giudicate voi.
Ah, è normale! L’autore non è mai soddisfatto di quel che ha scritto, e se lo revisiona credendo di finire il lavoro, si sbaglia. A un certo punto è meglio chiudere e passare ad altro
@G.B. Benvenuto nel mio mondo 😀
Ciao Gianluca, non preoccuparti che succede a tutti. Ci sono storie che esplodono da dentro e vanno sulla carta quasi senza il nostro permesso, e altre su cui invece dobbiamo lavorare parecchio e di cui non siamo mai soddisfatti.
Scrivere un racconto auto conclusivo non è certamente come scrivere una serie in cui tutto deve alla fine combaciare. In ogni caso, entrambi i generi hanno il loro fascino.
Tu continua a scrivere e non demoralizzarti e, soprattutto, leggi tanto perché leggere sta alla base della bella scrittura 🙂
Questo messaggio era in risposta al ‘loop’ della rilettura 😀
Ciao Cristiana, grazie per il sostegno morale.